di Sergio Di Cori Modigliani
E’ diventato gran bello spettacolo la Brexit. Gli è venuta proprio bene, non c’è che dire. George Orwell non avrebbe saputo far meglio di così. Fatta la tara di deliranti opinioni e svariati commenti surreali alla tivvù, facebook, twitter e compagnia danzante al seguito, già oggi si delinea il quadro potenziale del Nuovo Ordine Mondiale che si sta assestando. Secondo copione. Secondo previsione. Nessuna sorpresa. Solo conferme.
E per noi italiani, sono veri dolores de panza. Anche qui, no news.
Basterebbe leggere con attenzione la giornata di oggi, che si apre con un paio di schiaffoni ben assestati all’Italietta che arranca per salire sul Titanic e ottenere un posto a tavola nel salone delle feste. La cupola mediatica (e ce la siamo bevuta tutti, compreso il sottoscritto) era riuscita a convincerci che, dentro questo Caos Totale, c’era anche una buona opportunità per noi, soprattutto per il caro leader. Era stata annunciata l’immediata convocazione di un incontro al vertice nella giornata di lunedì 27 giugno alle ore 18 tra Renzi, Hollande e Merkel, per discutere della questione. Quindi, finalmente, l’Italia avrebbe potuto portare avanti le proprie istanze e giocarsi qualche fiche all’unico tavolo che conta per davvero in Europa. Neppure questo. Anzi. Annunciata con enfasi nazionalista e ben vista da chiunque abbia a cuore il destino della nostra nazione, il meeting in questione si terrà all’ora prestabilita, con una inaspettata aggiunta simbolica (forse casuale) -lo sceneggiatore della Storia è davvero geniale- dovuta al fatto che a quell’ora c’è la partita Spagna-Italia, essendo Francia e Germania già qualificate. Un attento editorialista di le Monde sottolineava il fatto che se fosse stato il contrario, il meeting sarebbe stato anticipato di tre ore. E così, alle 18, c’è l’incontro al vertice tra chi decide in Europa. Ma, all’ultimo momento (toh! sorpresa!) Angela Merkel ha deciso di volare a Parigi alle ore 9.30 del mattino e intrattenersi con Monsieur Hollande in colloquio privato della durata di ben quattro ore, con esperti finanziari, militari, economici e religiosi al seguito, di ambo le parti. Alle ore 18 arrivano i parenti poveri (in verità il paese più ricco d’Europa come risparmio complessivo) ai quali verrà detto…..ah, questo non lo so, ma lo posso immaginare e fantasticarci sopra. Il caro leader l’occasione l’ha già persa. Se avesse avuto un buon consulente della comunicazione (intuitivo, geniale, evoluto, creativo) avrebbe annunciato a sorpresa che saltava l’incontro con Hollande e Merkel perché alle 18 sarebbe stato nell’ambasciata italiana a Madrid dove sarebbe arrivato Mariano Rajoy; avrebbero visto insieme la partita discutendo sulle potenzialità del proprio triste destino. Credo che Rajoy avrebbe accettato; gli spagnoli avrebbero gradito, capito, compreso. E sarebbe stato un gesto simbolico di alta caratura, di enorme impatto mediatico nel campo del “simbolico”: pane quotidiano per chi gestisce il potere.
Invece è andata come è andata: anche in emergenza totale, da noi, prevedibile piattume senza creatività, privo di guizzi. Pessimo segnale per gli investitori internazionali, per le imprese, per la ripresa economica. Penso che Parigi e Berlino siano anche irritati con l’Italietta, per via dell’attuale posizionamento strategico italiano in campo economico-finanziario nello scenario del Nuovo Ordine Mondiale. Per comprendere il mio pensiero, è bene riassumere i fatti. L’andamento dei mercati e delle borse conferma il trend di venerdì. Tutte a picco, con Londra che fa meglio di tutte le altre borse del mondo. Come mai? Perchè Londra, che -in teoria- avrebbe dovuto accusare le perdite maggiori, si è invece salvata? La sua borsa è l’unica che dall’inizio dell’anno è in forte guadagno. A questa domanda, in Italia, mega-esperti di borsa, politici di rango istituzionale, politologi, economisti, importanti banchieri, editorialisti, opinionisti e mitomani di varia natura, alla tivvù e in rete hanno fornito la stessa identica risposta: “La borsa di Londra non va tanto giù come le altre perché loro hanno investimenti diversificati”. L’immediata domanda n.2: “Quindi Wall Street, Francoforte, Shanghai, Parigi, Tokyo non fanno investimenti diversificati?”. Wall Street, Francoforte, Milano, Parigi, Tokyo, Shanghai, Chicago sono gestite da deficienti incompetenti che ignorano l’esistenza del mondo globale, quindi loro non diversificano; gli inglesi che invece sono intelligenti sì. Da cui la buona salute della loro borsa. Fine della storia da raccontare a el pueblo. A questo punto è bene saltare al finale, fornendo la mia personale opinione relativa alle domande: “chi ha vinto?” e “chi ha perso?”
Perde la finanza laica e tutto l’Occidente, soprattutto l’Italia e la Spagna ma anche la Gran Bretagna.
Vince: a) la finanza islamica fondamentalista; b) la Cina; c) le prime 100 multinazionali al mondo; d) le mummie che possiedono e gestiscono il controllo dell’energia dai fossili; e) Vladimir Putin (ma è una vittoria di Pirro)
a). All’Isis le cose stanno andando davvero molto molto male dal punto di vista militare. La svolta si è verificata quando due giganti (Obama e Putin) insieme e in totale accordo, un mattino si sono svegliati e hanno detto: basta così, adesso diamo loro due legnate e cambiamo gioco. Li vedo che si sono parlati al telefono, hanno stabilito le modalità e hanno eseguito il loro piano. In Lybia, Iraq, Syria, Oman, Somalia, Nigeria, Mali, Mauritania, ci sono state di recente battaglie furibonde con squadre speciali di marines a terra, appoggiate da bombardamenti russi a tappeto. Altro che guerra fredda, questa è amicizia calda. Sono morte centinaia di migliaia di persone, ma a noi non ce ne importa nulla perchè sono nemici (sigh); in verità loro hanno deciso che lo siamo noi ma è uguale. Avendo capito come le cose si stavano mettendo, hanno spostato il loro interesse dalla guerra militare a quella finanziaria, meno sangue, molto più gusto. E così, l’Isis (era la mia opinione espressa in diversi post circa due anni fa) mantiene alta l’attenzione terrorismo folle in Europa perchè serve alle economie locali, circa 200 miliardi di euro di investimenti nella sicurezza, soldi presi dalla sanità, dall’istruzione, dall’economia reale, dal lavoro e dirottati nelle mani dei militari e delle singole intelligence. Un mercato favoloso, che va alimentato di continuo. E l’Isis lo garantisce. In cambio della cessazione delle ostilità (ormai inutili, tranne qualche possibile attentato eseguito da dementi di varia natura) l’Isis prende atto della sconfitta storica militare e in cambio siede al tavolo che conta come finanza islamica sunnita ufficiale, andando a raggiungere la finanza islamica sciita, la finanza ebraica sionista, la finanza cattolica papista, la finanza protestante, la finanza anglicana, la finanza scintoista cinese, la finanza buddista zen. La vera realtà del mondo ci mostra e ci dimostra che il trionfo dell’idea liberista passa attraverso lo sterminio della cultura laica dovunque e comunque e nel trionfo del fondamentalismo come concetto base dell’esistenza. Il fondamentalismo finanziario sostiene quello religioso e così i vari ayatollah, imam, cardinali, vescovi, rabbini, monaci, guru di varia natura (purchè in grado di vantare un seguito di qualche milionata di adepti seguaci) gestiscono le conflittualità impedendo che si manifestino conflitti sociali. Le elite planetarie non sono disposte a redistribuire le ricchezze e sono consapevoli che potranno aumentare i conflitti per via del disagio sociale. La religione è la loro arma migliore per gestirli e dirottare pulsioni, rabbia, illusioni. La piazza di Londra, in questo scenario, diventa l’obiettivo strategico primario per la riorganizzazione del matrimonio finanza/religione, iniziando dall’Europa. E così, il più grosso speculatore finanziario britannico, amico di petrolieri, grande nemico dell’industria delle rinnovabili, guida e realizza la Brexit. Prevista, annunciata, pianificata. Pochi sanno che la borsa di Londra non è degli inglesi ma appartiene al Qatar e quindi ha predisposto strategicamente l’operazione in modo tale da contenere le perdite. L’operazione Brexit sarebbe partita circa 16 mesi fa. Da MIlano, borsa di proprietà di Londra. Lì, GIuseppe Sala ha gestito la vendita dell’intero centro finanziario (resisteva dal’700 quando diventò il centro della finanza laica d’Europa di quei tempi) per diversi miliardi di euro al Qatar associato a Emirati Arabi Uniti. Milano, dopo la Brexit, potrebbe diventare sede ufficiale del sistema bancario e finanziario della Ue sostituendosi a Londra, visto che la Germania ha già la sede della BCE, con la Francia che comunque rimane nell’asse portante politico Parigi-Berlino. Ed è ciò che accadrà, con l’esultanza degli italiani. Da questo punto di vista mi spiego anche la furiosa reazione dell’Irlanda del nord e soprattutto della Scozia. Il loro polmone finanziario di riferimento è la finanza cattolica papista, lo è da 500 anni. Gli scozzesi, inoltre, sono potenti sostenitori delle energie rinnovabili e sono nemici dei petrolieri e dei fossili. Dichiaratamente stanno gareggiando con la California per il palmares dello Stato che, primo al mondo, annuncerà di aver raggiunto la totale liberazione dai fossili e di essere energeticamente autonomo, grazie al solare, all’eolico, all’idrogeno. Nicholas Sturgeon, splendida leader locale, ha già annunciato che nel 2025 sarà così. Il loro ultimo slogan è “No nukes no fakes” (trad.: “niente nucleare, niente falsi ipocriti” riferito a Farage e alla campagna per “leave”). Non è un caso che alla borsa di MIlano, oggi, le nostre banche vanno a picco -e saranno dolori per tutti noi- e gli unici titoli in grande spolvero sono Eni, Enel, Terna. Questo era il disegno strategico della destra, e questo ha vinto. In Gran Bretagna lo sanno ed è per questo che -giustamente- la sinistra chiede la testa di Jeremy Corbin, considerato (a scelta) o totalmente complice, o totalmente ingenuo e stupido, in entrambi i casi inadeguato e inaffidabile.
b) Due anni fa, la commissione commercio e industria della Ue mise in calendario all’ordine del giorno (volontà dei tedeschi, olandesi, spagnoli e francesi) una discussione strategicamente fondamentale. Il quesito era il seguente: “Ha la Cina il diritto di essere accolta in quanto nazione aderente al WTO (WorldTradeOrganization, l’associazione planetaria dello scambio commerciale) come partner economico della Ue riconoscendo loro la definizione di nazione in cui vige il libero mercato essendo loro uno Stato che impone e pratica alti dazi e ha una politica protezionista di salvaguardia dei propri prodotti e di penalizzazione dei nostri?”. Si aprì la discussione che divenne ben presto controversia. L’Italia (come al solito) decise di astenersi, mentre la Germania no. Salì sul carro del rigore apertamente anti-cinese (non possiamo lamentarci se ci snobbano visto che nei momenti topici siamo sempre latitanti) e iniziò la battaglia. Agli inizi aveva a fianco la Gran Bretagna, la quale, poco a poco, incontro dopo incontro cominciò a tentennare. Tre mesi fa la Merkel si infuriò con i britannici e litigò con Cameron perchè era venuta a sapere che gli inglesi si erano visti con i cinesi stringendo accordi senza passare prima per le apposite commissioni Ue. Venti giorni fa, un mattino ha deciso di prendere il toro per le corna ed è andata a Pechino a incontrare il premier. In quell’occasione seppe come stavano le cose. Al suo ritorno in patria, si era fatta sfuggire davanti ai giornalisti un commento alla sua segretaria (“gli inglesi sono fuori dalla Ue”) pregando poi di non farne menzione pubblica. Sufficiente per l’intero sistema finanziario e commerciale tedesco per capire che la Brexit aveva vinto e quindi affrontare il salto con adeguati paracadute, strumenti, manovre sagge: tutto ciò che è mancato alla nostra amata Italietta.
c) e d). La commissione Ue, per volontà e iniziativa dei francesi -molto ben accolta dai tedeschi con applausi sinceri- aveva imposto la calendarizzazione immediata ai primi di febbraio (è la faccia positiva della medaglia del rigore teutonico) di una nuova normativa fiscale molto penalizzante per le multinazionali. I ragionieri tedeschi e francesi avevano calcolato che la nuova fiscalità avrebbe consentito di incassare almeno altri 150 miliardi di euro all’anno che avrebbero consentito di dare flessibilità ad alcuni stati bisognosi (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia) versando parte di quei soldi per evitare tagli lineari alla sanità, istruzione, ricerca scientifica. Gli inglesi si opponevano (sostenuti da Juncker, l’angelo custode dei grandi evasori). Anche qui lite furiosa tra Merkel e Cameron. Alla televisione tedesca, un sottosegretario al tesoro del governo tedesco aveva detto: sono davvero sotto shock, gli inglesi vogliono stare nella Ue comportandosi come se non fossero membri; escano, lo dicano chiaramente, sarebbe più chiaro e si risparmierebbe tempo ed energia.
Così, scriveva The Guardian circa un mese fa:
“La Gran Bretagna respingerà i piani annunciati a Bruxelles questa settimana per combattere la massiccia evasione fiscale delle grandi multinazionali del mondo; il ministro del Tesoro responsabile per la politica fiscale ha detto ai rappresentanti del Parlamento europeo che la Gran Bretagna non avrebbe adottato le misure per introdurre alcune regole fiscali comuni. “Era molto chiaro che il Regno Unito avrebbe insistito sulla concorrenza fiscale”, ha detto l’eurodeputato tedesco Michael Theurer, che ha incontrato il ministro del Tesoro del Regno Unito il Giovedi. “E ‘stato davvero uno shock dal ministro.” Theurer fa parte di una commissione di deputati istituito per esaminare come le multinazionali stanno evitando l’imposizione fiscale nell’UE e cosa si può fare per questa evasione .Il comitato è stato istituito in risposta alle LuxLeaks , rivelazioni di evasione fiscale in Lussemburgo e i suoi membri sostengono con forza i piani di riforma annunciati mercoledì dal commissario europeo per l’imposta Pierre Moscovici.”.
Con la Brexit, la Gran Bretagna si trasforma nell’Eldorado dei consorzi delle multinazionali che intendono evadere le tasse. Accorreranno in massa lì e l’Inghilterra diventerà un paradiso fiscale; il trionfo dell’idea iper-liberista così cara a Nigel Farage e ai suoi seguaci. La differenza e la distanza tra la Gran Bretagna e il resto d’Europa ciomincerà ad aumentare sempre di più. Massima libertà ai capitali finanziari, pochi controlli, apertura dei mercati ai cinesi, defiscalizzazione per le grosse corporations del pianeta, protezionismo e isolazionismo: le chiavi pulsanti della regressione. Ma è ciò che hanno scelto.
e). Sia Boris Johnson che Nigel Farage (per il momento loro sono i vincitori reali e quindi diventano interlocutori attendibili per i media britannici) hanno spiegato a chiare lettere che intendono stabilire nuove relazioni economiche con la Russia. L’uscita dalla Ue della Gran Bretagna -forse la gente non lo ha ancora capito- significa che l’Inghilterra diventa un nostro concorrente commerciale, non più amico. Nel nome del loro nuovo isolazionismo, Johnson e Farage hanno già fatto sapere che pur rispettando gli accordi Nato preferirebbero fare affari con Putin piuttosto che con i tedeschi, i francesi, gli italiani, “vittime della burocrazia di Bruxelles, schiavi e impossibilitati a decidere del loro destino“. La solita pappa quotidiana della nuova ideologia che si presenta come “post-ideologica” e sostiene che “destra e sinistra non esistono più”.
Per concludere, con la Brexit ha vinto una nostra vecchia conoscenza: il capitalismo finanziario selvaggio, il fondamentalismo, l’ignoranza crassa, l’esaltazione dell’anti-intellettualità e il varo della nuova ideologia post-moderna lanciata sui social: annunci a gogò senza contenuti, grande effetto senza sostanza, quantità senza qualità. Risultato? Si vincono le elezioni. E dopo il voto, come è accaduto a Londra, si viene a sapere che le persone, davvero ipnotizzate, hanno votato senza rendersi conto di ciò che stavano facendo.
Era accaduto anche al popolo tedesco nel 1934, quando il voto popolare scelse quello che -allora, nel corso della campagna elettorale- si era presentato come “un sincero pacifista”. Si chiamava Adolf Hitler.
Il vero nemico, oggi, è l’indifferenza (segnalo che solo il 36% dei giovani tra 18 e 24 anni ha partecipato al referendum) insieme all’ignoranza. Mescolate a presunzione e supponenza, garantiscono a tutti i fondamentalisti del pianeta una vittoria certa e sicura.
E’ ora di svegliarsi, ma sul serio