Francia
e Italia nella Seconda Guerra Mondiale. Colpe simili ma trattamenti diversi.
Di
Claudio Martinotti Doria
Philippe Pétain, capo del Governo Francese di Vichy fino al 20 Agosto del 1944
In
diversi articoli degli ultimi anni ho affrontato dal punto di vista
storiografico l’argomento della discriminazione di trattamento tra la Francia e
l’Italia durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, penalizzando il nostro
paese a dismisura rispetto al trattamento di favore riservato alla Francia,
nonostante questa avesse colpe pari se non maggiori di quelle italiane nella
dinamica della guerra e nel collaborazionismo coi tedeschi e nazisti in
particolare, e non mi riferisco solo a quanto avvenne nei circa quattro anni di
occupazione tedesca della Francia.
Un
argomento non solo defilato ma proprio disertato, anche a livello mediatico e
divulgativo, anche a distanza di ottant’anni dagli eventi, perché troppo scomodo,
sconveniente e inquietante, soprattutto per le differenti ripercussioni che i
due paesi hanno subito per questa discriminante.
Dal
punto di vista bellico dobbiamo riconoscere che l’Italia, nonostante il valore
e a tratti il vero e proprio eroismo di moltissimi reparti militari al fronte,
ha perso praticamente tutte le battaglie intraprese su tutti i fronti,
costringendo l’alleato tedesco a intervenire in suo soccorso, distogliendo
numerose e importanti divisioni tedesche da altri fronti di guerra, contribuendo
involontariamente alla sconfitta della Germania (basti pensare che Hitler ha
dovuto rinviare l’invasione dell’Unione Sovietica di alcuni mesi, mesi
primaverili preziosi che hanno condizionato l’esito dell’operazione Barbarossa,
per invadere i Balcani e la Grecia dove gli italiani erano in grave
difficoltà).
Questo
è un aspetto interpretativo (oggettivamente rilevabile) tutt’altro che
secondario, certamente si tratta di un contributo passivo, non volontario, ma
oggettivo: l’Italia con la sua impreparazione bellica, soprattutto a livello di
armamenti, approvvigionamenti e logistica era in netta condizione d’inferiorità
contro quasi tutti i suoi avversari, proporzionalmente alla distanza del fronte
dalla Madre Patria. Anche la Marina Militare, una delle principali e più
potenti al mondo, che avrebbe dovuto dominare il Mediterraneo, era male
equipaggiata, priva di radar, tecnologicamente non modernizzata, nettamente
inferiore a quella inglese, che poteva individuarla e bombardarla a distanza
senza che questa potesse neppure reagire, senza contare i gravi problemi di
comunicazione, coordinamento, comando e controllo.
Quindi
ribadisco il concetto: l’entrata in guerra dell’Italia ha contribuito
certamente all’esito della guerra a sfavore della Germania, certamente molto
più della Francia, che è stata considerata fino alla fine del conflitto un
Paese alleato dell’Inghilterra e poi degli USA e dell’UNIONE SOVIETICA,
nonostante vi siano state decine di gravi episodi che dal punto di vista
storiografico e geopolitico provavano esattamente il contrario, cioè che la
Francia, dopo la firma dell’Armistizio franco-tedesco di Compiègne del 22
giugno 1940, era divenuto a tutti gli effetti un paese alleato della Germania.
Infatti Hitler trattava il maresciallo Pétain, capo del governo di Vichy, alla
pari dei corrispondenti capi dei governi alleati di Ungheria, Bulgaria e
Romania (potenze secondarie dell’Asse).
Anche
prima della firma dell’Armistizio vi erano stati alcuni episodi significativi,
non solo di disaccordo con gli alleati inglesi, ma di vero e proprio
sabotaggio, come all’aeroporto di Salon, vicino alle Bocche del Rodano, dove il
11 giugno 1940 truppe francesi impedirono agli aerei inglesi di decollare per
bombardare obiettivi italiani nel triangolo industriale Genova – Milano –
Torino, non certo per simpatia verso gli italiani che erano appena entrati in
guerra, ma per timore di loro ritorsioni a danno delle città francesi.
La
cosiddetta Francia Libera di Charles de Gaulle era composta da poche decine di
migliaia di soldati rimasti nelle colonie nord africane e a lui fedeli e dai
poco più di 100mila reduci da Dunkerque e rifugiatisi in Gran Bretagna. Il
resto della popolazione francese era sodale con il governo autoritario e
fascista del maresciallo Philippe Pétain a Vichy e i sentimenti imperanti in
Francia erano assai ostili agli inglesi, soprattutto dopo che furono resi
pubblici gli esiti dell’Operazione “Catapult” voluta dagli inglesi a danno
della Flotta francese, che dimostra a tutti gli effetti come la Francia venisse
trattata da Churchill come paese ostile, di cui non solo occorreva diffidare ma
addirittura neutralizzare anche ricorrendo all’attacco distruttivo delle sue
forze armate.
Charles André Joseph Marie de Gaulle autoproclamatisi capo della Francia libera durante la Seconda Guerra Mondiale
Prima
di riferirmi all’operazione Catapult, che rende il segno di come i francesi
fossero considerati “traditori e ostili” dal primo ministro inglese Winston
Churchill, che aveva pure notevoli difficoltà a rapportarsi con de Gaulle, un
semplice generale di brigata che considerava un arrogante megalomane con manie
di protagonismo, voglio rammentare che i francesi (che si consideravano
l’esercito più potente d’Europa), fu sconfitto da quello tedesco in poco più di
un mese. Questo fatto assodato lo vorrei evidenziare perché la nomea di
combattenti incapaci e perennemente sconfitti attribuita agli italiani nel
corso della Seconda Guerra Mondiale, nell’immaginario collettivo non è stata
controbilanciata correttamente da quella francese, che come sconfitta fu molto
più netta, bruciante e vergognosamente grave, ma pare sia stata ridimensionata
dalla storiografia, scritta come sempre dai vincitori o presunti tali, e poi
rimossa dalla memoria collettiva. Memoria collettiva e mediatica che ha finito
per assorbire la propaganda di de Gaulle che riuscì magistralmente, verso la
fine della guerra, a far passare i francesi per vincitori al fianco degli
alleati. Mentre nella realtà fattuale della guerra, i francesi a fianco di de
Gaulle erano un’esigua e trascurabile minoranza. Soprattutto nei primi anni di
guerra.
In
proposito le statistiche e i numeri registrati storicamente rendono bene l’idea
dello scarsissimo contributo reso dai francesi alla II G.M.: i soldati francesi
morti nella Seconda Guerra Mondiale furono soltanto 210mila, di cui la maggioranza
nella Blitzkrieg della primavera del 1940, quindi l’apporto delle truppe di de
Gaulle della Francia Libera, che utilizzava prevalentemente soldati coloniali
(gli stessi che stuprarono e uccisero decine di migliaia di donne durante la
Campagna d’Italia), si può considerare complessivamente insignificante. Come fu
esiguo il numero dei partigiani e poco rilevante il contributo della Resistenza
francese, di cui accennerò in seguito.
Già
in altri articoli avevo messo in rilievo il collaborazionismo della Francia, non
solo in chiave antisemita, ma anche come produttore di armi e infrastrutture
per conto dei committenti tedeschi, ad esempio per le gigantesche forniture per
il Vallo Atlantico, le opere difensive volute da Hitler lungo le coste del nord
Europa. Anche la tanto mitizzata Resistenza Francese era in realtà costituita
inizialmente da poche centinaia di partigiani, divenuti alcune migliaia solo
nei mesi che precedettero lo sbarco alleato in Normandia, per poi divenire
centinaia di migliaia alla fine della guerra, seguendo pressappoco l’esito
opportunistico e ipocrita della storia della Resistenza italiana, che col tempo
vide salire in modo esponenziale il numero di partigiani che si dichiararono
pubblicamente tali.
La
Resistenza Francese era infiltrata e coordinata dall’OSS (Office of Strategic
Services, servizio segreto degli USA) e dal SOE (Special Operations Executive,
equivalente britannico) e forniva loro soprattutto informazioni, oltre ad
attività di editoria clandestina, le operazione paramilitari e di sabotaggio si
intensificarono solo all’epoca dello sbarco in Normandia nel giugno ‘44, per
favorirne il successo e successivamente in appoggio delle truppe alleate
impegnate a liberare la Francia dall’occupazione tedesca. Le stime più
ottimistiche valutano in 200mila i partigiani francesi all’epoca dello sbarco
in Normandia e in circa dieci volte tanto la popolazione che li appoggiava, in
tutto poco più del 5% della popolazione francese dell’epoca. Tanto è bastato
per considerare la Francia tra le potenze vincitrici della Seconda Guerra
Mondiale.
Sir Winston Leonard Spencer Churchill primo ministro del Regno Unito durante la Seconda Guerra Mondiale
Un
aspetto tutt’altro che secondario è stato costituito dalla potente flotta militare
francese, che dopo l’armistizio coi tedeschi, per concessione di questi ultimi
all’Armistizio di Compiègne, avrebbe dovuto ritirarsi nei propri porti e
rimanere inutilizzata, cioè neutrale, Churchill non fidandosi ne dei tedeschi
e neppure dei francesi ordinò alla flotta inglese di neutralizzarla, e
diede l’avvio all’operazione “Catapult”. L’ultimatum fornito dagli inglesi
all’Ammiragliato francese consisteva in quattro punti (opzioni), che riporto in
sintesi:
1)
unirsi alla marina britannica;
2)
dirigersi, con equipaggi ridotti, verso un porto britannico;
3)
disarmare le navi sotto controllo britannico;
4)
affondare le navi sul posto.
L’Ammiragliato
francese rifiutò ognuno dei quattro punti dell’Ultimatum.
La
Flotta da Guerra inglese il 3 luglio 1940 senza indugiare oltre in inutili
attese, aprì il fuoco a Mers–el–Kebir (Algeria) e il successivo 7 luglio a
Dakar (Senegal) distruggendo quasi tutta la flotta francese e provocando
migliaia di vittime tra i marinai. Le poche navi francesi sfuggite al blocco
navale e al cannoneggiamento si rifugiarono a Tolone e si posero a disposizione
del governo di Vichy. Gli spregiudicati e cinici episodi bellici inglesi
suscitarono un’ondata d’indignazione e anglofobia in tutta la Francia, facendo
aderire in massa la popolazione alle politiche collaborazioniste del governo di
Vichy. Nessuno dei marinai caduti prigionieri degli inglesi volle aderire alla
Francia Libera del generale de Gaulle.
Si
trattò di un atto di guerra senza equivoci di sorta, i francesi divennero
nemici degli inglesi e le ripercussioni durarono diversi anni. Infatti durante
lo sbarco delle truppe anglo-americane sulle coste nordafricane nel novembre
del ‘42, predisposto dall’intelligence USA per favorire diplomaticamente la non
belligeranza dei francesi di Vichy che controllavano le colonie africane, il
Comando Alleato impose ai soldati inglesi di indossare uniformi ed
equipaggiamenti americani, per non farli riconoscere dalla guarnigione
francese, che molto probabilmente avrebbe sparato loro contro. Successivamente
Winston Churchill dichiarò che tale decisione fu la più abbietta che dovette
prendere durante il corso della II G.M., ma che altro avrebbe potuto dire?
Doveva assicurarsi alla causa alleata almeno la minoranza francese disponibile
a combattere, evitando di inimicarsela, e per farlo doveva apparire dispiaciuto
per la decisione indotta di cause di forza maggiore. Non poteva certo affermare
che la Francia, inteso come stato istituzionalmente legittimo con sede a Vichy,
era divenuta una potenza nemica, mentre la cosiddetta Francia Libera
autoproclamata da de Gaulle era un’aggregazione informale e inaffidabile.
E
mi sono limitato a citare pochi episodi avvenuti durante la Seconda Guerra
Mondiale, che certamente mettono in dubbio che inglesi e francesi si potessero
considerare alleati e forse nemmeno co-belligeranti, come fu definita l’Italia
dopo la firma dell’Armistizio di Cassibile del 3 settembre ’43, in quanto gli
Alleati non fidandosi dell’Italia rifiutarono di considerarla “alleata”. Ma al
di là dei formalismi tattici e politici, che senza dubbio condannano,
colpevolizzano e penalizzano l’Italia per la sua improvvida dichiarazione di
Guerra del 10 giugno del ’40, se ci si attiene ai fatti e alla loro analisi
oggettiva, sono convinto che alla luce di una visione d’insieme complessiva
della Seconda Guerra Mondiale, l’apporto degli italiani (volenti o nolenti)
all’esito della guerra, secondo le articolate divisioni interne e i vari fronti
contrapposti, non è da meno o è nettamente superiore a quello fornito dai
francesi nel contribuire alla vittoria alleata. I francesi sono stati
considerati potenza vincitrice, l’Italia invece potenza sconfitta e da allora
colonizzata dagli anglosassoni, privata di ogni sovranità e autonomia e
dominata dalle loro intelligence con ogni mezzo, anche coercitivo ed eversivo.
Un
classico esempio di come troppo spesso si ricorra a due pesi e due misure
nell’attribuire le responsabilità e nel punire le colpe, condizionando
gravemente il destino d’intere popolazioni per diverse generazioni.