di Claudio Martinotti Doria
Come dovrebbero ormai sapere i pochi lettori, che
spero siano affezionati alla rubrica se non al suo autore, sono
particolarmente appassionato alla storia locale, soprattutto quella
marginale e trascurata dalla storiografia ufficiale, e pressoché
sconosciuta agli storici accademici, i cui contenuti sarebbero andati
persi se non fosse per la caparbietà e passione di ricercatori
locali. Ancor più se caratterizzata da aspetti antesignani
autonomistici e atipici.
La storia di cui vi voglio accennare è simile per
certi versi a quella del Principato di Seborga et similia: se
rammentate tale contesto, si tratta di località nelle quali alcuni
storici del luogo sono convinti che la comunità avrebbe diritto
all’autonomia, in quanto storicamente nei vari passaggi di possesso
giurisdizionale, generalmente in seguito a trattati di pace stipulati
tra i belligeranti, in alcuni documenti ci si è dimenticati di
elencarla e quindi mancando la formalizzazione permarrebbe lo status
precedente, che nel caso di Seborga era appunto di principato
indipendente sotto la protezione papale
La storia di Cospaia, di cui sono pronto a
scommettere nessuno ha mai sentito nominare, è analoga a Seborga,
solo che non si è trattato di errore e/o omissione di elencazione
nei documenti ma di un errore cartografico nel tracciamento dei
confini e di riporto nel trattato del 1441 tra lo Stato della Chiesa
e quello della Repubblica di Firenze (poi divenuto Granducato di
Toscana), per cui involontariamente si è creata un’enclave, una
specie di zona franca o terra di nessuno.
Un bel rompicapo storico giuridico e diplomatico ma
anche un’ottima occasione da sfruttare per i suoi abitanti che
prontamente si dichiararono indipendenti costituendo una microscopica
repubblica con poche centinaia di abitanti (si stima non oltre 350).
Le privilegiate condizioni di autonomia e libertà di scelta, non
essendo sottomessi da leggi e pressione fiscale di alcun genere,
favorirono rapidamente i commerci e la libera iniziativa
imprenditoriale, per cui i cospaiesi si dedicarono per primi alla
coltivazione del tabacco (in tempi più recenti probabilmente
avrebbero scelto la Cannabis Indica o Sativa), motivo per il quale
sono famosi ancora oggi. L’indipendenza durò circa quattro secoli,
fino al 1826 quando si sottomisero volontariamente allo Stato della
Chiesa.
Cospaia (attualmente è una delle cinque frazioni
del comune di San Giustino in provincia di Perugia, proprio al
confine con la Toscana, contiguo alla città toscana di San Sepolcro
cui è storicamente legata da molti secoli costituendo in pratica un
unico agglomerato urbano), è stata considerata per quattro secoli la
repubblica più piccola del mondo, molto più piccola anche della
vicina San Marino.
Il trattato del 1441 cui ho fatto riferimento
avvenne tra il pontefice Eugenio IV ed i Medici Signori di Firenze
cui cedette il territorio di Borgo San Sepolcro come pegno per
garantire la restituzione di una forte somma prestata da Cosimo dei
Medici. Come a volte avviene in queste circostanze, ogni parte non
fidandosi dell’altra lavorò per conto proprio, ognuna istituendo
una commissione di tecnici fidati per tracciare i nuovi confini,
senza alcun coordinamento reciproco e verifica con la gente del
posto. Una circostanza beffarda e paradossale, il fatto cioè che il
piccolo borgo collinare di Cospaia fosse circondato da due ruscelli
con lo stesso nome privo di fantasia e specifiche identificative,
cioè Rio, ed ogni commissione prese come riferimento di confine un
Rio diverso, quello più prossimo al loro confine, fece
involontariamente in modo che il territorio collinare di Cospaia,
complessivamente di circa 330 ettari, cioè di 3,3 kmq, e composto da
circa un centinaio di focolari (o fuochi, cioè famiglie), rimase
fuori da entrambe le loro cartografie e si trovò di fatto privo di
giurisdizioni statali e signorie cui sottomettersi.
Ovviamente i due stati confinanti si resero presto
conto dell’errore commesso, ma non vi posero rimedio, sia perché
avrebbero dovuto rettificare il trattato con i rischi annessi e
connessi, e sia perché nel frattempo i cospaiesi avevano già
approfittato della situazione trasformando il loro borgo in un centro
commerciale e finanziario (i mercanti e banchieri più avveduti vi si
erano già insediati o avevano inviato loro delegati) nel quale non
si pagavano pedaggi e dogana, completamente liberi da tasse, dazi,
gabelle e vessazioni. Si creò pertanto una situazione simile a
quella del Principato di Andorra sui Pirenei, tra la Spagna e la
Francia, che fece prosperare la comunità, rendendola benestante.
Ognuna delle circa cento famiglie cospaiesi dell'epoca ebbe modo di
crearsi una rendita da posizione privilegiata, anche solo per il
possesso di terreni e case liberi da tasse che potevano essere
affittati e remunerati lautamente. E la situazione faceva comodo
anche ai due stati confinanti per condurre quegli scambi ed attività
che erano malviste nei loro confini, impedite dalla loro legislazione
ed oppresse fiscalmente.
L'entità territoriale indipendente di Cospaia venne
addirittura riconosciuta come autonoma nel 1484 con una forma di
governo a repubblica (che potremmo definire “anarchica” in quanto
priva di istituzioni coercitive), come ne erano esistite pochissime
fino allora, tra cui appunto la già citata repubblica di San Marino
e quelle marinare. Non esistevano tribunali, carceri e forze armate o
di polizia, al massimo si veniva cacciati dalla comunità, che era
già di per sé una condanna grave perché si perdevano tutti i
privilegi che vi erano connessi.
Ogni cospaiese divenne fiero della propria autonomia
e sovranità civica, che si espresse tramite un Consiglio degli
Anziani e dei Capifamiglia per le competenze amministrative ed
esecutive. Adottarono un vessillo simile al Baussant dei Templari,
bianco e nero ma con la linea divisoria diagonale e con il motto
“perpetua et firma libertas”, che era anche l'unica norma
cui si attenevano, ancora
leggibile nella
campana e
nell'architrave del portone della chiesa dell'Annunziata sede
dell'omonima Confraternita
dove
avvenivano le riunioni.
L’attività primaria che si perpetuò per secoli,
come ho già accennato, fu la coltivazione del tabacco, che divenne
una loro specialità agraria che si estese a tutto l’Alto Tevere,
tradizione che si è tramandata fino ai giorni nostri. I semi della
pianta erano pervenuti nel 1574 al vescovo di San Sepolcro, nipote
del cardinale Niccolò Tornabuoni, che fu colui che provvide a
spedirgli i semi che si procurò a Parigi. Da quel momento iniziò la
produzione di tabacco nel territorio di Cospaia e si diffuse a tal
punto il vizio del fumo e del fiutare il tabacco che alcuni stati ne
proibirono la coltivazione e alcuni papi scomunicarono chi lo
produceva e ne faceva uso.
Questo atteggiamento moralmente ineccepibile e
nobile nelle intenzioni cessò gradualmente ed opportunisticamente
non appena i funzionari e politici locali si resero conto che
potevano tassare questo nuovo vizio ed aumentare notevolmente le
entrate fiscali dello stato. Anche la Chiesa pervenne lentamente a
questo nuova forma di sfruttamento fiscale, in quanto Benedetto XIII
nel 1724 revocò la scomunica contro coloro che facevano uso di
tabacco.
Cospaia fu sempre indenne da ogni intervento
liberticida, fiscale e censorio verso il tabacco, di cui divenne la
capitale produttiva di tutta la penisola, e quindi l’attività
produttiva e di vendita fu sempre fiorente, quasi interamente in
regime di contrabbando.
Come spesso avviene in questi contesti troppo
favorevoli all'accumulo di ricchezza e benessere, le circostanze
degenerarono perdendo col tempo il senso della misura e dei valori
autonomisti e libertari iniziali, a favore di abusi, avidità ed
eccessi, in questo caso il contrabbando esasperato e le infiltrazioni
delinquenziali dagli stati vicini presero il sopravvento a scapito
dei veri interessi della piccola comunità.
Le pressioni della chiesa si fecero sempre più
forti fino a che nel 1826 gli abitanti furono convinti a
sottomettersi a condizioni abbastanza favorevoli e ritornarono sotto
la giurisdizione dello Stato della Chiesa, pur dovendo accettare una
forte tassazione sul tabacco, ottennero un risarcimento in monete
d'argento e l’incremento della produzione, estesa sotto la
supervisione dei cospaiesi, anche ai vicini borghi di San Giustino,
San Sepolcro e Citerna.
Oggi chi si recasse a Cospaia, vedendo le
microscopiche dimensioni del borgo mai penserebbe alla sua
incredibile storia plurisecolare, se non fosse per gli storici e gli
operatori turistici locali che ancora mantengono viva la conoscenza
del loro straordinario passato e ne fanno un motivo di attrazione e
di fierezza identitaria.
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