Le
Crociate e gli Aleramici di Monferrato secondo gli storici francesi
(Introduzione)
di Claudio Martinotti Doria
1 febbraio 2019
Come
ormai saprete gli articoli che scrivo sono prettamente divulgativi,
non hanno alcuna velleità tecnica e storiografica, e richiedono
pertanto alcune premesse e precisazioni, prima di affrontare gli
argomenti in oggetto.
Divulgare
significa, dal mio modesto punto di vista, oltre che far conoscere
fatti salienti e perlopiù ignoti o poco noti, evidenziare ipotesi
interpretative che non sono mai state presentate secondo le
prospettive da me elaborate. Significa soprattutto fornire spunti di
riflessione critica, strumenti culturali per analizzare con una
giusta dose di scetticismo quanto ci viene costantemente propinato
dai media e dai canali ufficiali come cultura di massa e didattica
d'indottrinamento e propaganda.
È
pertanto legittimo diffidare sempre di quanto viene riportato nei
libri di storia destinati alle scuole e università e non prendere
mai per oro colato neppure i testi degli autori apparentemente
autorevoli e indipendenti, accademici e rinomati, ma tener sempre
conto delle loro origini, sponsorizzazioni e scopi, a volte non
trasparenti e imparziali; inoltre occorre considerare se sono o meno
aggiornati, perché a volte gli autori, soprattutto quelli che
pubblicano i testi scolastici, attingono a piene mani da opere
precedenti, senza sforzarsi neppure di correggerne gli errori e
aggiornarne i contenuti.
Dovendo
divulgare in modo sintetico e riduttivo è inevitabile ricorrere alla
fiducia reciproca, tra chi scrive e chi legge (quest'ultimo ha
facoltà di diffidare e verificarne l'attendibilità), non potendo
certo citare tutte le fonti cui attingo, perché altrimenti anziché
poche pagine dovrei scriverne il triplo o quadruplo, allontanando
ancor più i potenziali e già pochi lettori. Senza contare che
l'impresa sarebbe ardua e mi indurrebbe alla noia e alla rinuncia.
È
doveroso altresì precisare che questo primo approccio all'argomento
del titolo è prettamente propedeutico, e inoltre non scrivo con
intenti polemici contro la storiografia francese, sull'onda dei
pessimi rapporti politico economici e sociali tra Italia e Francia,
che sono emersi attualmente in modo particolare, ma che
caratterizzano la storia dei nostri reciproci paesi da molti secoli.
Ho
scritto in proposito decine di articoli e saggi in tempi non
sospetti, da almeno una dozzina di anni, rilevando quanto i francesi
ci abbiano sempre danneggiato e penalizzato, devastato e depredato
nel corso della storia, in ogni circostanza e contingenza, e
continuino a farlo rimanendo impuniti, come fosse un loro diritto
acquisito infierire sugli italiani (alcuni di questi testi sono
ancora reperibili in rete, soprattutto nel mio blog). Per cui non
vedo dove sia la novità e la sorpresa. Anche in questo blog e nella rubrica di storia locale su Casale News ho
scritto diversi articoli storici sull'arroganza funesta della
cavalleria francese che portò stupidamente alla morte migliaia di
giovani della nobiltà franca, insistendo per secoli sulla
superiorità tattica e bellica della cavalleria pesante, contro ogni
evidenza.
Un'altra
precisazione necessaria è quella di non generalizzare mai: per
“francesi” non intendo certo l'intero popolo francese ma la sua
élite, la leadership politica, militare, finanziaria e culturale.
Dalle
letture dei testi di autori francesi sulle Crociate parrebbe che esse
siano avvenute quasi esclusivamente per merito dei Franchi, cioè dei
francesi, partendo da un presupposto assolutamente arbitrario: gli
storici francesi considerano per Franchi coloro che nel Medioevo, al
tempo quindi dello svolgimento delle otto Crociate succedutesi nei
secoli, abitavano gli attuali confini francesi. Dal punto di vista
geografico potrebbe anche essere ritenuto corretto, ma dal punto di
vista storico culturale è una immane sciocchezza e forzatura
ingiustificata.
Anche
dal punto di vista geografico ci sarebbe da discutere, perché se
anche noi applicassimo lo stesso criterio, dovremmo considerare
italiani anche gli abitanti della Corsica, di Malta, dell'Istria e
della Dalmazia, ecc., e assumerci i meriti inerenti la loro storia e
il loro valore. Ma soprattutto è dal punto di vista storico che per
correttezza e imparzialità ci si dovrebbe limitare a considerare ciò
che era veramente francese all'epoca dei fatti citati dagli storici
francesi, cioè i territori che appartenevano, almeno formalmente,
alla corona di Francia.
Secondo
la maggioranza degli storici francesi, in estrema sintesi, le
crociate furono condotte praticamente e prevalentemente da Franchi, e
la loro influenza dal punto di vista storiografico e culturale fu
talmente grande che è stata assunta a livello universale la
definizione di Regni Latini nel Vicino Oriente, cioè in Terra Santa,
come Regni Franchi, cioè governati da Franchi, come Terre
d'Oltremare. Ma non è assolutamente così, è stata una forzatura
propagandistica perseverante nei secoli che ha prevalso
nell'immaginario collettivo e mediatico.
Goffredo
di Buglione ad esempio, non uno qualunque ma il comandante della
prima crociata, quella vittoriosa (una delle poche), non era affatto
francese, in quanto duca della bassa Lorena, e la Lorena all'epoca
apparteneva al Sacro Romano Impero e non al Regno di Francia. Così
come non vi appartenevano la contea e il Regno di Borgogna e la
contea di Provenza, dai quali provenivano moltissimi crociati, tutti
identificati dagli storici francesi come “franchi”.
Dalla
maggioranza degli storici francesi gli italiani (intesi come abitanti
della penisola e delle due isole maggiori) sono marginalmente citati
in pochissime righe e senza alcun merito attribuibile come contributo
alle crociate, se si esclude l'inevitabile riconoscimento
dell'apporto e del valore del nostro Corrado di Monferrato,
che se non fosse stato ucciso nel 1192 (per mano della Setta degli
Assassini e con mandante ignoto, seppur si sia fatto il nome di Guido
di Lusignano o di Riccardo Cuor di Leone), avrebbe cambiato le sorti
degli Stati Crociati in Terra Santa. E questo anche gli storici
francesi, almeno alcuni di loro, non hanno potuto negarlo, essendo
Corrado risoluto capace e valoroso, motivo per cui quasi tutti i
Baroni del Regno di Gerusalemme e quelli arrivati a supporto delle
crociate lo volevano come Re di Gerusalemme, avendo dimostrato di
essere un validissimo condottiero.
Gli
stessi cronisti arabi lo definirono un vero e proprio “demonio”
in combattimento, temibile come avversario per la sua prudenza,
vigilanza e grandissima bravura.
Lo
stesso storico e accademico di Francia René Grousset, caso più
unico che raro, ha dovuto riconoscere (senza neppure tentare di
“francesizzarlo” in qualche modo) che Corrado di Monferrato era
un capo energico e assai accorto, autore della rivincita e della
ricostituzione parziale dei Regni Crociati in Terra Santa dopo il
disastro di Hattin (ad opera, questo sì, dei franchi), il solo che
avrebbe potuto ricostruire l'istituzione monarchica in Terra Santa,
riorganizzando le truppe e l'amministrazione. Personaggio temuto e
ammirato anche dal Saladino.
Degli
altri marchesi di Monferrato partecipanti alle Crociate gli storici
francesi accennano appena di sfuggita, limitandosi a nominarli e
indicandone i matrimoni (come ad esempio Guglielmo Lungaspada
con la principessa Sibilla, sorella del re di Gerusalemme).
Come
italiani siamo stati a dir poco maltrattati dagli storici francesi
anche sottovalutando l'apporto delle Repubbliche marinare di Genova,
Pisa e Venezia: senza le loro centinaia di navi e viaggi continui di
trasporto truppe e vettovagliamenti e materiale, le Crociate non si
sarebbero svolte e i crociati sarebbero stati ricacciati in mare (nel
senso di uccisi e affogati) fin da subito. Gli storici francesi pare
si siano dimenticati di citare che il loro regno era privo di flotta,
e quindi per viaggiare per mare dovevano ricorrere agli italiani e
che le uniche altre flotte, perlopiù di modeste dimensioni, furono
inglesi, danesi e normanne, ma trasportavano solo i loro cavalieri e
fanti e vettovagliamenti, non quelli altrui. È solo grazie ai
contributi di storici italiani con le loro recenti pubblicazioni
(soprattutto negli ultimi vent'anni) che si è cercato di valorizzare
l'apporto italiano alle Crociate, ridimensionando i pregiudizi e le
distorsioni operate dalla faziosità degli storici francesi.
Così
come fu sottovalutato e ridotto ai minimi termini la partecipazione
del Regno di Sicilia alle prime spedizioni crociate, anche e
soprattutto come supporto navale. In queste spedizioni non vi erano
solo normanni, ma la moltitudine era italiana, erano cioè cavalieri
e nobili locali del regno di Sicilia che provenivano dal Mezzogiorno
d'Italia, soprattutto dalla Puglia.
Se
il regno di Sicilia si rifiutò in seguito di intervenire nuovamente
a favore del Regno di Gerusalemme fu proprio per il comportamento
dissoluto e inaffidabile dei Franchi (in particolare per il ripudio
di Adelaide del Vasto da parte del re di Gerusalemme Baldovino I,
dopo averne sfruttato la ricchissima dote, di cui accennerò tra
breve) e l'ostilità con l'Impero bizantino.
Gli
imperatori bizantini avevano ben donde di diffidare dei Normanni di
Sicilia (che quantomeno era espliciti nelle loro intenzioni di
conquista) ma ancor più dei Franchi crociati e dei Regni
Gerosolimitani, perché pur avendo sempre i baroni franchi giurato
vassallaggio e fedeltà all'imperatore, prima di recarsi in Terra
Santa (gli unici a non farlo si contano sulle dita di una mano e sono
stati perlopiù normanni), non mantennero mai il loro giuramento,
anzi spesso combatterono contro i bizantini per conservare i regni
conquistati ed estenderli a danno dell'impero e dei suoi regni
vassalli. E poi paradossalmente la fama di traditori, infidi e infami
i Franchi l'attribuirono ai greci, e anche questo pregiudizio perdurò
per secoli … Gli stessi cronisti arabi in seguito alle prime
crociate definirono i baroni Franchi come “spregevoli, insensati,
irresponsabili, insignificanti e avidi”, rozzi nei modi e nelle
abitudini ( e di personaggi di tale risma se ne potrebbero citare a
iosa, che hanno contribuito a rendere difficile la sopravvivenza dei
regni latini), almeno finché alcuni di loro non si
“orientalizzarono” assumendo cioè usi e costumi del Vicino
Oriente, essendo quella Orientale una civiltà molto più evoluta e
raffinata di quella Occidentale e soprattutto di quella franca, che
era ancora primitiva, seppur assai arrogante.
Voglio
rammentare che Ruggero II di Sicilia (che in realtà governava tutta
l'Italia meridionale, Malta, Corfù, Tunisia e Tripolitania), aveva
creato un regno multietnico e di elevata e civile convivenza, dedito
ai commerci e alla cultura, il più ricco e raffinato di tutto il
Mediterraneo; l'unico che disponesse di una flotta in grado di
controllare il mare e aggredire l'Impero Bizantino insidiandone il
potere e sottraendogli vasti territori, saccheggiandone le città con
ripetute e prolungate incursioni.
E
anche se Ruggero II viene sempre citato come re normanno, in quanto
discendente degli Altavilla, noi monferrini non dovremmo mai
dimenticarci che era figlio di Adelaide o Adelasia
del Vasto (che erano marchesi di Savona e della Liguria
Occidentale. Del Vasto era il più importante casato aleramico dopo i
Monferrato. È pertanto errato definirla Adelaide di Monferrato, era
aleramica non monferrina), che divenne seppur per poco regina di
Gerusalemme, in quanto dopo essere divenuta vedova di Ruggero I Gran
Conte di Sicilia, andò in sposa come terza moglie di Baldovino I,
portando al regno una ricchissima dote (che lo salvò
dall'inevitabile bancarotta), come mai si era vista all'epoca, dovuta
all'immensa ricchezza del regno di Sicilia. Dopo averne sfruttato le
ricchezze fu ripudiata. Così una delle donne più intelligenti,
colte e potenti dell'epoca, che aveva governato la Sicilia per una
decina di anni come reggente, pochi mesi dopo il ripudio finì i suoi
giorni in un convento siciliano.
Quindi
Ruggero II di Sicilia, uno dei re più illuminati, lungimiranti e
munifici (paragonabile a Federico II di Svevia, che era figlio di
Costanza d'Altavilla, ultima regina di Sicilia della dinastia degli
Altavilla) era per metà di sangue aleramico, e fu soprattutto
durante il suo regno che avvenne una delle più grandi migrazioni
della storia europea medievale, trasferendo circa 100mila “lombardi”
(compresi moltissimi monferrini) in terra di Sicilia per ripopolarla
e fondare soprattutto colonie rurali, come ebbi modo di scrivere già
diversi anni fa in questa rubrica, ben prima che tale fenomeno
divenisse di dominio pubblico a livello locale, con intenti di
promozione turistica. L'imprinting di questa impresa era da
attribuire ovviamente ad Adelasia del Vasto e al suo seguito, quando
nel 1087 andò in sposa a Ruggero I Gran Conte di Sicilia.
Oppure,
per citare un altro esempio emblematico: a conclusione della Prima
vittoriosa Crociata, appena insediatisi Baldovino I (fratello di
Goffredo di Buglione) come Re di Gerusalemme, il regno rimase difeso
da poche centinaia di cavalieri, dato che i crociati erano tornati
quasi tutti nel continente; fu pertanto organizzata una spedizione di
rinforzo (seppur rivelatasi fallimentare per le forti perdite subite
lungo il percorso terrestre, soprattutto in Anatolia), cui
parteciparono circa 50mila “lombardi” guidati dall'Arcivescovo di
Milano e solo 30mila franchi guidati dal duca di Aquitania (che dopo
pochi anni divenne un feudo inglese).
La
“grandeur francese” esiste veramente, fin dai tempi di Luigi XIV
il Re Sole, e si è protratta sino ai giorni nostri condizionando
fortemente tutti coloro che si identificano con la nazione francese,
esaltandola con un orgoglio smisurato e certamente fazioso, che
volontariamente o meno mortifica gli altri popoli, perché sottraendo
loro meriti e valore, finisce per mancare di rispetto e risultare
arrogante oltreché ignorante. Noi italiani ne siamo particolarmente
penalizzati perché, come ho già avuto modo di ribadire numerose
volte in precedenti scritti, non siamo mai stati una nazione vera e
propria, ma semmai un continente in miniatura, frazionato in una
miriade di staterelli e autonomie locali, con innumerevoli dinastie e
signorie locali, subordinate a potentati stranieri che ci hanno a
lungo dominato, inducendoci in conflitti infiniti.
(Fine
prima parte)
Nessun commento:
Posta un commento