di
Roberto Pecchioli
Non c’è niente di nuovo sotto il sole.
Così pensavamo ascoltando un amico intento a fornire il suo parere sui
problemi del mondo e le prospettive per l’anno che inizia. Notavamo
amaramente che le uniche previsioni che davvero interessano sono quelle
economiche e finanziarie. Ha vinto la ragione strumentale, il tornaconto,
o, per dirla in modo più dotto, la filosofia della prassi. Senza principi,
privati di valori, tutto diventa pura prassi, basata sui rapporti di forza.
Unica fiamma accesa resta quella della
ragione economica, che porta il nostro conoscente a reagire infastidito
all’obiezione che il futuro non ha come unico orizzonte il denaro,
l’economia, il mercato. Nulla gli importa, come alla maggioranza, dei
perché, né vuol sentire parlare di immigrazione, della bomba demografica
della denatalità, di crollo dei principi etici, della famiglia che si
sfalda, dell’egoismo di massa, del declino del sentimento religioso, tanto
meno della necessità di promuovere cambiamenti sociali orientati dal senso
morale. No, per il buon cittadino postmoderno esiste un unico destino,
quello dell’economia, un’unica crisi lo preoccupa, quella che può incidere
sul suo portafogli. A pochi importa di essere, l’essenziale è avere.
Bisogna tornare alla realtà, alle
crisi reali che ci circondano. Poiché però la vita è anche sogno, è bello
immaginare soluzioni per le difficoltà economiche e finanziarie, uscendo
una volta per tutte dalla narrazione corrente, secondo la quale al modello
neoliberista non c’è alternativa.
Proviamo a sognare, sperando che
l’utopia, camminando sulle gambe e con il cervello deli uomini, diventi
realtà e la crisi passi davvero. L’economia globale non si sposta dalla
proprie ubbie, il neoliberismo rimane schiavo delle sue incongruenze. Riesce
solo a sopravvivere generando bolle di attivi alimentate e finanziate con
la creazione di debito privato, in attesa della sua trasformazione, meglio
del mago Houdini, in debito sovrano degli Stati, poiché tutte le bolle
scoppiano, producendo recessione. E’ il sistema, signori, l’instabilità
finanziaria è un fatto endogeno ai mercati.
Ovvio, la crisi passerà solo quando si
investirà, il denaro riprenderà a circolare e si tornerà a pensare al
futuro. E’ un sogno, lo proibisce la superstizione monetarista, il dogma di
una credenza eretica basata sulla scarsità del denaro. I suoi adepti
sembrano quei santoni televisivi che predicano la salvezza e la povertà, ma
si riempiono le tasche con le offerte degli sciocchi. Le banche centrali
annunciano che non ci sarà più l’espansione quantitativa addizionale,
ovvero non compreranno più titoli del debito sovrano con denaro
inesistente, creato illusionisticamente, prestigiatori che traggono il
coniglio dal cappello e una colomba dalla giacca.
Non esiste margine di politica
monetaria nell’eurozona, si lamentano gli stessi che hanno accettato gli
assurdi criteri di Maastricht che impediscono, tra le altre cose, l’uso
della politica fiscale, strumento basilare in tempi di recessione. Ma cos’è
questa crisi, se non rimediamo all’incredibile suicidio collettivo con il
quale abbiamo ceduto alle banche la sovranità monetaria? L’insolvenza
del debito privato, lo capisce anche un ragazzo della ragioneria, attiverà
una crisi del debito sovrano specie nei paesi privi di sovranità monetaria.
Il prezzo di azioni e obbligazioni proprie viene manipolato con
acquisizioni d’impresa e riacquisti, il tutto finanziato con prestiti a
basso interesse e emissione di titolo spazzatura.
Le imprese zombie si finanziano con i
nostri soldi attraverso banche irresponsabili, siamo noi del parco buoi,
diventati ignari investitori a rischio, a sottoscrivere decine di pagine di
avvertenze. Nella prima fase recessiva, quella scoppiata nel 2007/2008,
l’immondizia la sparsero le banche di sistema, attraverso i CDO, acronimo
di Obbligazione Collateralizzata con Debito; nella lingua della strada
significa che la garanzia del debito era un altro debito. Assurdo, ma ci
abbiamo creduto. La nuova via, poiché la vita è sogno ma anche incubo, sono
i CLO (Collateralized Loan Obligation), obbligazioni garantite da crediti
originati da prestiti. Fantastico, è lo stesso concetto con un altro nome,
ma assai attraente in tempi di bassi tassi di interesse.
Non c’è alternativa, o forse sì.
Bisogna pensarci in fretta. Le soluzioni passano per l’abbattimento dei
pilastri del neoliberismo. Ci vorrà tempo, ma la crisi passerà. Primo
obiettivo il pieno impiego, abbandonato dopo l’adozione dell’agenda
neoliberale. Non c’è altra via che ripristinare, in qualche forma, la
sovranità monetaria. E’ di vitale importanza una politica energetica che
tenga conto del cambio climatico, lontana dalle tasse ecologiche alla
Macron, causa della giusta rivolta dei gilet gialli.
Piaccia o meno ai liberali, è
necessario incrementare i salari minimi, contro i dogmi dei sacerdoti della
flessibilità nel mercato del lavoro. Terzo, si devono interrompere i
processi di privatizzazione dei servizi pubblici, scuola, sanità,
trasporti. Infine, ridisegnare il sistema di imposte che ridistribuisca il
reddito senza punire l’attività produttiva, nella speranza di ridurre
sensibilmente, a medio termine, la più ingiusta delle tasse, l’IVA che
grava soprattutto sui più deboli. Non si può continuare con l’evasione ed
elusione massiccia dei giganti della tecnologia: miliardi perduti ogni
anno.
Un libro dei sogni, forse, ma che
cos’è questa crisi, se non l’oppressione imposta da una minoranza? Una
condizione necessaria, per quanto insufficiente, è ridurre il sistema
bancario alla dimensione dell’economia reale. Ci rimetteranno banchieri e
azionisti, ma non si può prescindere dalla ristrutturazione del debito
globale, aritmeticamente impagabile oltreché basto su una menzogna
iniziale.
Il processo di finanziarizzazione va
limitato una buona volta. Lo strumento è il ripristino di poteri pubblici,
anche di tipo nuovo, capaci di mettere sotto osservazione i centri
finanziari e controllare le reti di telecomunicazione attraverso cui corre
la finanza virtuale. La vecchia, saggia legge bancaria che separava le
banche di investimento e gli istituti commerciali va reintrodotta. Il
lettore si sarà persuaso che proponiamo una rivoluzione: è così, ma non
possiamo fare altrimenti davanti al Leviatano neoliberista. Non c’è
medicina, solo chirurgia. Urgentemente, va proibito lo sporco mercato dei
derivati nel settore dell’energia, delle materie prime e dei prodotti
agricoli. Non si fa trading su quelli che dobbiamo tornare a chiamare beni
comuni, proclamandone l’indisponibilità alla speculazione. Non si gioca
d’azzardo con il pane, l’acqua e l’energia, cioè con la vita.
Ricentrare il sistema sull’economia
reale richiede probabilmente, insieme con la sovranità monetaria, una
valuta internazionale di riserva. Potrebbero esserlo, debitamente
riformati, i DSP, i diritti speciali di prelievo, l’unità di conto del FMI,
ricavati da un ampio paniere di valute nazionali. Determinerebbero una
certa stabilità finanziaria, eliminando i problemi causati dall’uso di
monete di economie la cui crescita si basa sul credito, azzerando il
primato del dollaro. Idee, solo idee, magari non nuove, senza dubbio
oggetto del disprezzo e del ridicolo del sistema. Il cambiamento ha
un’unica possibilità: il ritorno al reale unito al ritorno al morale.
Non si esce da una lunga crisi di
civiltà se non si prende atto che il sistema è malato e marcito perché
immorale e privo di principi. La via d’uscita è una rivolta ideale che
vincoli i rimedi pratici ai criteri dell’etica e della dignità della
persona, calpestati da un regime sociale ed economico rivoltante. Ecco
cos’è questa crisi.
|
Nessun commento:
Posta un commento