DRAGHI HA FINITO LE CARTUCCE
da TRADERS’ di ottobre, titolo dell’ articolo di Pierluigi Gerbino
Sul numero di TRADERS’ di ottobre, ho personalmente
curato, con piacere, la pubblicazione di uno splendido articolo di Pierluigi
Gerbino, sulla situazione economica e finanziaria attuale dell’euro, di
eurozona e dell’Europa intera. L’articolo è splendido, e lo ribadisco, per lucidità,
precisione e razionalità nell’analisi e, sostanzialmente, dimostra che il genio
Draghi, l’ultimo dei tanti geni che si sono succeduti, a diversi livelli, nei
piani alti dell’Eurodelirio burosaurico che si chiama Europa, ha finito le
cartucce.
A forza di inventare sistemi che tengono in vita le banche, finanziandone i
buchi di bilancio e le sofferenze sui crediti, e di non fare assolutamente
nulla per la ripresa economica, ci si è accorti che si è innescato un circolo
vizioso di natura esclusivamente finanziaria, che nulla ha di utile per
l’economia in sé, ma che serve solo a perpetuare l’autoreferenzialità di un
sistema bancario che si è totalmente dimenticato della sua funzione di stimolo
all’economia e si è rintanato insieme con i suoi grassi burosauri nelle oasi
della finanza fine a se stessa; finché da qualche parte, un giorno, una bolla
scoppierà, sperando ci faccia il meno male possibile.
Nell’articolo viene citato il grande premio Nobel Paul Samuelson, con il
suo centratissimo paragone del cavallo. Il cavallo non beve. E’ inutile
portargli acqua, il cavallo non beve. L’economia non decolla: è inutile
perpetuare un meccanismo dove si danno soldi alle banche che non possono
finanziare l’economia, semplicemente perché non esistono i presupposti per fare
investimenti e, quindi, non si crea domanda di credito di qualità.
È inutile proclamare l’austerity e condannare popoli interi alla povertà
progressiva, alla diminuzione del tenore di vita, in virtù delle paure ataviche
dei nostri amici tedeschi, che, dalla prima Guerra Mondiale, con quello che è
seguito da Weimar in poi, hanno accumulato, decennio dopo decennio, tante di
quelle rimozioni, nella loro coscienza, che Freud le considererebbe un
rompicapo eccessivo da dipanare.
Perché alla fine, siamo in questa situazione perché un’Europa
eccessivamente tedeschizzata proclama un modello di sviluppo monolitico e
totalmente inadeguato alla generalità dei popoli. Sì, certo, abbiamo accumulato
troppo debito. Sì, certo dovevamo avere qualche virtù in più. Sì, va bene
tutto. Ma qui siamo al delirio: non si tratta di fare i compiti, si tratta di
far ritornare la vitalità che contraddistingue l’Italia da sempre, la sua
laboriosità, il suo modello di sviluppo, la sua potenzialità. Si tratta di
ridare fiducia ad una generazione intera di giovani, che soffre un lacerante
44% di disoccupazione. Signori: quarantaquattro per cento , proprio come la
canzone dello zecchino d’oro, quarantaquattro, ma non gatti, disoccupati ogni
100 giovani !
Io sono europeista. Il cammino iniziato con il trattato di Roma, con
l’allora Comunità Economica Europea, nato sulla scia del ricordo terribile
delle guerre mondiali e della conseguente drammatica consapevolezza che o
si trovava un modo per convivere o avremmo giocato di nuovo a distruggerci, è
stato un momento storico essenziale per portare in una delle aree a più intensa
bellicosità del mondo decenni e decenni di pace.
Mi ero da poco trasferito in Svizzera, era il dicembre del 1992, il 7
dicembre per l’esattezza. Appresi la notizia che lo Spazio Economico Europeo,
creazione politica proposta dalla CEE alla Svizzera, per un rapporto
preferenziale commerciale di quest’ultima con le sei nazioni che allora
costituivano la Comunità Economica Europea, era stato sdegnosamente respinto
per referendum dal popolo svizzero.
La notizia non mi meravigliò, affatto, ma una piccola ferita nell’anima
c’era: la sensazione di una Europa non ancora credibile, la percezione che era
difficile rendersi affidabili. Ora, dobbiamo raccontarci la verità. O gli svizzeri
avevano torto, e se avevano torto dobbiamo dimostrare di sapere fare una Europa
dei popoli, come loro hanno fatto la Svizzera dei Cantoni, rispettando le
differenze linguistiche, le diversità culturali, le singolarità locali. O se
insisteremo nel nostro modello di Europa dei burocrati, dei trattati da
centinaia di pagine incomprensibili e inconoscibili, volte ad appiattire tutto,
votate all’applicabilità universale e dottrinaria, a considerare bianco o nero,
negando l’esistenza del grigio, ebbene, dovremo dare ragione agli svizzeri, che
fiducia, all’epoca non ne diedero neanche un po’ alla embrionale Europa
Comunitaria.
Conosco bene la storia, mi si obietterà che poi, fra Svizzera ed Europa,
con la più matura (?) Unione Europea, sono intervenuti gli accordi bilaterali,
che le incomprensioni sono state risolte, che ci avviamo ad una integrazione
sempre maggiore ed altre balle consimili. Tutto quello che volete: ma, come nel
1992, non siamo credibili, non siamo affidabili. Siamo una Europa che ha preso
il peggio dell’Italia e lo ha applicato su scala gigantesca. Diciamocelo, è
così, torniamo indietro, stop, scendiamo, fermiamoci a riflettere. Se Draghi ha
finito le cartucce, siamo veramente fatti.
Grazie ai Lettori di TRADERS’ Magazine per il continuo sostegno !
E Grazie a tutti gli Autori che con il loro lavoro e la loro
professionalità permettono alla rivista di avere quel pubblico formidabile !
Maurizio Monti
Editore
TRADERS’ Magazine Italia
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