Quanto
riporta l’articolo sottostante che vi propongo, lascia basiti e seriamente
preoccupati.
Se coloro
che hanno la responsabilità della leadership della più grande potenza economico
militare dell’umanità, hanno simili convinzioni apocalittiche ed escatologiche
e gli obiettivi aberranti che ne conseguono (ben descritte nell’articolo),
significa che per l’umanità ci sono poche speranze che non si pervenga ad una
guerra estesa e distruttiva dalle gravissime ripercussioni, da loro volutamente
scatenata.
Alla base di
simili aberrazioni c’è sempre l’ignoranza, soprattutto storica e culturale, l’incapacità
di ricercare, analizzare e confrontare le fonti storiche, l’assenza di capacità
critiche e di obiettività, che sfocia inevitabilmente nel fanatismo e nella
mitomania e megalomania, convinti di eseguire la volontà di un qualche dio
confezionato su misura per loro.
Che la
leadership americana, evangelica, sionista e neocon, sia convinta di fare la
volontà di dio, si era già manifestato innumerevoli volte in passato, ma in
questo articolo è ben specificato a quale testo facciano riferimento: La
Rivelazione attribuita a Giovanni e popolarmente conosciuta come Apocalisse, cioè
un testo di cui non si conoscono gli autori e neppure quando fu scritto. Si
presume solo che risalga a settanta o forse ottant’anni dopo la morte di Gesù
Cristo e riporta simbolismi che possono essere interpretati in miriadi di modi,
come la vasta letteratura in materia dimostra ampiamente (i testi
interpretativi in proposito si sprecano) e soprattutto non hanno alcun precedente,
contiene frasi e concetti, metafore e simbolismi mai espressi dal Messia e da
suoi presunti apostoli, e quindi dovrebbero spiegarci come potrebbe un
individuo (o più individui), redattore del testo, aver riportato una profezia
che dovrebbe essere presa sul serio, anziché considerarla semplicemente un’opera
di fantasia a scopo strumentale di indottrinamento, come tante altre religiose
dell’epoca, oppure l’opera di qualcuno sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
Sarebbe un
tipico ma devastante caso d’identificazione con un testo presunto profetico, la
cui profezia potrebbe avverarsi non per motivi teleologici e di
predestinazione, ma perché realizzata dai fanatici che ci credono e che fanno
di tutto perché si attui. Che tutto questo si possa attuare negli USA si spiega
con il proliferare di sette evangeliche e predicatori da operetta che
dispongono di una pletora di media dai quali propagano una intensa e
perseverante propaganda ipnotizzante, che attira folle sempre più vaste di
fedeli, bisognosi di aggrapparsi a qualcosa per dare un senso alle loro futili
vite.
E che dire
poi dei loro più preziosi alleati, citati nell’articolo, quelli che credono
ancora di essere vincolati a un antico patto stipulato con un certo Yahweh, che
nell’Antico Testamento è citato innumerevoli volte, e che venne successivamente
tradotto dai teologi cristiani come Signore o Eterno, ed era l’elohim cui fu
affidata la discendenza di Giacobbe (israeliti, cioè il popolo di Israele, era
pertanto l'elohim d'Israele), che aveva una compagna denominata Asherah, cioè
una elohim femmina, nella mitologia cananea, semitica, ugaritica e teologica
identificata con la Grande Madre, Regina dei Cieli, ecc., poi rimossa dalla
successiva religione maschilista misogina paolina e niceana.
La
denominazione originaria è limitata alle sole consonanti Yhwh, l'inserimento
delle vocali è molto successiva, risalente ai masoreti, diversi secoli d.C.,
nessuna sa esattamente quale fosse la denominazione e pronuncia originaria.
Yahweh ha
sempre e solo operato nel Canaan, in perenne conflitto con elohim rivali e
parigrado che comandavano le altre discendenze abramitiche (tra cui il padre
Isacco ed Esaù il fratello gemello di Giacobbe), pertanto oggi si potrebbe
legittimamente definire antisemita. Quindi si trattava di lotte fratricide, tra
cugini primi e parenti stretti, in un'area limitata.
Tra gli
elohim dell’epoca era insignificante come grado gerarchico e autorità posseduta,
possedeva modeste capacità strategiche, non poteva certo misurarsi con le
grandi potenze che circondavano il suo piccolo regno, guidate da elohim ben più
potenti di lui.
Il fatto che
gli israeliti (che erano solo una parte del popolo ebraico) abbiano stabilito
con Yahweh un patto millenario, cui si sono mantenuti perennemente fedeli,
ritenendosi un popolo “eletto” e superiore a tutti gli altri, quindi destinato
a dominare su tutti gli altri, è piuttosto paradossale e grottesco, se non
fosse anche tragico. Soprattutto in considerazione del fatto che il patto tra
Yahweh e il popolo di Israele (e non con tutti gli ebrei, come comunemente si
ritiene) non fu mai mantenuto per la parte di spettanza di Yahweh, non avendo
adempiuto neppure minimamente alle sue promesse di conquista territoriale e di
prosperità (la cosiddetta Grande Israele che doveva andare dal Nilo all'Eufrate,
cui ancora ora molti fanatici fanno riferimento come obiettivo strategico,
motivo di scatenamento di eterni conflitti nell’area).
Yahweh è
praticamente sparito dopo l'esilio o “cattività babilonese” al tempo di
Nabucodonosor, dopo la prima distruzione del tempio di Gerusalemme nel 586 a.C.
e la deportazione del popolo ebraico, rappresentando tale evento storico
l'apoteosi del suo fallimento.
Successivamente,
la classe sacerdotale d'Israele iniziò a concepire e trasformare la “divinità”
(che tale non è mai stata considerata in precedenza, non essendoci nella lingua
e cultura ebraica neppure un vocabolo per indicare Dio), in senso spirituale e
metafisico, non essendo più credibile la “versione” materialistica,
espansionistica, militarista ed autoritaria precedente e dovendo in qualche
modo continuare a sottomettere e governare la popolazione per il tramite di una
religione. Infatti fu solo in quell'epoca che iniziarono a redigere i testi
dell'Antico Testamento (attingendo a piene mani a testi preesistenti sumero
accadici, babilonesi, egizi e fenici, tra le quali per scopi legislativi le tre
Tavole sumere di Sippar ed il codice di Ur-Nammu) con l'obiettivo di creare una
nazione utilizzando il patto di Yahweh come motivo unificante e fondativo. Pertanto
i contenuti, spesso contraddittori e dissonanti, dell’Antico Testamento, erano
finalizzati e funzionali ai soli scopi politici aggregativi ed economici.
E' altresì
paradossale e grottesco che sia proprio una delle innumerevoli sette religiose
ebraiche a essere massimamente antisioniste, cioè contrarie alla costituzione
ed esistenza in vita dell'attuale stato di Israele, mi riferisco ai Neturei
Karta che per motivi religiosi (non politici) ritengono che sia una
profanazione del patto anticamente stipulato, in quanto solo Yahweh avrebbe
dovuto concedere loro una nazione e non essere il frutto di un'iniziativa
politica umana. Pertanto ritengono che i territori attuali di Israele
appartengano ai palestinesi, arabi ed ebrei, che in essa hanno sempre vissuto e
che il governo israeliano abusa di pretesti religiosi per attuare una politica
espansionistica, aggressiva e repressiva. Sono pertanto perseguitati in patria
e costretti a vivere all'Estero.
Altra
importante considerazione storico culturale, che molti trascurano o non ne sono
informati, riguarda i Cazari (o Kazary), una popolazione eterogenea e
seminomade di idioma turco, originaria delle steppe dell'Asia centrale, che
nell'Alto Medioevo ha fondato il Gran Khanato di Khazaria un vastissimo impero
situato tra il Mar Nero ed il Caspio e una gran parte dell'attuale Russia
europea. I Cazari nei decenni a cavallo tra l'VIII ed il IX secolo si
convertirono in massa al giudaismo, indotti dal Khan e dalla nobiltà, scelta
dettata probabilmente per motivi politici, invitando nel loro territorio
numerosi rabbini e costruendo molte sinagoghe. Per quanto a livello
storiografico l'interpretazione sia ancora molto controversa, alcuni studiosi
ritengono che siano stati i cazari con questa conversione di massa a
rimpinguare e rivitalizzare la religione giudaica, essendosi soprattutto
dispersi nei secoli successivi nei paesi del Centro e dell'Est europeo e in
Russia, che sono stati i luoghi primari di diffusione dell'ebraismo nel mondo
nel corso del XX secolo.
Pertanto
costituirebbero una cospicua componente dell'attuale popolo ebraico, attualmente
presente per un terzo in Israele e due terzi nel mondo, una minoranza molto
influente che detiene le leve del potere politico economico, per il controllo
finanziario di cui dispone e che costituisce la maggioranza dei cosiddetti
neocons negli USA, il governo profondo ed occulto che manovra dietro le quinte
gli USA e soprattutto l'apparato industriale militare ed il Pentagono.
Pertanto,
anche queste argomentazioni smentiscono totalmente l'attualità del patto con
Yahweh, che riguardava solo la tribù di Giacobbe, cioè il popolo di Israele
(israeliti, da non confondere con gli attuali israeliani), in quanto la
stragrande maggioranza degli attuali ebrei nulla hanno a che fare con gli
israeliti biblici originari.
Ci sarebbe
anche da approfondire l'attuale apporto all'ebraismo da parte dei sabbatei, cioè
i seguaci di Sabbatai Zevi, il rabbino che nel XVII secolo riuscì a convincere
la metà dell'allora popolo ebraico di essere il Messia (il suo movimento
contava circa un milione di seguaci), finché per salvarsi la vita commise
apostasia e si convertì all'Islam. Una minoranza dei suoi seguaci, nonostante
tutto, continuarono a rimanergli fedeli, giustificandolo ad oltranza, elaborando
sofisticati alibi ed interpretazioni dottrinali e teologiche per favorirlo,
legittimando il suo comportamento iniquo. Tale andazzo pare sia proseguito nei
secoli da parte di questa setta e alcuni studiosi sono convinti che sia ancora
oggi molto influente in Israele, caratterizzandosi per cinismo e immoralità,
aberrazione ed empietà, convinti di essere in pieno diritto di comportarsi in
tal modo per diritto divino, essendo il “popolo eletto”, e che la redenzione
(che per loro ha un significato pragmatico egoico) avvenga solo tramite i più
turpi comportamenti peccaminosi e spietati. Una specie di ritorno
etnico-culturale alle origini del popolo d’Israele ai tempi in cui realmente
governava Yahweh, con la sua presenza fisica e potenza militare, periodo
durante il quale si commisero veri e propri abomini e crimini contro l’umanità.
Se la
leadership americana e sionista fosse veramente a conoscenza di quanto da me
riportato, non sarebbero così fanatici e ignoranti, non pretenderebbero di
governare il mondo con la protervia e la forza delle armi, ritenendosi
superiori per diritto divino, non sarebbero disposti a massacrare e distruggere
in nome di un dio esistente solo nella loro mente limitata, ma si
sottoporrebbero a cure psichiatriche, prima che sia troppo tardi.
Claudio Martinotti
Doria
Centro studi Giuseppe Federici –
Per una nuova Insorgenza
Comunicato n. 104/17 del 13
dicembre 2017, Santa Lucia
Gerusalemme e messianismo
Chi si chiedesse quale sia il vero motivo che ha
spinto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a riconoscere
unilateralmente Gerusalemme come capitale di Israele, dovrebbe vedere
l’immagine del presidente al momento dell’annuncio ufficiale».
«Scintillanti decorazioni di Natale addobbate
nel corridoio della Casa Bianca circondavano Trump, con il Vice Presidente Mike
Pence deliberatamente – anche se un po ‘goffamente – piazzato direttamente
dietro le spalle del presidente».
«[…] Tutto sembrava attentamente predisposto per
inviare un messaggio forte agli elettori evangelici cristiani e ai loro leader
che questa è la loro vittoria e Trump è il loro uomo».
Inizia così un articolo di Allison Kaplan Sommer
su Hareetz dell’11 dicembre, nel quale spiega come Trump sta dimostrando di
seguire un’agenda gradita ai movimenti evangelici, non solo in politica interna
ma anche il politica estera, toccando corde «vicine al loro cuore».
L’annuncio, prosegue Haaretz, è avvenuto in
giorni cruciali, mentre cioè Pence si appresta a visitare Israele e durante la
campagna per la conquista di un decisivo seggio del Senato, quello
dell’Alabama, dove corre il repubblicano Roy Moore, a sua volta inseguito da
accuse di molestie sessuali.
«Trump sta dimostrando amore per Israele perché
gli elettori evangelici costituiscono il cardine cruciale della sua
relativamente piccola ma solida base» elettorale. Infatti, mai presidente ha
avuto più voti di lui dagli evangelici: l’81% dei votanti, più di quelli presi
da George W. Bush, che pure aveva un feeling particolare con questi.
Trump ha portato alla Casa Bianca tanti
esponenti di tale variegato ambito, come mai prima. E nella residenza
presidenziale «si tiene una riunione settimanale di studi biblici, ai quali
presenzia Pence», campione di tale elettorato.
Inoltre, la Sommer spiega che mentre molto si è
scritto sull’influenza sul presidente di Sheldon Adelson (vedi Piccolenote) e
del genero Jared Kushner, legati ad ambiti della destra israeliana, va tenuto
presente anche il ruolo di Jay Sekulow, che lo difende nell’inchiesta relativa
al Russiagate, un «ebreo messianico molto stimato nella comunità evangelica
cristiana».
Non solo: «Johnnie Moore, considerato leader de
facto dei consiglieri evangelici di Trump, ha detto alla CNN che lo status di
Gerusalemme è una delle massime priorità per la comunità [evangelica ndr] e che
la questione “tra i principali sostenitori evangelici del presidente è seconda
solo alle preoccupazioni riguardanti magistratura”».
La Sommer ricorda anche come il sito Charisma
News abbia ospitato lodi sperticate di tanti leader evangelici «per l’annuncio
di Gerusalemme. “Gli evangelici sono estasiati perché per noi Israele è un
luogo sacro e il popolo ebraico è il nostro più caro amico”, ha detto a
Charisma il pastore Paula White».
E ricorda come Trump durante la campagna
elettorale abbia avuto pieno sostegno della comunità evangelica, ricordando il
rito «in cui 40 leader evangelici e televangelisti hanno pregato per il suo
successo».
E ancora: il leader evangelico ed ex governatore
dell’Arkansas Mike Huckabee, «padre della portavoce della Casa Bianca di Trump,
Sarah Huckabee Sanders», per anni ha esercitato «forti pressioni affinché
l’ambasciata degli Stati Uniti venisse trasferita a Gerusalemme».
Per capire perché la questione di Gerusalemme è
così importante per gli evangelici, un indizio viene da un messaggio via
twitter del pastore Diana Butler Bass, che sostiene «che la questione di
Gerusalemme è così importante per gli evangelici perché è necessario
riconquistare il controllo giudeo-cristiano del Monte del Tempio».
Ciò è vitale, spiega ancora, «perché la
ricostruzione del Tempio darebbe inizio al “tempo della fine” scritto nel Libro
dell’Apocalisse». Così Trump sta ricordando agli evangelici che «che sta
portando avanti la volontà di Dio in questi ultimi giorni. [Gli evangelici
ndr.] Stavano aspettando questo, pregando per questo».
E prosegue: «Vogliono la guerra in Medio
Oriente. La Battaglia di Armageddon, in quel momento Gesù Cristo tornerà sulla
Terra e sconfiggerà tutti i nemici di Dio. Per alcuni evangelici, questo è il
culmine della storia. E Trump li sta portando in tale direzione».
Per «i “veri credenti” l’annuncio del
riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele è «l’adempimento della
profezia biblica. Donald Trump non sta solo agendo in base a una promessa
elettorale, ma secondo un piano teologico. Credono che Donald Trump sia lo
strumento di Dio per avvicinarci al Rapimento il cielo, al Giudizio e alla
Fine. Perché per loro questo è in realtà l’inizio – l’inizio della loro
ricompensa e la felicità celeste».
Di conseguenza, ha spiegato «la questione se la
mossa di Gerusalemme sia una provocazione che potrebbe danneggiare la causa
della pace non ha senso, dal momento che “la pace in questo mondo non ha importanza”».
Nell’articolo, anche un cenno a un altro leader
evangelico, John Hagee che ha affermato: «Credo che in questo
momento, Israele sia il cronometro di Dio per tutto ciò che accade a ogni
nazione, inclusa l’America, da ora fino al Rapimento della chiesa e oltre».
«Il “Rapimento della chiesa”», scrive la Sommer,
«descrive un evento che i cristiani fondamentalisti credono accadrà alla fine
del tempo, riferendosi al “rapimento” dei giusti in paradiso».
Tali credenze religiose, che fanno il paio e si
sovrappongono al messianismo ebraico, come accenna l’articolo, sono
fondamentali per capire quanto sta avvenendo negli Stati Uniti e in Medio
Oriente.
Il cenno più preoccupante dell’articolo della
Sommer è quello relativo alla percezione di tale cambiamento: il fatto che la
mossa possa essere vista come una provocazione che mette a rischio la pace «non
ha importanza».
Nell’incendio scatenato dalla mossa del
presidente americano, fievoli e sparute le voci dei pompieri. Tra queste quella
del Segretario di Stato Rex Tillerson, che ha rimarcato un passaggio presente
nella dichiarazione di Trump, che aveva accennato di confini di Gerusalemme da
“definire”, ma appena accennato al momento dell’annuncio esplosivo: lo status
finale di Gerusalemme sarà definito nei negoziati tra israeliani e palestinesi.
Che poi è quanto era stato stabilito finora in tutti i negoziati tra le due
parti. Vedremo.
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