Torno sull'argomento Grecia, ricorrendo ad un recentissimo articolo tratto da uno dei più seri siti di informazione e approfondimento reperibili in rete: "Gli occhi della guerra".
Molti lettori del mondo occidentale sono stati convinti dai mass media mainstream che la Grecia sia ormai fuori dalla crisi e che le ricette di austerità e privatizzazione (leggasi: "predazione") imposte dalle istituzioni finanziarie e politico burocratiche internazionali abbiano funzionato. Ma non è così. In primo luogo occorre considerare il fatto che nonostante le pesantissime misure di austerità adottate, che hanno impoverito la popolazione e innalzato la disoccupazione a livelli stratosferici, il debito pubblico è salito al 180% del PIL, ma la cosa più grave è che le banche greche sono sull'orlo del collasso sistemico, perché hanno accumulato livelli così alti di insolvenze, circa il doppio di quelli italiani, pur essendo il sistema bancario greco meno di un decimo come dimensioni di quello italiano, significa che quasi più nessun debitore è in grado di onorare i suoi impegni. Le casse dello stato greco ovviamente non sono in grado di sostenere le banche e di conseguenza la situazione è solo in apparenza migliorata, nella realtà sostanziale è molto peggiorata. In sintesi la Grecia era un paese fallito prima dell'intervento della Troika, ora lo è ancora di più. Prima lo si poteva salvare con un intervento di modesta entità a sostegno del governo e della popolazione, fra non molto lo si dovrà fare con un costo venti volte superiore e con esiti dubbi. Senza contare che i danni arrecati alla popolazione non saranno comunque sanabili, essendo in parte irreversibili. E qualcuno si pone ancora il dubbio sull'efficacia o meno delle politiche di austerity. I risultati dovrebbero essere ormai evidenti. Meno male che il governo italiano pare averlo capito e si sta muovendo in direzione oppposta.
Claudio Martinotti Doria
Quella bomba a orologeria che può far saltare l’Europa
Alcune settimane fa, la Grecia ha annunciato la fine delle limitazioni ai prelievi in banca. Alexis Tsipras, fresco di liberazione dal piano di salvataggio della Troika, ha così potuto mostrare al suo popolo che la Grecia si sta riprendendo. Che quell’incubo iniziato con la crisi del debito potrebbe presto finire del tutto, facendo tornare la vita dei cittadini greci a uno standard simile a quello pre-crisi. E anche la fine del controllo sui capitali in banca per persone fisiche e aziende era (ed è) un segnale incoraggiante.Un segnale che però rischia di essere mal interpretato. Perché la Grecia è sì libera, formalmente, dalle catene imposte dai creditori internazionali con il piano di salvataggio. Ma il Paese è stato devastato dalle politiche di austerità imposte dalla Troika e a cui ha dovuto piegarsi il governo di Tsipras. E se anche quei vincoli stanno svanendo, l’incubo non è affatto finito. E sono proprio le banche il grande pericolo che minaccia non solo il popolo ellenico, ma anche tutta l’Europa.
Come ricorda la testata spagnola El Confidencial, le banche greche sono dei giganti con i piedi d’argilla. O forse anche qualcosa di meno duro dell’argilla. E il problema irrisolto per la Grecia risiede nel fatto che la maggior parte dei prestiti non vengono pagati. Secondo le stime più recenti, la Grecia “è di gran lunga il paese dell’UE con la più alta percentuale di questi prestiti non pagati, e il suo totale (stimato in 106 miliardi di euro) è circa la metà di quello che ha l’Italia ha, ma con un’economia molto più piccola”.
La questione non è affatto semplice da risolvere. E per un Paese come la Grecia, con un’economia di per sé piccola e molto impoverita, significa una spada di Damocle pronta a cadere di nuovo sulla testa di Atene.
E adesso Goldman Sachs ha lanciato un’allarme sulle banche greche che non può essere presa alla leggera. L’agenzia di rating ha un peso enorme nella capacità di orientare il mercato. E quindi i suoi messaggi gettano ombre particolarmente oscure sul futuro ellenico.
Secondo Goldman Sachs, può bastare una piccolissima turbolenza nel mercato finanziario mondiale per far cadere, come un castello di carte, tutto il sistema bancario greco. I maggiori istituti greci soffrono una crisi di prestiti morosi senza precedenti. E il loro valore in borsa è crollato di circa il 50% soltanto nell’ultimo anno. Una situazione estremamente delicata e che per il governo Tsipras non è per nulla facile da risolvere.
Per ora, il salvataggio delle banche da parte del governo è escluso. Da una parte, significherebbe perdere consensi e condannare Syriza a una sconfitta alle elezioni successive. Dall’altra parte, la Grecia non ha affatto risolto il problema del debito (circa 180% del Pil) e quindi non può permettersi un ulteriore aumento. Inoltre, in un momento in cui Atene sta cercando, in tutti i modi, di evitare l’ennesimo taglio alle pensioni, sarebbe veramente difficile far accettare ai cittadini di vedere i propri soldi finire nelle mani delle banche.
Un circolo vizioso che però in qualunque caso, può costare caro. Non solo alla Grecia, ma anche all’Europa. Ed è questo che fa tremare le agenzie di rating. Perché da parte dell’Unione europea, in particolare dalla Banca centrale, non sembrano essere arrivati segnali incoraggianti riguardo alle possibili alternative presentate dall’esecutivo greco. E gli stessi investitori stranieri faticano a trovare motivi per scommettere sugli istituti ellenici. Le casse dello Stato non possono certo essere garanzia in caso di perdita di denaro.
Con queste premesse, la Grecia (e quindi l’Europa) corrono sul filo del rasoio. E una crisi bancaria che scuota lo Stato greco è un problema che inquieta molti. Ma che dimostra anche come in realtà i piani di austerity imposti dai creditori non abbiano sortito gli effetti positivi che molti speravano di ottenere.
La crisi in Grecia non è finita: si è solo mantenuta stabile. L’economia non decolla, i debiti non vengono pagati, il lavoro scarseggia, e il patrimonio statale ha subito uno dei saccheggi peggiori degli ultimi decenni. Con un Paese così dilaniato dalla crisi, le speranze sono appese a un filo. E non è un caso che in questi mesi, Tsipras abbia iniziato a guardare in America. Se l’Unione europea non può salvarlo, forse lo possono fare gli Stati Uniti di Donald Trump. Che di questa Ue è uno dei maggiori avversari.
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