La woke supremacy: il suprematismo dei “risvegliati” è oggi il più pericoloso in America (e non solo)
Come sanno tutti coloro che seguono un po’ le cose americane, negli Stati Uniti è tutto un tripudio di neologismi, nuovi brand socio-politici e politico-giuridici, definizioni stravaganti, sigle… In almeno un caso si dà anche il caso di un autentico mostro grammaticale: l’espressione woke, che viene usato come aggettivo (col significato di “consapevole” e “ben informato”) mentre sarebbe una forma verbale (il past tense di to wake, che significa “svegliare”, “svegliarsi”, “risvegliarsi”).
In uso da qualche anno, il termine è cresciuto vertiginosamente in popolarità da quando è sulle bocche dei militanti della sinistra per denotare essenzialmente l’essere vigili di fronte a fenomeni di ingiustizia sociale e razzismo. Il movimento radicale – e gettonatissimo brand – Black Lives Matter (BLM), ad esempio, lo ha abbracciato con entusiasmo, mentre Tim Scott, senatore repubblicano e di colore del South Carolina, con un colpo di genio linguistico gli ha affiancato un sostantivo, coniando la nuova espressione woke supremacy (che evoca l’odiatissima white supremacy), con riferimento alla auto-persuasione delle persone di estrema sinistra che le loro opinioni siano più importanti o valide di quelle di coloro che la pensano diversamente.
E proprio del fenomeno cui fa riferimento questa nuova espressione si è nei giorni scorsi occupato il website cattolico Crisis Magazine, con un pezzo che fa riflettere, a firma di R.C. VanLandingham e intitolato “La minaccia della woke supremacy”. I movimenti suprematisti sono pessimi, argomenta VanLandingham. Lo sono, ovviamente, quelli basati sull’idea di una supremazia razziale. Ma, attenzione, possono esserlo anche quelli che vertono sulla persuasione di una supremazia ideologica.
Ben inteso, non è che il credere nella supremazia di una certa ideologia sia di per sé un male. Ciò sarebbe assurdo, dal momento che è giusto che una persona ritenga che l’ideologia che segue sia superiore alle altre. Altrimenti, che senso avrebbe seguire quell’ideologia? “Ad esempio, come cattolico credo che la fede cattolica sia superiore a tutte le altre fedi. Se non lo facessi, non sarei cattolico,” spiega VanLandingham. Il problema sorge solo se io credo di essere “personalmente” superiore ad altri esseri umani che non condividono la mia ideologia o il mio credo. Per dirla semplicemente: se io penso di essere superiore a te perché ho ragione mentre tu hai la testa piena di frottole, beh, allora passo automaticamente dalla parte del torto. “Tale pensiero suprematista,” scrive VanLandingham, “è stato responsabile della persecuzione, della prigionia e persino dell’omicidio di milioni e milioni di persone nel corso della storia, comprese decine di milioni nel solo ventesimo secolo”.
Orbene, nell’America di oggi, “il pericolo suprematista principale non viene dai suprematisti cristiani, o suprematisti ebrei, o suprematisti musulmani, o anche suprematisti bianchi o suprematisti neri, ma dai suprematisti woke”. Essere woke, tanto per cominciare, è maledettamente da ipocriti e moralisti, tipo il fariseo della parabola, che ringrazia Dio di non essere un peccatore come il pubblicano. I “risvegliati”, insomma, credono di essere migliori degli altri e disprezzano quelli che non sono come loro. E soprattutto ci tengono dannatamente a far sapere al mondo che loro sono i migliori. Esattamente come i farisei contro i quali Gesù ci ha messo in guardia.
E poi, continua il ragionamento, “essere veramente woke significa essere spietati. Dio ci dice di perdonare coloro che hanno peccato contro di noi, ma ‘i risvegliati’ non perdonano mai. Distruggeranno un adolescente per un tweet che ha fatto anni prima o faranno licenziare una persona per uno scherzo sul colore della pelle. Quando una persona offende la folla woke, quella persona deve essere trattata come un lebbroso sociale, non importa quanto la si umilia, e ci si aspetta che languisca nella miseria per sempre”.
E poi questa gente vive nella menzogna, ossia in un mondo in cui non c’è verità oggettiva. “Ad esempio, i ‘risvegliati’ fingono che ci siano più di 60 sessi invece dei due creati da Dio”. Ma i Woke Supremacists non si fermano qui perché essere un suprematista richiede la sottomissione di coloro che sono diversi. Significa distruggere coloro che non si sono ‘svegliati’ abbastanza. Significa non sopportare che qualcuno sia in disaccordo con le loro opinioni.
Il quadretto dipinto da VanLandingham è desolante da una parte, spaventoso dall’altra. E del resto mettere addosso al lettore una doverosa preoccupazione è appunto l’obiettivo principale dell’articolo. Non per niente, a titolo esplicativo di ciò che può accadere viene citata la notizia che nel marzo scorso la CIA ha pubblicato un video finalizzato al reclutamento di nuovo personale in cui l’agenzia di intelligence americana si inginocchia davanti al culto woke, dimostrando per giunta che sta attivamente cercando di reclutare le persone più immodeste, narcisiste e grottescamente egoiste del mondo: i woke millennials.
Commentando su Breitbart la notizia, John Nolte scrive:
“Guardate questa spazzatura oscenamente pomposa e vedete se riuscite a cogliere l’unica parola che non viene usata […]. Il video di reclutamento presenta una narcisista che si pavoneggia senza ritegno sproloquiando su quanto lei sia fantastica e quanto sia orgogliosa di se stessa, non per i suoi successi, ma per qualcosa su cui non ha controllo: la sua identità, la sua razza, la sua sessualità (cisgender) e persino – vi rendete conto? – il suo ‘disturbo d’ansia generalizzata’. […] Ma avete notato qual è l’unica parola che questa disgustosa agente della CIA non ha usato? Non una volta ha usato la parola ‘americana’”.
“Sono orgoglioso di me stesso. Punto,” dice un altro agente. Ora, osserva giustamente Nolte, “chi accidenti parla così? Sono orgoglioso di me stesso? A volte. A volte non sono così orgoglioso di me stesso. In entrambi i casi non c’è un ‘punto’, è solo che sono un adulto con i piedi per terra e consapevole di sé, che sa di essere tutt’altro che perfetto e non un pavone insicuro che crede che la mia ‘identità’ mi definisca con precisione”.
VanLandingham, per parte sua, conclude con un grido d’allarme:
“E adesso immaginate quegli stessi woke supremacists che gestiscono l’America aziendale alla guida della CIA, della NSA e dell’FBI. Quanto tempo passerà prima che coloro che sposano gli insegnamenti della Chiesa si trovino spiati, nella No-Fly List, o banditi dai lavori governativi? Quanto tempo ci vorrà prima di essere imprigionati, ‘rieducati’ o addirittura giustiziati?”
Ebbene, un assaggio dello scenario distopico evocato dal pezzo di Crisis Magazine è la notizia freschissima – riportata solo da poche fonti di informazione, tra cui il Washington Examiner – che un tenente colonnello della U.S. Space Force, Matthew Lohmeier, è stato sollevato dal comando dell’11° Space Warning Squadron, di stanza in Colorado, essendo venuta meno la sua affidabilità e la “fiducia” da parte della Space Force “nella sua capacità di guidare”. Cosa diavolo ha fatto l’alto ufficiale per meritare un trattamento così ignominioso? Beh, niente meno che aver denunciato in commenti pubblici, e in un libro appena uscito, l’impatto di un’agenda neo-marxista a livello di base all’interno delle forze armate e il modo in cui il movimento Black Lives Matter, il postmodernismo, la Critical Race Theory (altro monstrum politico-giuridico) e la political correctness influenzano la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Il libro si intitola “Irresistible Revolution: Marxism’s Goal of Conquest & the Unmaking of the American Military”. Potrebbe valer la pena di imbarcarsi nella lettura…
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