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"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

Le elezioni in Italia sono solo un'inutile farsa, rimarrà sempre una colonia degli USA

Non commento l'articolo sottostante dell'amico Francesco Mazzuoli perché la penso esattamente come lui. Il nostro paese è l'emblema mondiale di come la democrazia sia solo una farsa e la politica sia gestita da attori che recitano un copione, sempre lo stesso, basato su promesse fasulle, che gli elettori (sempre di meno) seguono come fosse un programma televisivo demenziale e tifano come a una partita di calcio. E' un paese colonizzato governato da parassiti, servi sciocchi e utili idioti, molto ben remunerati, che svolgono un ruolo di intrattenimento, ma purtroppo non fanno ridere come i cabarettisti, perché non posseggono neppure il seppur minimo talento e senso dello humor. Una situazione penosa. Claudio


Elezioni in un Paese occupato

DI FRANCESCO MAZZUOLI
Era il 1908 quando Gilbert K. Chesterton osservava acutamente: “Stiamo procedendo nella direzione che porterà a creare una razza di persone troppo modesta intellettualmente per credere nella tavola pitagorica.” Più di un secolo dopo, possiamo dire che era un ottimista. É questa la ragione per cui non ho dubbi che questo mio pezzo non circolerà quanto dovrebbe.
Tuttavia, considerando la faccenda con il distacco dello studioso di propaganda, non si può fare a meno di notare come anche all’interno del cosiddetto “anti-sistema” il frame, la cornice interpretativa, all’interno della quale le elezioni italiane sono presentate, manchi del dato fondamentale: le elezioni avvengono in un Paese occupato militarmente da più di settanta anni.
Secondo il sito della Treccani – noto covo di rivoltosi e di cospiratori- le basi americane ufficiali in Italia sono 59 e, secondo gli stessi americani, la condiscendenza del governo italiano nei loro confronti è senza riserve.
La cosa non deve destare meraviglia, il servilismo da noi è ereditario come le palle degli stemmi nobiliari, e ha largamente ispirato la nostra letteratura, dalla famosa invettiva dantesca “Ahi serva Italia, di dolore ostello… non donna di province, ma bordello!”, ad “Arlecchino servitore di due padroni” di Carlo Goldoni.
Non bisogna, poi, mai dimenticare che il nostro Paese uscì sconfitto dalla seconda guerra mondiale e come tale fu considerato nel trattato di pace del 1947.
Lo storico Gioacchino Volpe, a guerra non ancora conclusa, scriveva amaramente alla moglie che l’Italia si avviava a diventare un Paese irrilevante, una grande Grecia, e sognava un futuro in cui i giovani si sarebbero ribellati al loro destino di bagnini (Gioacchino Volpe, Lettere dall’Italia perduta, Sellerio). Parole profetiche col senno di poi, ma di semplice buon senso per chi non si fosse venduto alla propaganda dei vincitori.
Il mito della “liberazione” già imperversava, in un Paese bombardato, di straccioni in ginocchio con il piattino dell’elemosina in bocca in cui venivano gettate caramelle e chewing gum, indebitato con la carta straccia delle AM lire, e comprato a saldo stralcio con i soldi del piano Marshall: come non avere davanti agli occhi lo squallido spettacolo di De Gasperi, ritornato dal viaggio in USA sventolando il nostro nuovo vessillo, l’assegno con il quale era stata appena comprata la fedeltà italiana?
In Africa si sarebbe chiamata corruzione, in Europa si cominciò a chiamarli aiuti.
Basterebbe dare un’occhiata al libro che Cossiga licenziò nei suoi ultimi anni, dal titolo emblematico, Fotti il potere, per comprendere che in Italia non si è mai mossa foglia che zio Sam non voglia, a partire dal condizionamento delle elezioni del 1948, operazione che costituisce uno dei primi grandi successi della CIA, creata soltanto un anno prima.
Venne poi il “miracolo italiano”, all’interno della più generale prosperità dell’Europa occidentale, benessere – si badi bene – voluto dai padroni americani per disporre di nuovi mercati e allontanare le sirene della propaganda social-comunista.
Quando tale benessere diffuso non fu più così necessario (nel 1979 un rapporto del KGB già annunciava la futura implosione del sistema sovietico), e mentre negli Stati Uniti la componente finanziaria acquisiva sempre più rilevanza e spingeva per un diverso modello di sfruttamento economico dei paesi occupati, cominciò a stringersi il cappio insaponato dell’europeismo.
Infatti – in modo assai diverso da quanto viene raccontato, per cui sarebbe il parto spontaneo di pacifisti ispirati da alti valori umani di collaborazione tra i popoli – il progetto europeista, come mostrato indubitabilmente dallo storico Joshua Paul, altro non è che un progetto americano, teso a tenere sotto il proprio tallone l’Europa occidentale e impedire che una potenza antagonista possa mai ergersi a minacciare la supremazia americana in quest’area geopolitica cruciale.
Non occorrevano troppi documenti desecretati per capirlo: invito chi abbia tempo (con la disoccupazione quello non manca, bisogna vedere, però, se è possibile ancora pagarsi una connessione internet) a vedere o rivedere il famoso film Vacanze Romane, con il quale Hollywood riuscì a trasformare una commediola sentimentale in un pretesto per parlare della bontà e necessità della cooperazione tra i popoli europei. Siamo nei primi anni cinquanta, anni in cui si intensificarono gli sforzi americani in questa direzione, e non a caso il film fu girato proprio a Roma, sede nel 1957 di uno storico trattato istitutivo della CEE. (Per altro – cari amici incantati dai film e serie tv americane, sorbite assieme a bevande zuccherate che fanno la gioia dei dietologi – Hollywood funziona a tutt’ oggi, così, con i suoi divi di Stato cui potreste assomigliare se il chiururgo plastico fosse un filantropo: ecco, per gli scettici, una Angelina Jolie in una conferenza congiunta con il Segretario Generale della NATO.
Il crollo della Unione Sovietica, fornì dunque l’occasione per dare una vertiginosa accelerazione al progetto europeista, con la riunificazione tedesca (Andreotti, con finezza, ebbe a dire: “La Germania mi piace così tanto che ne preferivo addirittura due…”), e il famigerato trattato di Maastricht, che ci avviava, nel silenzio dei media, verso le nostre magnifiche sorti e regressive.
Il progetto è stato costruito dagli strateghi americani per ruotare intorno al ruolo predominante (precisamente di sub-dominio rispetto agli USA) della Germania, conferendo ad essa un esorbitante vantaggio al fine di tenerla saldamente legata al carro atlantico e di distoglierla da tentazioni di liaisons con la Russia, esiziali per gli interessi geopolitici a stelle e strisce.
In questo quadro, l’euro nasce appositamente per conferire alla Germania uno straordinario vantaggio economico ed è per questa ragione che non può essere smantellato.
Alla luce di quanto sopra, si comprende, ora, perché, se non spiegato nei suoi reali termini, che varchino l’ottuso semplicismo dominante, l’appello no euro è soltanto un argomento demagogico per raccogliere consenso?
E se non foste ancora convinti, avete notato la casuale coincidenza per la quale, avvicinandosi le elezioni, l’uscita dalla moneta unica sia sparita magicamente e all’unisono da tutti i programmi partitici? Come Salvini abbia dichiarato che la NATO non si discute e Di Maio si sia recato addirittura a Washington a giurare fedeltà al padrone? Dopo anni di propaganda convegni e il libriccino Basta euro, al momento di fare sul serio e di proporsi come potenziale forza di governo, la Lega ci presenta come soluzione alla morte del Paese, l’emissione dei “mini bot”, perché – udite – “non violano i trattati”. Ci rendiamo conto di quale dichiarazione di sudditanza, di impotenza, di servilismo e di mancanza di coraggio è contenuta in questa proposta da piattino in bocca? Di quali statisti in pectore si tratti?
Eh sì, nonostante il potere – quello vero, che detta l’agenda europeista e dei media – metta in scena la commedia degli opposti estremismi, sono lontani i tempi del sangue contro l’oro, e ancora più lontani quelli del sangue contro l’euro…
C’è, infatti, una tragica verità, che nessun politico vi dirà mai (anche se qualcuno ha suggerito qualche indizio ): l’unificazione europea prevede il sacrificio dell’Italia, la colonia più servile, la più indifesa, per motivi storici e antropologici.
Chi si opponeva a questo progetto di marginalizzazione del Paese: Moro, Craxi, parte della Dc, è stato eliminato con Tangentopoli e il Paese è stato immolato agli interessi americani e dei loro alleati privilegiati (in primis la Germania e subito dopo la Francia), che lo divorano a brani, grazie allo zelante collaborazionismo della nostra classe dirigente, che quando non è venduta è perché non trova acquirenti.
Nel nostro letto di Procuste, attendiamo adesso fiduciosi l’ultima aggressione al succulento boccone del nostro risparmio, che ancora tiene in piedi, assieme alle pensioni e alle case di proprietà (i soprammobili sono già al Monte dei pegni), un territorio – non è mai stata una nazione e non è più nemmeno uno Stato – con oltre il trenta per cento di disoccupazione effettiva.
Questa è, in estrema sintesi, la storia; il resto è propaganda. E non c’è un solo partito o sedicente tale che si presenti alle elezioni raccontandovi la verità.
Siamo un paese occupato. E in un paese occupato, le elezioni non sono soltanto inutili, sono una farsa.

Francesco Mazzuoli
Fonte: www.comedonchisciotte.org
24.02.2018

La mafia nigeriana antropofaga e tribale sta invedendo l'Italia



Intervista al criminologo e psichiatra Alessandro Meluzzi

Omicidio Pamela, Meluzzi: "Orrore importato con i barconi. Questa immigrazione è una catastrofe"

"Mattanze simili in Nigeria sono la normalità. Una massa di 650.000 disperati provenienti dall'Africa creano un problema di ordine pubblico insormontabile. Diventeremo come Lagos, dove per rubarti un orologio ti tagliano il braccio con un machete"

Marco Dozio
- 15 Febbraio 2018 alle 21:02
Omicidio Pamela, Meluzzi: "Orrore importato con i barconi. Questa immigrazione è una catastrofe"
Foto da Facebook
Alessandro Meluzzi, psichiatria e criminologo, ha lanciato l’allarme in tempi non sospetti sui pericoli per l’ordine pubblico connessi a un’immigrazione indiscriminata, quindi sul massacro di Pamela Mastropietro tra i primi, in un video che ha totalizzato un numero enorme di visualizzazioni, ha parlato di elementi rituali nell’omicidio e di legami con la mafia nigeriana.

Meluzzi, la procura si affretta a smentire la tesi dei riti della mafia nigeriana collegati alla mattanza di Pamela.
In Nigeria gli omicidi sono quasi tutti rituali. Ed è paradossale affermare che gli indagati non avessero nulla a che fare con la mafia nigeriana. Fosse così, per certi versi sarebbe ancora più grave: vorrebbe dire che è sufficiente essere nigeriani non mafiosi per commettere un omicidio rituale, perché di questo si tratta. In ogni caso, è impossibile fare lo spacciatore nigeriano a Macerata senza far parte della mafia nigeriana: non penso che l’eroina se la procurassero al supermercato, è evidente che il rifornimento di uno spacciatore al minuto nigeriano non può che avvenire dalla mafia nigeriana, come racconta la Direzione investigativa antimafia. Sarebbe come dire che è possibile fare l’usuraio a Corleone senza essere della mafia.

Sulla portata di questa mafia “d’importazione” vige una sorta di tabu mediatico? È in atto una sottovalutazione del fenomeno?
Il martirio della povera Pamela è servito a puntare un faro sul terrore che suscita la presenza della mafia nigeriana in Italia. Stiamo parlando di un sodalizio criminale che gestisce in sostanziale monopolio lo spaccio di droghe pesanti al minuto, quindi la prostituzione minorile, il racket, le truffe online e l’accattonaggio capillare fuori da negozi e supermercati: coloro che fanno l’elemosina a questi personaggi, in grado di incamerare anche 100 euro al giorno di cui trattengono pochi spiccioli, sappiano che quel denaro viene spedito in Nigeria per essere reinvestito in droga e armi. Il martirio di Pamela è la punta dell’iceberg dell’orrore. Sulla crescita esponenziale di questa forma di criminalità nel nostro Paese ci sono le dichiarazioni dell’ex procuratore nazionale antimafia Roberti, secondo il quale la mafia nigeriana è la più pericolosa e aggressiva al mondo e ricorre a riti sacrificali. E noi tutto questo l’abbiamo importato con i barconi. Di fronte a un quadro simile, il grado di coinvolgimento degli indagati nella mafia nigeriana o il tasso di ritualità e di cannibalismo nella vicenda di Pamela, diventano, per assurdo, quasi aspetti secondari.

Lei si è chiesto perché le associazioni e le icone antimafia non si mobilitano.
Associazioni antimafia e intellettuali non paiono particolarmente attivi nelle operazioni di denuncia civile. Vorrei che Libera, Saviano, don Ciotti, Caselli si occupassero di questa terrificante mafia del futuro con la stessa attenzione con la quale si sono dedicati alle mafie del passato e del presente. Mi aspetto di vedere manifestazioni e presidi di Libera in questo senso. Forse non è ancora successo per una preoccupazione che attiene al politicamente corretto: il timore di apparire razzisti. Non vorrei che dietro questo pregiudizio antirazzista si nascondesse l’ebetismo. Siamo di fronte a una vera minaccia per la sicurezza nazionale.

Inizialmente è stata accreditata l’ipotesi che Pamela non fosse stata ammazzata, ma “solo” occultata e vilipesa e che quindi i responsabili di questo orrore non fossero assassini.
Pareva ci fosse la volontà, non so se dichiarata o supposta, di far passare questo orrore come l’incidente di percorso di una tossica che muore per overdose in una casa, con un tale che essendosi spaventato cerca di occultare il cadavere. C’è stato il tentativo di derubricare questa vicenda terrificante, questo reato collettivo di probabile stupro e di omicidio con scempio del cadavere, a incidente di percorso. Ma i fatti, come diceva Lenin, hanno la testa dura.

Lei un anno fa a Matrix parlò proprio dei rischi legati a una deriva di tipo nigeriano a causa dell’immigrazione massiva.
Dissi che 650.000 disperati in Italia, provenienti dall’Africa subsahariana, creano un problema di ordine pubblico insormontabile. Se non si corre ai ripari, tra un anno la situazione sarà totalmente ingovernabile. Anche perché gli sbarchi sono ripresi massicciamente. E buona parte di chi arriva proviene dalla Nigeria, piaccia oppure no. Dobbiamo aspettarci un’Italia che assomiglierà sempre di più a Lagos, dove se devono rubarti un orologio, ti tagliano il braccio con un machete. O a Benin City, dove i riti voodo di mangiare i cuori sono quotidiani. Mattanze come quelle di Pamela, da quelle parti, rientrano nella normalità. Ma questo non si deve dire, il mainstream cerca di mettere il silenziatore. L’irresponsabilità delle èlite è terrificante, addirittura autodistruttiva, fatico persino a spiegarmela: “Dio fa diventare pazzi coloro che vuole distruggere”, spero che questo non lo si debba dire del mio amato Paese.  

Italia, è emergenza demografica. Assente una seria politica di sostegno alla famiglia

L'articolo che vi propongo non richiede particolari commenti. In Italia mancano totalmente serie politiche di sostegno alle famiglie e la responsabilità è indubitabilmente dei politicanti privi di qualsiasi senso dello stato e lungimiranza. Basti citare il fatto che in Germania a tutte le famiglie quando nasce un figlio viene concesso un sostegno economico fino alla maggiore età, che se non venisse utilizzato consentirebbe di accumulare circa 50mila euro, coi quali si garantirebbe l'accesso agli studi universitari e qualche anno di respiro nella ricerca di un lavoro. Evito di citare quanto fanno altri paesi europei per destare ulteriore sofferenza nei lettori italici. Claudio.


Italia, è emergenza demografica

Tatiana Santi per Sputnik Italiahttps://it.sputniknews.com/opinioni/201802115637250-Italia-emergenza-demografia-nascite-popolazione/

12 febbraio 2018

Nascite ai minimi storici nel 2017, italiani sempre più vecchi. I recenti dati Istat fotografano un bilancio della popolazione alquanto allarmante. Che futuro vi può essere senza bambini? Italia, è emergenza demografica.
Sarebbero 100 mila in meno gli italiani rispetto all'anno precedente, secondo i dati rilevati dall'Istat è stato battuto un nuovo record storico per il crollo delle nascite, un 2% in meno in confronto al 2Al di là degli articoli apparsi sui giornali in seguito al rapporto sui dati di quest'anno, accompagnati dai corrispettivi annunci politici in campagna elettorale, la crisi demografica non sembra occupare un posto centrale nelle priorità della classe politica. Effettivamente le conseguenze di quest'emergenza si produrranno nel medio lungo periodo, perciò, secondo le regole del gioco elettorale, il problema può anche attendere.
Gli italiani non fanno più figli, perché? Che futuro può esserci senza nascite e che cosa rischia il Paese senza affrontare quest'emergenza? La politica passerà mai ai fatti in questo senso?
Sputnik Italia ha raggiunto per un'intervista Gian Carlo Blangiardo, professore di demografia all'Università di Milano-Bicocca.
— Secondo i recenti dati ISTAT gli italiani sono sempre più anziani. Nel 2017 si è registrato un crollo delle nascite, un ennesimo record negativo. Professore Blangiardo, possiamo parlare di una vera e propria emergenza demografica?
— Assolutamente sì. Siamo abituati a parlare di crisi economica e dell'importanza di uscire dal tunnel. Abbiamo dimenticato che nello stesso tempo in cui la crisi economica c'è stata ed è forse finita, si è sviluppata un'altra crisi, ancora più rilevante, quella demografica.
I dati dell'altro giorno ci hanno segnalato che effettivamente esiste un grosso problema. Se non ci sarà in tempi rapidi un'inversione di tendenza rischiamo di trovarci di fronte a dei cambiamenti, che poi saranno estremamente difficili da gestire e modificheranno la stessa qualità di vita della popolazione.
— Spesso si sente dire che i giovani non vogliano più creare famiglia e che lo stile di vita sia cambiato. Probabilmente mancano anche le possibilità. Quali sono i motivi per i quali non si fanno più figli?
— In realtà c'è uno scollamento fra ciò che si vorrebbe e ciò che si fa. Di fatto il modello ideale dei due figli per donna è abbastanza ricorrente. In fondo le coppie vorrebbero avere due figli, poi in realtà ne hanno 1,3, molto spesso quindi uno solo, perché è una corsa ad ostacoli. Si parte con l'idea, si incomincia tardi perché si creano le coppie tardi, perché c'era da studiare, trovare un lavoro e via dicendo. Il primo figlio arriva spesso quando l'età è un po'più avanzata rispetto al passato e i tempi per il secondo restano in sospeso, perché ci si rende conto che va gestito questo bambino. Non vi sono grandi aiuti a disposizione spesso, si scoprono inoltre tutti i problemi che nascono nell'essere genitori. Questo fa sì che il gioco sia a rinvio, spesso l'età avanza e poi non si realizza più i propri progetti.
— Spesso il problema è la mancanza di stabilità e l'assenza di un lavoro. Fattori che fanno paura per affrontare questo importante passo, non crede?
— Certamente, ci sono aspetti economici di corso diretto, spesso vi sono situazioni che in qualche modo creano incertezza nella capacità di sostenere il peso di una famiglia con figli. Una volta c'era più capacità e propensione a rischiare indipendentemente dall'avere o meno delle garanzie. Oggi si è più propensi a fare il passo solo se vi sono le condizioni per poterlo fare. Questo porta al gioco del rinvio che, di fatto, poi è una rinuncia.
— È una crisi molto spesso ignorata e sottovalutata dai politici, è d'accordo?
— Sì, è una crisi sottovalutata anche dai mezzi di comunicazione. Al di là delle giornate come queste, in cui arriva il comunicato e poi tutti si lanciano a dire più o meno le stesse cose fino al prossimo comunicato, la cosa finisce lì.

Per quanto il tema sia importante e le conseguenze siano tutt'altro che trascurabili, i politici quando c'è l'occasione di questi giorni prendono posizioni, poi ognuno torna a fare quello che vuole. Non c'è la voglia di essere coerenti a certe posizioni e magari pagare il prezzo corrispondente. Siccome la coperta è corta, è chiaro che se si tira da una parte in qualche modo si scontenta qualcun altro.
Quindi per il politico, che ha le elezioni fra un mese o fra un anno, diventa un problema. La demografia produce i propri effetti quando si pagano interventi a medio lungo periodo, mentre la scelta politica e il confronto elettorale è nel breve periodo, questo è il vero problema che blocca la componente politica.
— A parole i politici rievocano questo problema, anche se non troppo spesso. Quando si arriva ai fatti tutti se ne dimenticano. Bisognerebbe investire più risorse per la famiglia, no?
— Le do un'indicazione. Pensi che esiste il volume "Rapporto sulla popolazione in Italia" della casa editrici Treccani nel quale ci sono le stesse problematiche uscite in questi giorni. La differenza è che questo volume è uscito nel 1980 e aveva come prefazione un intervento dell'allora presidente del Consiglio dei Ministri Francesco Cossiga. Nel 1980 molti di questi fenomeni, come l'invecchiamento e la diminuzione della fecondità, erano già stati evocati. Allora fra l'altro non si parlava ancora del problema dell'immigrazione. Quanti passi sono stati fatti in avanti dalla politica su una situazione ben nota?
— Quale futuro ci può essere senza giovani e soprattutto senza bambini? Quanto può durare questa situazione?
— Il grande problema del futuro è che in assenza di un ricambio generazionale ci troviamo con una quantità consistente di popolazione da assistere, tantissimi vecchi. Nel 2060 ci sarà almeno un milione e mezzo di persone con almeno 90 anni, oggi sono 700 mila. Tutti i discorsi della sanità e delle pensioni verranno assolutamente esasperati. A fronte di tutto questo la popolazione produttiva in seguito alla caduta della natalità sarà minore rispetto ad oggi.Avremo meno lavoratori produttori e molti più soggetti da sostenere e mantenere. Chiaramente è un grosso problema che fa saltare certi equilibri. Non è fantascienza, ma la realtà con la quale saremo inevitabilmente costretti a confrontarci. Anche chi credeva che l'immigrazione avrebbe sistemato tutto magicamente, si sta rendendo conto che non è così. Gli stessi stranieri nel 2017 hanno fatto meno figli rispetto all'anno prima. Anche la popolazione straniera sta adattandosi a quello che è il modello riproduttivo italiano.
— Speriamo che arrivino risorse e fatti concreti per evitare conseguenze drastiche.


— Ci vuole qualcuno che si prenda la briga di assumersi la responsabilità di decidere e di continuare su questa strada coerentemente alle decisioni prese. Bisogna garantire delle forme di aiuto secondo un certo modello che dia una mano alle famiglie a fare il proprio mestiere, quello di far nascere i bambini e di educarli. È un processo che deve avvenire con coerenza e con la garanzia di continuità nel tempo. Non puoi dare il bonus bebè un anno, fra l'altro non è una grande misura, e poi l'anno prossimo dimezzarlo o toglierlo. È una scemenza.

Gli USA sempre meno superpotenza e sempre più superdemenza ...

TROPPO OCCUPATO AD ABBATTERE TRUMP, IL DEEP STATE PERDE PEZZI D’IMPERO

Secondo Dedefensa, che dispone di spifferatori nell’eurocrazia di Bruxelles, “in incontri tra funzionari Usa ed UE, i primi hanno confidato ai secondi di essere “assolutamente stupefatti” dell’incursione della Turchia in Siria contro i curdi. Non avevano visto venire assolutamente nulla; han dovuto constatare con estrema irritazione che i militari turchi ,invece, avevano non solo informato i russi  delle loro intenzioni; ma ne avevano espressamente chiesto l’autorizzazione  (con la visita del capo di stato maggiore turco al capo di stato maggiore russo  a Mosca, forse con la venuta più dissimulata di un alto grado iraniano per la stessa  informazione e lo stesso semaforo verde). Anche quando i russi hanno ritirato i loro osservatori militari dall’area che i turchi hanno preso di mira, i  pianificatori Usa, che erano informati della cosa (leggendo i giornali, perché la visita era stata annunciata pubblicamente) non  hanno creduto un secondo alla possibilità effettiva  di un  attacco della Turchia”.
Parimenti,  ora è chiaro che il governo della Corea del Sud “non ha assolutamente consultato Washington” sui suoi contatti con il Nord, che hanno portato alla decisione  di partecipare come una Corea sola ai giochi olimpici invernali di Pyongyang: un colpo mediatico e politico di prima grandezza.  Lo  sappiamo dalle fonti  diplomatiche di Pechino, che  – invece  – è stato tenuto al corrente fin dai primi contatti, e non tanto da Kim, ma dalla Corea del Sud. L’alleato  americano occupato dall’esercito americano.  Di cui quindi i servizi Usa dovrebbero ignorare nulla.
Sembra insomma che le 17 agenzie di spionaggio , intelligence eccetera, insomma il Deep State, sia così concentrato nello sforzo supremo ed unico di contrastare e rovesciare Trump, da aver cessato di fare  il suo lavoro di intelligence imperiale. E così assorbito dalla politica interna, da farsi sorprendere dalla politica estera e i suoi eventi epocali.
Lo adombra anche The Saker a proposito della lista di personalità e imprese   russe che minaccia di sottoporre a sanzioni.  Premesso che la vera opposizione a Putin è interna all’elite di potere, un gruppo informale e potente di  miliardari col pelo  sullo stomaco, banchieri e oligarchi detti “Integrazionisti  Atlantici” perché vogliono integrare la Russia alle istituzioni “dell’impero anglo-sionista: WTO, NATO, UE eccetera”, la lista americana di proscrizione  colpisce questi “atlantisti” mescolati senza distinzione coi “sovranisti eurasiatici”.
“La lista  non fa assolutamente distinzione fra i due gruppi”, e minaccia (non lo ha ancora fatto) di elevare sanzioni – ossia rovinare i loro business all’estero in Occidente – agli uni e agli altri. Solo che è difficile che i “sovranisti”abbiano conti correnti all’estero, perché il loro gruppo lo considera non-patriottico; invece è certo che  sono  i miliardari  atlantisti,  ad avere affari miliardari con l’Occidente.  Il più importante dei quali è  Mikhail Fridman, il  padrone di Alfa Bank  (la più grande del paese)  e di un conglomerato internazionale la cui finanziaria ha sede in Lussemburgo, e controlla società tedesche, britanniche, catene di negozi olandesi  eccetera. Un  personaggio con doppia cittadinanza  israeliana,  valutato 16,2 miliardi di dollari,  che l’agenzia Bloomberg ha lodato con queste parole: “Non tutti i miliardari russi sono compari di Putin” (http://www.themalaymailonline.com/opinion/bloomberg/article/not-all-russian-billionaires-are-putins-pals-leonid-bershidsky)
La sua Alfa Bank  aveva appena  annunciato, all’inizio di gennaio, di  tagliare ogni rapporto con le industrie russe della difesa per timore di sanzioni americane…
https://www.rt.com/business/415021-alfa-bank-defense-sanctions/
Ebbene: l’israeliano Fridman è nella lista di proscrizione USA (Appendix II, entry #23). La strategia di “tagliare la Russia dall’Occidente” danneggia i Fridman  e simili, amici dell’Occidente. Insomma questa minacciosa lista colpisce a casaccio,  e sembra soprattutto rivolta a soddisfare  l’incubo della narrativa  cui il Deep State si aggrappa sempre più disperato: Trump  è un uomo di Putin, quindi bisogna impedirgli ogni  avvicinamento a Mosca, anzi fargli fare la guerra alla Russia e  continue provocazioni.
E’ vero che la lista è anche un insulto gratuito ed una violazione gravissima del diritto, in quanto elenca anche le personalità del governo (fra cui Lavrov e Medvedev)  che quindi vengono bollati come mascalzoni  e  corrotti, oltreché nemici.  Ma come ha  notato Dimitri Orlov, gli Stati Uniti si sono messi da soli fuori dalla gara per la leadership internazionale: “ perché la leadership internazionale si basa sul rispetto del diritto internazionale e sulla capacità di costruire un consenso internazionale su questioni chiave, mentre il comportamento americano è l’opposto”.  Dal riconoscimento di Gerusalemme come unica capitale ebraica sputando sul fatto  che “è anche la capitale della Palestina ed è sotto occupazione illegale israeliana non riconosciuta dal diritto internazionale”, le violazioni e strappi da parte degli Usa degli impegni da essi stessi sottoscritti sul piano mondiale, non si contano: effetto, come nota The Saker, del dominio ideologico  del “diritto talmudico”  (infantilmente suprematista)  che ha preso possesso della politica estera Usa, ma che danneggia, alla lunga, la stessa statura di Washington come partner globale affidabile.
http://sadefenza.blogspot.it/2018/02/di-che-colore-e-la-tua-palla-da.html
“Nello specifico  – ricorda infatti Saker –  ha virtualmente eliminato la capacità della diplomazia statunitense di partecipare ai negoziati politici sul futuro del Medio Oriente, lasciando il campo aperto a Russia, Iran e Turchia”  e ottenendo che né Ankara né Seul ormai  si curano di rispettare la superpotenza.
Questi due stati non particolarmente potenti hanno preso atto che i diktat americani possono  essere trascurati senza  conseguenze, hanno cessato  di rispettarne la leadership internazionale, e non li informano, rendendolo un mostro cieco.
Obbediente al mostro  invece resta  l’Europa,  anch’essa a dominio talmudico. Washington ordina nuova sanzioni, e Berlino, Parigi, Roma, eseguono – a   proprio danno, e senza nemmeno chiedere qualcosa in cambio.  Come ha scritto il Deutsche Wirtschaft  Nachrichtenn.
“L’inviato speciale degli Stati Uniti per il conflitto in Ucraina, Kurt Volker, chiede all’UE di includere più oligarchi russi nella loro lista delle sanzioni contro la Russia.  “È importante che la Russia veda che questo non è un problema statico (…). È una questione dinamica e il costo della Russia continuerà a salire a meno che non provi seriamente a portare la pace in Ucraina. La Russia non cambia la sua posizione in alcun modo. Ecco perché dobbiamo aumentare il costo che la Russia deve subire. È importante che la Russia riceva il messaggio che [le sanzioni] continueranno. Che non c’è alcuna rottura qui [nell’Alleanza Occidentale] e loro (le sanzioni, ndr) rafforzeranno col tempo “.
Il riferimento di Volker alle sanzioni “dinamiche” si riferisce all’elenco di celebrità russe rilasciato a Washington questa settimana. Il rapporto fa parte del Sanctions Act “Contrast of American’s Adversaries Through Sanctions Act” (Caatsa). Sebbene non ci siano sanzioni contro le persone interessate. Ma può essere molto rischioso per le banche fare affari con queste persone – perché gli Stati Uniti possono sempre agire in modo incalcolabile per tutti i soggetti coinvolti.
Una fonte anonima statunitense ha dichiarato all’UE Observer che il nuovo rapporto ha portato alla “lustrazione” della “rete Putin”. “Aumenterà il profilo di rischio di fare affari con queste persone (…) e potrebbe portare alcuni dell’élite russa a mettere una certa distanza tra loro e il grande capo [Putin] “, ha detto la fonte.
Esistono due versioni del rapporto: uno è pubblico e l’altro è sotto chiave, il che rende particolarmente delicati i rapporti con gli uomini d’affari russi: il FT sostiene che è probabile che il rapporto segreto contenga molti nomi di subordinati e uomini d’affari.
Le sanzioni e le liste nere degli Stati Uniti con nomi di oligarchi russi sono state introdotte a causa della crisi ucraina e della presunta ingerenza russa nelle elezioni americane  (sic!) denunciata  da parte di numerosi politici statunitensi. L’UE ha anche creato liste nere negli ultimi anni. Tuttavia, questi erano solo legati alla crisi ucraina .
L’UE pubblica la lista nera a marzo
L’UE pubblicherà la sua nuova lista nera all’inizio di marzo 2017. Contiene 160 nomi. Ma pochi, come Arkady Rotenberg e Konstantin Malofeev, sono oligarchi, mentre la maggior parte sono funzionari russi o parlamentari il cui elenco esercita poca pressione sul Cremlino.
“Alcuni governi europei volevano (…) revocare le sanzioni. Ma questa non è la visione della maggioranza ed è cambiata a intervalli regolari di sei mesi. Non solo dovrebbero essere rigorosamente implementati, ma dovremmo monitorare attentamente la loro implementazione e dare una nuova occhiata a come vengono applicati, a chi si rivolgono e come vengono aggiornati “. disse Volker.
Diplomazia degli Stati Uniti nell’UE
(capo di Stato maggiore della Difesa della Gran Bretagna, generale Nick Carter: Mosca è una minaccia lampante ed imminente).
Ma Kurt Volker non è responsabile del coordinamento delle sanzioni statunitensi e dell’UE contro la Russia. Questo compito è responsabilità di David Tessler, un esperto del Dipartimento di Stato americano.
Lo scorso autunno gli Stati Uniti “hanno consultato” estensivamente l’ufficio estero dell’UE in merito all’attuazione di Caatsa. L’Ufficio Esteri dell’UE  [Mogherini]   ha dichiarato all’Osservatore europeo di avere “regolari contatti con gli Stati Uniti su tutte le questioni sanzionatorie per salvaguardare l’unità transatlantica e continuare a massimizzare l’impatto delle nostre misure restrittive. Questi contatti erano intensi e mantenuti da varie autorità statunitensi “.
Linas Linkevicius, il ministro degli Esteri della Lituania, afferma che l’UE può imparare da Caatsa una lezione: è una misura efficace se l’élite imprenditoriale russa è presa di mira. “Le persone sono in allerta in Russia e sanno cosa si sta preparando negli Stati Uniti [il rapporto Caatsa]. Sappiamo anche delle nostre fonti e dell’opposizione in Russia, che affermano che questo tipo di sanzioni individuali è davvero importante “, ha detto Linkevicius.
La Lituania ha recentemente aggiunto 49 russi alla lista nera con l’accusa di violazioni dei diritti umani. La legge pertinente si chiama legge Magnitsky.
Anche Stati Uniti, Canada, Regno Unito ed Estonia hanno leggi Magnitsky. Anche Linevicius vuole leggi di Magnitsky a livello europeo, che vengono sempre trasmesse con l’accusa di violazioni dei diritti umani. Tuttavia, non vi è consenso all’interno dell’UE in merito”.
Forse sfugge che quel che vogliono i dementi, è la guerra  da combattere su  suolo europeo.   Ricordiamo che l’Economist è uscito, subito dopo Davos, con un numero speciale la cui copertina  annuncia: The Next War; e i cui articoli freneticamente “rivelano un irresistibile “bisogno di guerra” come bisogno urgente una sorta di eiaculazione in attesa, troppo a lungo contenuta….la  necessità, paradossalmente ma al contrario molto logicamente, della guerra come mezzo di sopravvivenza”.