Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996


"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

2017: FUGA DALL'EUROPA

2017: FUGA DALL'EUROPA


di Francesco Mazzuoli



Quando, per chi lo ricorda, uscì sugli schermi del nostro sventurato Paese 1997: fuga da New York di John Carpenter, regista di horror e fantascienza a basso costo con al suo attivo alcuni titoli preveggenti, (oltre a quello testé citato, l'inquietante Essi vivono), le immagini di quella pellicola ci sembravano fantasie lontane, fantascienza appunto.
Oggi, dopo decenni di sonno comatoso, anche l'italiano medio – quello che si agita per la sconfitta della propria squadra in trasferta, ma che continua a seguire imperterrito campionati truccati – inizia ad avvertire di essere precipitato in un mondo in cui la fantascienza è stata superata da una realtà mostruosa, tale da rendere 1984, di George Orwell, lettura di intrattenimento per scuole medie inferiori.
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Certo, chi fa parte della casta collaborazionista (la categoria più odiosa è quella dei radical chic), vive sempre alla grande – o almeno crede – e ci dirà tutt'ora, citando un articolo di Repubblica, che questo è il migliore dei mondi possibili, il regno della libertà e della democrazia, dove chi non può avere figli avrà persino un utero in affitto (e chissà se chi non può permettersi nemmeno un monolocale, potrà permettersi almeno quello...); con tanto tempo libero a disposizione da impiegare nei viaggi, nello yoga, nella meditazione, nei botox party, in cui ci si inietta un po' di botulino antirughe per apparire eternamente giovani.
Ma sorvoliamo sui rentiers e altri dorati cascami umani assimilabili: essi non pagheranno mai, per il semplice fatto che siamo noi a pagare per loro.

Passiamo alla classe media, o meglio ciò che ne rimane.
Chi – beato lui, perché oggi la schiavitù è una conquista - ha ancora un lavoro, tenta di esorcizzare la realtà con uno scambio di battute davanti alla macchina del caffè dell'ufficio sull'ultimo programma visto in tv; con un tradimento coniugale organizzato via smartphone (di marca, per carità!); oppure rifugiandosi nell'effige del salvatore di turno: Cristo è passato di moda, ora ci sono Grillo, Renzi, o qualunque uomo-immagine fabbricato dal sistema di potere per infinocchiare i diversamente intelligenti. Deluso anche dal movimento cinque stelle, visto l'impoverimento inesorabile, voterà il nascente cinque stalle.
Chi, invece, un lavoro non lo ha più, se ha potuto è emigrato, se non ha potuto, vive a ricasco di qualcuno (“per farsi amare” diceva Flaiano “bisogna farsi mantenere”); oppure è riverso in qualche angolo di strada da dove la visione della realtà non è offuscata dalle luci della televisione e dove “la durezza del vivere” che predica Monti (naturalmente per gli altri), gliene ha tolta anche la voglia.
Tuttavia, persino chi la propaganda, scientemente fin dai banchi di scuola, ha annichilito nelle proprie capacità di essere razionale – sempre che tra i bipedi a stazione eretta tali facoltà esistano (come qualcuno ha scritto, la migliore prova che esista vita intelligente nell'universo è che nessuno ha mai cercato di contattarci) – si rende conto che si sta materializzando un vero e proprio incubo e che le spiegazioni ufficiali – della tv, della stampa, dei governi - stridono con l'enormità dei fenomeni in corso: non ultima l'invasione programmata per sostituire gli attuali popoli europei.
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Quali sono queste spiegazioni ufficiali?
Be', la corruzione continua a spiegare quasi tutto. Sono tutti ladri: è per questo che dopo i quaranta cadono i capelli; il resto è dovuto alla cattiveria di Putin. Oltre siffatti “ragionamenti”, adatti alle classi differenziali del secolo scorso, c'è solo la globalizzazione, un altro concetto onnicomprensivo e spacciato per naturale, inevitabile e non storicamente determinato dai poteri dominanti.

Eppure, se esistessero in giro cervelli in grado di articolare un pensiero, ci si sarebbe posta una semplice domanda: come mai la corruzione c'è sempre stata, ma prima si stava meglio?
Certuni, anche grazie all'opera divulgativa di sparuti intellettuali, hanno capito che l'euro c'entri qualcosa. Ma quasi nessuno è andato avanti nella spiegazione. Del resto, andare avanti può costare la reputazione, la carriera, la vita: dipende quanto avanti si va e il coraggio – scriveva Manzoni - “uno non se lo può dare”, specialmente in un Paese, citando Longanesi, in cui sulla bandiera nazionale, dovrebbe essere scritto, a caratteri cubitali: “Tengo famiglia”.
E così, ben pochi hanno cominciato ad allargare l'orizzonte dello sguardo: l'italiano soffre di miopia e più di quanto gli è vicino non riesce a vedere.

Qualcuno, timidamente, ha cominciato a tirare in ballo l'Unione Europea, ma come se si trattasse di un'entità indipendente e non di un progetto americano, teso - all'indomani della seconda guerra mondiale - a mantenere in pugno l'Europa occidentale, impedendo di fatto che potenze antagoniste agli Stati Uniti potessero contenderne il dominio e, soprattutto, saldare i propri interessi con quelli russi, come è naturale vista la prossimità geografica.
In particolare, l'intendimento americano è stato – ed è - quello di impedire che la Germania si avvicini alla Russia e che rimanga strettamente legata al carro atlantico. L'euro è nato anche a tale scopo: favorire l'economia tedesca per dare alla Germania una posizione di predominio in Europa (precisamente di sub-dominio rispetto agli USA), che la distogliesse dalle tentazioni di pericolose liaisons con la Russia. Ed è, ovviamente, una delle principali ragioni per le quali la nefasta unità monetaria non viene smantellata (in questo modo, tra l'altro, lo Zio Sam, quando deve il cattivo in Europa, si traveste da tedesco e gli fa fare il lavoro sporco...).
Una volta per tutte, bisognerebbe far comprendere ai sonnambuli che ci circondano che non esiste “L'Europa”, né mai esisterà: essa è pura mistificazione della propaganda. Si tratta soltanto di una propaggine del declinante impero americano.
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In tale quadro, l'Italia è l'ultima delle colonie, il Paese servo per eccellenza, un Paese che non decide nulla e con una classe dirigente, politica e imprenditoriale, non corrotta perché rubi, ma corrotta perché collaborazionista e nemica della propria nazione e quindi degli interessi della maggioranza. Nel suo libro Omaggio agli italiani, la compianta Ida Magli ha raccontato come la nostra storia sia quella dei continui tradimenti delle élites ai danni dei governati, cioè nostri.
Purtroppo, è l'inevitabile portato storico di un processo di unificazione eterodiretto da potenze straniere, mistificato dai miti del Risogimento e risoltosi con una annessione del Meridione e nessun serio tentativo di creare una coscienza nazionale, pericolosa perché avrebbe potuto fare del nostro Paese una potenza autonoma e scomoda nell'arena geopolitica internazionale.
È qui, in questa mancanza di una visione storica elementare, che cadono gli illusori movimenti “sovranisti” – del resto praticamente risibili – che vorrebbero attecchire nella penisola.

Come ha scritto Gianfranco La Grassa, viviamo in un periodo che assomiglia agli ultimi decenni dell'ottocento, quando un altro impero, quello inglese, stava inesorabilmente declinando, a fronte dell'emergere di potenze antagoniste, su tutte gli Stati Uniti. E, oggi, sono proprio gli Stati Uniti che tentano di difendere la propria traballante supremazia, trasformando l'Europa in un fortino anti-russo, con una incessante espansione della Nato verso oriente, cercando di resistere, inutilmente, al vento inarrestabile della storia che sta proiettando nuovi attori globali (in primis Russia e Cina) verso il palcoscenico di un mondo multipolare.
Con tanti saluti all'eccezionalismo dello Zio Sam, è giunta l'ora che faccia le valigie e torni al di là dell'Atlantico a mangiare hamburger.

Ma lo Zio Sam non si arrende così facilmente: sta facendo di tutto per ritardare il suo ritiro nell'ospizio della storia e ha messo in opera la strategia del caos.
Il caos, infatti, è scientificamente organizzato ai confini dell'impero, per ostacolare il coagulo di nuove alleanze geopolitiche in funzione anti-americana che potrebbe ulteriormente accelerare la caduta della superpotenza yankee.
Regimi strategicamente importanti sono destabilizzati e rovesciati mediante falsi rivolgimenti spontanei, promossi e finanziati da ONG coordinate dalla CIA (il caso delle varie “primavere”, come dell'Ucraina); oppure manipolando il terrorismo - così come avviene almeno dagli anni settanta, quando la famigerata strategia della tensione insanguinò l'Italia con la messa in scena di opposti estremismi, per dar luogo a una restaurazione autoritaria decisa a Washington.
Secondo questo disegno, attraverso ripetuti attentati terroristici e l'invasione demografica è artatamente creata instabilità sociale nelle colonie europee, al fine di indebolirle e meglio controllarle, rendendo ancora più improbabile che si riorganizzino dal punto di vista geopolitico.
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Intanto, la distruzione delle organizzazioni statuali prosegue senza sosta, mediante la cessione della sovranità residua ad organismi sovranazionali centralizzati, non eletti democraticamente e controllati dalla longa manus di Washington.
Avanza, di conserva, la distruzione dell'identità dei popoli e del legame con il proprio territorio (l'incentivo all'emigrazione, o alla “libera circolazione”, come è chiamata nel linguaggio propagandistico, va proprio in questa direzione); e l'annientamento dei popoli stessi, fisicamente sostituiti con immigrati di culture differenti e inassimilabili, in modo da costruire un mosaico multietnico di interessi contrastanti e inconciliabili in nome di un interesse comune, che si riconosca in un territorio e voglia difenderlo. Il progetto imperiale prevede, infatti, anonimi territori coloniali, sprovvisti di storia comune e abitati da individui sradicati in perenne conflitto tra loro.
Anche i generi sessuali sono moltiplicati per aumentare divisione e conflittualità e l'omosessualità è salvaguardata e promossa perché – come aveva intuito la Magli ne La dittatura europea - è un modo astuto di sterilizzare la razza bianca (i mussulmani sono refrattari alla propaganda gay).

Dal punto di vista dell'ingegneria sociale, il progetto imperiale prevede la cancellazione della storia e della geografia (ecco la ragione per cui lo studio di quest'ultima è stata abolita dalla riforma Gelmini). Il modello della società globale è costituito da internet (tecnologia nata in ambito militare – Arpanet il suo nome originario - non a caso resa disponibile gratuitamente): una indistinta e virtuale rete mondiale (World Wide Web), abitata da un essere umano de-territorializzato, che esiste appunto in questo non luogo geografico e in un eterno presente, creato mediante la simultaneità degli scambi (tempo e spazio sono dimensioni collegate ed internet annulla l'una e l'altra).
Internet, ad oggi, è stato il più intelligente – direi geniale – cavallo di Troia della globalizzazione.
Geniale anche come strumento di controllo totale, capace addirittura di dare al suo utente controllato l'illusione della libertà e di ottenere spontaneamente, anzi con voluttà, informazioni sensibili che una volta i servizi segreti dovevano sudare sette camice per carpire. Neppure l'istituzione della confessione era arrivata a tanta perfezione. (Se si vuole avere un'idea di che cosa sia questo grande fratello, così amato dai sudditi, che accumula dossier particolareggiati su ognuno di noi e il cui utilizzo è incentivato in ogni modo, si legga Il potere segreto dei matematici, di Stephen Baker).
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E prosegue, altresì, il saccheggio e lo sfruttamento economico delle colonie europee. Le bombe demografiche, con l'arrivo di un esercito di nuovi schiavi, oltre a creare il caos e lo sgretolamento del tessuto sociale, tengono alta la disoccupazione, portando i salari sempre più al ribasso e scatenando una guerra fra poveri.
La pressione demografica e la diminuzione del gettito fiscale, dovuto all'alto numero dei disoccupati e al calo dei salari, generano ulteriori pressioni sulle casse degli Stati perché si privatizzino pensioni e sanità, ormai economicamente insostenibili.
Nell'ottica imperiale, infatti, tutto deve essere privatizzato, naturalmente a esclusivo beneficio dell'impero e dei suoi collaborazionisti e scherani. (In questo delirio acquisitivo dell'homo habens americano si è arrivati addirittura a brevettare le specie biologiche esistenti in natura).
In ultimo, di pubblico non esisterà più nulla e gli Stati esisteranno solo in funzione di esattori delle imposte per conto dell'impero.

La sottomissione di un impero così vasto non si ottiene soltanto con la forza militare e la compiacenza delle élites a libro paga, ma anche con quella dei sudditi. In questo gli americani sono indiscussi maestri, padroneggiando come nessuno le sottili armi della propaganda, di cui Holliwood è stata per molto tempo la punta di diamante.
La colonizzazione culturale ha sempre accompagnato la penetrazione americana – altro tema che i cosiddetti sovranisti nostrani non comprendono – e fa più danni un telefilm americano di un discorso di Renzi a reti unificate.
Questa penetrazione subdola e melliflua, attraverso l'intrattenimento, ha ormai contaminato la nostra cultura fino al linguaggio, infarcito in maniera ossessiva di americanismi e dove si è arrivati al punto che battezzare qualcosa (un programma televisivo, un libro, persino una società a responsabilità limitata) senza un termine inglese, equivale a dequalificarlo come vecchio e deteriore.
Chi ha studiato un po' sa che pensiero e linguaggio sono interrelati e il secondo influenza largamente il primo (v. il determinismo linguistico di Whorf); quindi, parlare con termini americani significa pensare in termini americani. È per questo che la propaganda è così attenta al linguaggio ed è stato inventato il politicamente corretto: quello che non si può più dire, si finisce per non pensarlo nemmeno più. E quello che si dice, si finisce col pensarlo.
Un popolo che perde la sua lingua, perde la sua identità, perché i termini di una lingua cristallizzano i postulati fondamentali di una filosofia implicita, nei quali è espresso il pensiero di quel popolo e di quella civiltà.
Ci sarebbe da ridere, se non fosse tragico: una volta, in un documento aziendale, ho visto scritto ad Ok, invece che il latino ad hoc.
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Nel nostro Paese, culla del Rinascimento, siamo giunti – passando da Machiavelli a Renzi, da Giuseppe Verdi a X Factor, da Storia della mia vita di Casanova a Rocco, ti presento mia moglie di Rocco Siffredi - all'annichilimento culturale: non c'è più un libro che si possa leggere, un film che si possa vedere, neppure una canzonetta ascoltabile. In questo deserto, ha buon gioco qualunque obbrobrio proveniente da oltreoceano; e quel poco che viene da noi prodotto non ne è che lo scimmiottamento. La nostra cultura qualitativa è stata trasformata in una incultura quantitativa.
L'abbassamento del gusto, l'annientamento di ogni pensiero critico (considerato dal potere una pericolosa recidiva intelligente dell'homo videns), sono perseguiti con determinazione, a partire dalla riforma della scuola: il programma prevede di eliminare l'analfabetismo di ritorno, rafforzando quello di partenza.

Accenniamo, per concludere, all'atmosfera di perenne guerra strisciante in cui siamo costretti a vivere. Una guerra che si gioca su tutti i terreni: culturale, economico, e naturalmente militare. Una guerra che pervade l'aria come un gas asfissiante, che nelle zone di frizione con la Russia (l'Ucraina, la Siria, gli Stati baltici) rischia di deflagrare in scontro aperto, extrema ratio dell'impero americano: scagliare l'attacco profittando della superiorità militare, oppure perire.

No, non ho dubbi: non c'è fantascienza peggiore di questa realtà americanizzata, di questo morente impero che ci tiene prigionieri e ci costringe non più a scappare da New York, bensì dall'intera Europa.
Eppure dovremmo riprenderci il nostro Paese. Ma la cosa in Italia è impossibile: perché non l'abbiamo mai posseduto e quindi non abbiamo neppure la coscienza che sia nostro; e l'italiano si cura solo della propria conventicola, cui appartiene per nascita o entra per cooptazione. Come scrisse Sant'Agostino: extra ecclesia, nulla salus.
E, infine, perché un paese di servi sa solo immaginarsi un nuovo padrone e per quieto vivere si accontenta di quello che ha.
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Lasciamoci con una citazione da La pelle, di Curzio Malaparte, alla quale non si può aggiungere davvero nulla, se non l'amara constatazione che lo spirito di un popolo non cambia mai:

E più affettuoso onore gli era venuto, nei giorni della liberazione, dal suo rifiuto di far parte del gruppo di signori napoletani prescelti per offrire al Generale Clark le chiavi della città. Del qual rifiuto si era giustificato senza alterigia, con semplice garbo, dicendo che non era costume della sua famiglia offrir le chiavi della città agli invasori di Napoli, e che egli non faceva se non seguir l'esempio di quel suo antenato, Berardo di Candia, che aveva rifiutato di rendere omaggio al re Carlo VIII di Francia, conquistatore di Napoli, sebbene anche Carlo VIII avesse, ai suoi tempi, fama di liberatore. «Ma il generale Clark è il nostro liberatore!» aveva esclamato Sua Eccellenza il Prefetto, che per primo avuto la strana idea di offrire le chiavi della città al Generale Clark.
«Non lo metto in dubbio» aveva risposto con semplicità cortese il Principe di Candia «ma io sono un uomo libero, e soltanto i servi hanno bisogno di essere liberati». Tutti si aspettavano che il Generale Clark, per umiliare l'orgoglio del Principe di Candia, lo facesse arrestare, com'era usanza nei giorni della liberazione. Ma il Generale Clark lo aveva invitato a pranzo e lo aveva accolto con perfetta cortesia, dicendosi lieto di conoscere un italiano che aveva il senso della dignità.”


















HOLLANDE è un assassino reo confesso e la Francia è in fiamme ...



Questo articolo di Maurizio Blondet che vi propongo torna sull’argomento dei conflitti in corso in Francia, che potremmo definire di odio verso lo stato ed i loro primari rappresentanti in divisa e senza, cioè i poliziotti e gli insegnanti, che sono sempre più presi di mira non solo da minacce ed intimidazioni, ma da veri e propri atti deliberati di tentativo di omicidio, come il lancio di molotov, accoltellamenti, pestaggi. L’autore nella prefazione indica anche quali siano le cause, neanche tanto remote, di questi fenomeni, quali siano i veri responsabili, impuniti e dotati di immunità, che paradossalmente sono pure ammirati e premiati con i media mainstream che li inneggiano a paladini della democrazia, che dovremmo finalmente definire per quella che è realmente, un’oligarchia criminale. Se pensate che simili fenomeni rimarranno delimitati nei soli confini francesi siete degli ingenui, l’intera Europa sarà coinvolta, suo malgrado, con modalità e tempi differenti e differiti, ma il risultato finale sarà un aumento smisurato della conflittualità interna ed esterna ad ogni stato, fino a sfociare in guerre regionali a vasto raggio, innescati dal tentativo di incanalare la violenza e la frustrazione sociale verso nemici artatamente confezionati, come i russi. Che in verità sarebbero vittime, non certo indifese, ma pur sempre vittime, capri espiatori. I motivi sottesi a queste pianificazioni politicamente e militarmente criminali sono ovviamente economici, ma non saranno certamente i mass media a rivelarvelo, dovrete capirlo da soli documentandovi in rete, ci sono fior di inchieste in proposito, sia in video che tramite report scritti, cercateli e dedicatevi. Direi che ci sono abbondanti motivi per preoccuparci ed essere insonni. Claudio


HOLLANDE E’ UN ASSASSINO, E PARIGI IN FIAMME

 
Il presidente francese s’è preso per Obama: ha ordinato almeno quattro assassini mirati, fra cui quello del capo somalo degli shabab Ahmed Godane, a  settembre.  Per di più, l’ha anche raccontato   a due giornalisti  che stavano preparando un libro  celebrativo della sua presidenza,  Un président ne devrait pas dire ça, https://francais.rt.com/opinions/27626-president-ne-devrait-pas-dire-ca-francois-hollande
Per suo ordine le persone da uccidere sono state localizzate dal DGSE (i servizi esteri)  che poi hanno passato i dati a droni Usa, che avevano eseguito il lavoro.
Il punto è che  la Francia – al contrario di Washington che se n’è  ben guardata  –  ha riconosciuto il Tribunale  Penale Internazionale (art,52-2 della Costituzione) ,  che quindi può trarre in giudizio il capo della Stato francese  di aver ordinato l’esecuzione capitale di persone non prima sottoposte  a processo, ossia senza  inchiesta, senza procura d’accusa, senza avvocato difensore; e ciò nel contesto di un conflitto armato (con l’armata francese presente nella zona) , il che configura un crimine di guerra. La Corte può ovviamente trarre in giudizio capi di stato e di governo.
(Qui per lo statuto della Corte: http://www.cirpac.it/pdf/testi/Statuto%20di%20Roma%20della%20Corte%20Penale%20Internazionale.pdf)
Immediatamente   l’ex leader del Fronte della Sinistra Jean-Luc Mélenchon ha rilevato in interviste: “Spero che smentirà quel che è scritto nel libro, perché gli assassini mirati sono   materia da Tribunale Penale Internazionale”.  Pierre Lellouche, deputato della LR, ha dichiarato che   su Hollande “si pone ormai la questione dell’articolo 68”: ossia della destituzione del capo dello Stato “in caso di mancamento ai suoi doveri manifestamente incompatibile col suo mandato”;   Lellouche ha apostrofato: “Come si può immaginare […] che il presidente della Repubblica, capo delle armate, si faccia commentatore in tempo reale delle decisioni più segrete in materia di impiego della forza?”. Dunque il deputato non se la prende con Hollande come assassino, ma per aver spifferato segreti di stato. “Ha violato apertamente l’obbligo del segreto”.  Effettivamente è difficile immaginare un De Gaulle, o anche un Mitterrand, confidare a giornalisti i sanguinosi segreti degli “arcana imperii”.   La storia recente della Francia  (basta pensare all’Indocina, all’Algeria, alle operazioni nell’Africa) è probabilmente piena di cose inconfessabili;  ma appunto, ad un capo dello Stato il minimo che si chiede è che non ne parli;  esibendo in pubblico i suoi intimi interrogativi, stati d’animo, tergiversazioni – il libro su Hollande ne è pieno.
Non so come si svilupperà la cosa. Ma che Hollande abbia raccontato quei delitti senza rendersi conto dell’enormità dei fatti,  non dice solo  il livello infimo della persona; dice anche lo “stile di governo” che l’America  in questa fase terminale ha reso – col suo esempio – plausibile  per questo piccolo figurante al potere a Parigi. Barak Obama, il Nobel per la Pace, ha commesso più assassini mirati di chiunque altro, tre al giorno in media. L’omicidio ad Abbottabad in Pakistan,   il 2 maggio 2011,  di Bin Laden (o chiunque fosse) non fu affatto tenuto segreto, anzi fu mostrata  la stanza della Casa Bianca dove Obama, HillaryClinton,  ministri e militari seguivano in diretta, da teleschermi, la lontana esecuzione che avevano ordinato, ed avveniva dall’altra parte del mondo.
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Il governo americano assistette ufficialmente  agli assassini plurimi  –  i Navy Seals ammazzarono anche tre uomini e una donna,   innocenti, danni collaterali nemmeno contati.  Da quel momento  fu chiaro che commettere omicidi extragiudiziali, come torturare o incarcerare indefinitamente senza processo, erano cose che “si possono fare”, che il governo della democrazia può ordinarle e nemmeno in segreto, ma farlo e parlarne con disinvoltura,   senza infingimenti.  Da qui nascono le esultanze di Hilalry Clinton  su Gheddafi, “ Siamo venuti, abbiamo visto, lui è morto”, o le ultime minacce dei capi della Cia o del Pentagono, e loro gallonati, ai russi di “fargli rimpatriare soldati” russi nei “sacchi mortuari”, o la mail a John Podesta in cui Hillary , irritatissima dalle rivelazioni di Assange, chiede: non  abbiamo un drone per costui?
E’ la spontaneità  dei gangster,  tanto abituati all’assassinio, che nemmeno si rendono conto di rivelarsi appena aprono bocca per quel che sono:  gente del crimine organizzato. La novità è che questo “stile”  cominci a diffondersi in Europa e suggestioni una figura da nulla come Hollande. Possiamo da qui misurare, spero, il  livello di barbarie a cui l’America ultima ha fatto scadere l’Occidente, e ciò che  continua a chiamarsi (pretendersi), democrazia.

E accusa Putin di crimini di guerra

E’ lo stesso Hollande che poche ore fa voleva inasprire le sanzioni contro la Russia accusandola di “crimini di guerra”  in Siria; senza una prova e  con quella disinvoltura che è appunto propria delle coscienze incallite dei criminali abituali. Attenti perché  anche i giornalisti stanno dando sempre più prova di avere le coscienze incallite di fronte alla Siria, con sdegni selettivi e complicità reali di omicidi occidentali, o insensibilità di fronte a quel che fanno in Yemen. Ebbene: questo  incallire generale delle coscienze è uno dei sintomi, temo, preparatori alla guerra. Si potrebbe dimostrare che stessi calli sulle coscienze collettive si svilupparono nel 1914, nel 1939.
Eppure Hollande   dovrebbe preoccuparsi di ben altro che della guerra in Siria.   Nella notte fra il 17 e il 18 ottobre, sui Champs Elisées, mezzo migliaio di agenti di polizia hanno manifestato contro il governo, e contro il loro capo (Falcone, un corso) , mentre manifestazioni del genere accadevano a Marsiglia, Tolosa, Nancy; le notti seguenti altre manifestazioni, del tutto illegali. Ce l’hanno col capo “che non li copre”, coi politici, coi  magistrati di manica larga verso i delinquenti.
La loro è esasperazione ma anche paura.  L’8 ottobre, a  Viry—Chatillon, un borgo dell’Essonne, quattro agenti che stavano sorvegliando una telecamere per fare le multe presso un semaforo, sono stati aggrediti di sorpresa da un folto gruppo: con bottiglie Molotov, una violenza inaudita e una volontà omicida chiarissima.  Un poliziotto  è morto, un altro è in fin di vita per le ustioni.  “Ci hanno rotto i vetri dell’auto”, ha raccontato un agente superstite, hanno bloccato le portiere, “hanno dato dei pugni per non fare uscire i colleghi, e gli hanno gettato le Molotov sulle ginocchia”.
Parigi . Bus incendiato, agosto 2016Parigi . Bus incendiato, agosto 2016
Da dopo l’estate, il numero di attacchi ai poliziotti con bottiglie incendiarie o armi atte ad uccidere  sono divenuti di colpo  numerosissimi: durante manifestazioni sindacali dell’estrema sinistra   a Bastia, durante una protesta separatista, o nelle banlieues. “Ciò è divenuto  consueto, così come l’aggressione per bande: a Lione,  due settimane fa, due poliziotti in abiti civili sono stati identificati a margine di una manifestazione e  aggrediti da una ventina di persone”,  così racconta l’avvocato Thibault de Montbrial, penalista e  consulente del governo per la sicurezza interna. “E il pericolo non cessa più, per gli agenti, con la fine del servizio  – aggiunge.  Il 13 giugno un capitano di polizia è stato accoltellato a  Magnaville da un maghrebino islamista : “Quello è il momento dopo il quale gli incidenti, quasi mai mediatizzati, si moltiplicano: poliziotti riconosciuti per la strada e seguiti, minacciati, talora aggrediti,;eventi che conoscono una crescita esponenziale”. Ogni agente è sotto “una usura psicologica formidabile, ciascuno sa che tutto può succedergli, in ogni momento”.
Anche gli insegnanti  vengono sempre più spesso aggrediti, picchiati, schiaffeggiati dagli allievi; interi corpi insegnanti sono intimiditi,  edifici scolastici incendiati con le Molotov.

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“Una popolazione in guerra con la polizia”

“Si deve constatare  che la funzione di poliziotto, come quella di maestro, e più generalmente di  persona depositaria dell’autorità pubblica, non è più rispettata assolutamente. Al contrario: esiste oggi una disinibizione assoluta ad impiegare la violenza contro le forze dell’ordine, in servizio o fuori, e le altre figure che rappresentano le istituzioni dello Stato”.  V’è, aggiunge l’avvocato, “una popolazione che è in guerra contro la polizia”.
E se gli si chiede chi è questa popolazione, risponde: “Queste violenze si fondano essenzialmente su derive comunitariste, a volte etniciste, alimentate da un odio incredibile per la Francia. Bisogna esser ciechi per non essere inquieti per la coesione nazionale”.
I poliziotti che hanno manifestato sui Champs Elisées si sono poi radunati sotto l’ospedale Saint-Louis, dove giace il collega ustionato dalle Molotov  nell’assurdo attacco gratuito nell’Essonne. Hanno intonato la Marsigliese, come soldati superstiti di un’Indocina che già si agita, omicida, nelle banlieues. Consapevoli di essere l’ultimo freno a una violenza totale e corpuscolare, che non si può chiamare né guerra civile né rivoluzione, nemmeno rivolta, o insurrezione…, ma è odio allo stato , e ai bianchi, nella forma primaria.   “Noi agenti siamo in ginocchio”, ha detto uno di loro al giornalista di Le Monde, “ma se la polizia  cade, sarà l’anarchia in questo paese”.
Naturalmente al vostro apocalittico cronista vengono a mente le parole del veggente bavarese Alois Irlmaer (1894-1959) suParigi:
“La grande città con l’alta torre di ferro è in fiamme;  ma questo è stato fatto dalla propria gente, non da quelli che sono venuti dall’est. Posso vedere esattamente che la città è rasa al suolo  –  e anche in Italia sta andando selvaggiamente”.

Quasi la metà della popolazione USA è ormai convinta di essere governata da criminali ...



Prefazione di Claudio Martinotti Doria

Quasi la metà della popolazione USA è ormai convinta di essere governata da criminali e che le elezioni sono gravemente truccate. 
Il problema è che è tutto vero. 
All’élite neocons USA non rimane che scatenare una guerra pretestuosa (siamo già a buon punto), una volta scatenata, la popolazione volente o nolente, restia e contraria, sarà suo malgrado coinvolta e continuerà a subirne la dominazione. 
Al tempo stesso gli alleati riottosi saranno rimessi in riga, ed i problemi finanziari e monetari saranno per l’ennesima volta sospesi e/o rinviati (la situazione debitoria istituzionale e privata negli USA ha raggiunto livelli parossistici e deliranti, come avete letto in tanti miei post, compreso quello sotto riportato), essendo il temporeggiamento l’unica strategia di cui ormai dispongono, avendo a che fare con una popolazione sempre più scettica e consapevole, che ha raggiunto un livello di massa critica non più controllabile e manipolabile con la propaganda, la disinformazione e la mistificazione mediatica, e questo grazie ad internet. 
L’Italia tra le "colonie" americane è quella messa peggio, con il peggior sistema mediatico disinformativo d’Occidente, con una classe politica di parassiti pusillanimi ed inetti, sarà il paese che, per la sua collocazione geostrategica nel Mediterraneo, subirà le maggiori ripercussioni delle ciniche e devastanti scelte bellicistiche americane. 
Perché come sapete gli USA le guerre le fanno sempre a casa d’altri, loro perlopiù forniscono le armi ed inviano truppe, soprattutto consulenti, e l’Italia farà loro da maggiordomo e da trampolino di lancio, per la sua conformazione e la sua leadership di yesman. 
Spero non vi illuderete che rimarrà illesa? Che tutti ci amino e ci ammirino?

TRUMP VINCE. ECCO PERCHE’ SARA’ GUERRA

18 ottobre 2016 

In modo sempre più incalzante, Donald Trump concentra la sua oratoria sul tema: le elezioni saranno truccate (rigged).
Una parte notevole dell’opinione pubblica  americana ormai sa – dai blog alternativi – che Smartmatic, la ditta che fornisce le macchine per votare  a 16 stati della federazione, è posseduta da un agente operativo di Soros, il britannico  (e Lord)  Mark Malloch-Brown.


https://www.linkedin.com/pulse/smartmatic-sgo-malloch-brown-soros-operative-buys-election-cj-wilson

voting-machines

Elezioni truccate, ma non basterà

Un sondaggio di  Politico/Morning Consult Poll   ha confermato che il 41 per cento dei cittadini che si sono registrati per votare dichiara che le elezioni possono essere “rubate”. Fra i cittadini repubblicani, la percentuale sale al 73%.
Ma una cosa importante è accaduta: Donald Trump,  in quest’accusa, non può essere più dipinto come un isolato folle che vede fantasmi .   Pezzi molto grossi del partito repubblicano – un partito che per la sua campagna  non ha stanziato nemmeno un dollaro, in una ostentata manifestazione di ostilità – hanno denunciato i brogli e le distorsioni mediatiche della campagna.
Newt Gingrich
Newt Gingrich
Uno è stato Newt Gingrich.   Dirigente nazionale del partito, speaker della Camera bassa durante la presidenza di Bill Clinton,  già  vicino ai  neocon che poi ha abbandonato  accusandoli della dissennata politica di  destabilizzazione in Medio Oriente, pelo sullo stomaco quanto basta,  qualche scappatella sessuale che ha fatto sì  che il partito gli chiedesse di dimettersi,  inopinatamente si è convertito al cattolicesimo nel 2009 (è uno dei conservative converts), oggi tutti gli riconoscono la saggezza del politico sperimentato, che le ha viste tutte ed è fuori dalla politica attiva.
Ebbene:  qualche sera fa,  intervistato dal presentatrice Martha Raddatz della ABC News, alla donna che prendeva in giro l’idea fissa di Trump sui brogli possibili, Gingrich ha lasciato basita la presentatrice:
“Quello che accade oggi in Usa è un colpo di stato in corso”,  ha scandito. “Se i media lavorassero normalmente, Trump avrebbe 15 punti di vantaggio e vincerebbe a valanga”.  Aggiungendo: “Trump è la sola figura nella politica americana contemporanea, che ha attaccato frontalmente questo meccanismo corrotto e colluso”.
L’altro è Rudolph Giuliani,  il duro e discutibile sindaco di New York quando avvenne l’11 Settembre, tutt’altro che una mammola.

Ebbene:  alla CNN ha sibilato: “se mi volete far dire che le elezioni a Chicago e Philadelphia saranno limpide,  sarei un idiota”.  I democratici, ha spiegato, “portano   pullman  di persone da un  seggio elettorale all’altro dove votano  quattro, cinque,  sei, sette otto, nove volte…Lasciano gente morta negli elenchi, e poi pagano delle persone per votare al posto di questi morti quattro, cinque, sei, sette…..nove volte. I morti generalmente votano per i Democratici”.   Una precisa accusa alla amministrazione Obama.
Come abbiamo già spiegato, in 19 Stati (dove abita il 38% della popolazione)  non è  richiesto un documento d’identità  con foto per votare.  Ma   se ben ricordo (potrei sbagliare) mai prima l’assurdo, disonesto sistema elettorale è stato così  denunciato da personaggi politici di questo livello, che sanno benissimo come funziona, e  ne hanno pure approfittato loro. Se lo fanno adesso, vuol dire che la dimensione dei brogli messa in atto dai democratici per far vincere Hillary è scandalosa (“un colpo di stato in marcia”),  ma anche per un motivo, credo, più profondo.

Qualcosa è cambiato nei cuori dell’America

Un cambiamento epocale dell’opinione pubblica americana.  “Questa elezione non è solo su Donald Trump. E’ sullo scontento verso la nostra democrazia, e come  gli risponderemo…chiunque vinca avrà a che fare con questo scontento”: così  Stephen Hadley, che è stato, ricordiamolo, un consigliere di sicurezza nazionale di Dubya Bush. E precisa il motivo di questo scontento: “La globalizzazione è stata un errore”, e “le classi dirigenti hanno portato ciecamente gli Usa in pericolo”. Invece del benessere, la deindustrializzazione ,  il degrado della classe media, i trilioni (migliaia dimiliardi) spesi nelle guerre lontane, mentre   il 62%  degli americani  non hanno in banca nemmeno mille dollari, e 35% hanno debiti non pagati da sei mesi; e la mancanza di crescita economica reale, ormai da un decennio.
Tutto ciò ha minato la – come definirla? – lealtà dell’americano verso il sistema.  E’ una  lealtà che ho avuto modo di constatare dopo l’11 Settembre:  allora  quando mi capitava di dire a un americano che a fare l’attentato erano stati “loro”, il Pentagono,  l’Amministrazione  Bush, i neocon, me ne facevo un nemico.
La reazione era di revulsione eccessiva: non volevano ascoltare. Non perché non credessero, ma proprio perché temevano fosse vero – io credo. Agiva in loro, fortissima, la Civic Religion americana, la credenza religiosa nella grandiosità e impeccabilità  delle istituzioni. Non erano  pronti a riconoscere che la democrazia americana, la “città luminosa sulla collina”, la “più grande democrazia”, la “nazione favorita” da Dio, l’Impero del Bene –   era in realtà uno stato criminale, capace di massacrare i suoi stessi cittadini per fare guerre sotto falsi pretesti.
Oggi, invece, almeno 44 americani su cento sono sono pronti a riconoscere: sì, siamo governati da criminali, corrotti fino al midollo.  Quando Trump proclama che Hillary dovrebbe essere in galera, parla a questo cuore profondo della nazione che si sente tradita  nella sua relazione civile: e   questa parte della nazione lo applaude.  E’ uno spirito di rivolta o di rivoluzione, che l’Establishment sente di non saper manipolare.

Sentono il cappio al collo

Questo spiega il panico  paranoico, e il terrore, che ha suscitato Trump  in quei precisi circoli: il terrore di gente che sa di rischiare  non il posto di potere ben pagato, ma il nodo scorsoio per i suoi delitti atroci e l’alto tradimento,  a cominciare dall’11 Settembre.  Una presidenza Trump “può significare  la fine dell’Occidente come lo conosciamo”, ha strillato Anne Applebaum, columnist ebreo-polacca del Washington Post,  custode orwelliana del verbo neocon nel grande  quotidiano: “la fine della  NATO, la fine dell’Unione Europea, forse la fine dell’ordine liberista occidentale”, ossia della globalizzazione dei commerci:  vi si riconosce il tono  spaventato di chi sente il nodo scorsoio al collo.
Per questo i media sono così monoliticamente,   con una foga paranoica e persino ridicola,   schierati con la  Clinton, sopprimendo informazioni per gli elettori.  Non possono permettere che   l’opinione pubblica sia messa al corrente di  email come la  seguente, spifferata da Wikileaks:
[Qatar] would like to see WJC [William Jefferson Clinton] ‘for five minutes’ in NYC, to present $1 million check that Qatar promised for WJC’s birthday in 2011.”
— Ami Desai, director of foreign policy for the Clinton Foundation, wrote in a 2012 e-mail.
Traduzione-esplicazione del testo telegrafico: “Il Katar vuol vedere Bill Clinton ‘per cinque minuti’  a  New York, per omaggiarlo dell’assegno di  1 milione di dollari che il Katar aveva promesso per  il compleanno di Bill Clinton”:  l’ha scritta Ami Desai, direttore della politica estera per la Fondazione Clinton, in una mail del 2012. Allora Hillary era ministra degli esteri. A che scopo il Katar omaggiava il  marito con un milione di dollari, se non per storcere la potenza americana a proprio favore, grazie all’influenza della coppia?
Il punto è che  questa e le altre mail incriminanti –  ciascuna vale un processo per alto tradimento  –   sono state pubblicate. Dal New York Post, e dai blog alternativi. Hanno “bucato” ormai  il muro dell’omertà mediatica…

L’errore di Obama, per terrore

Dev’essere stato il terrore a far commettere ad Obama un errore fondamentale   nel campo mediatico: egli  ha alluso (senza nominarlo) a Alex Jones  e agli attacchi che costui ha rivolto al presidente e alla Clinton. “Ha detto che io e Hillay siamo demoni. Sentite odore di zolfo? Andiamo, ragazzi…”.
E’ un’uscita che il New York Times ha disapprovato: così, il presidente  “ha legittimato”, e ha riconosciuto l’esistenza, di una non-persona,  un  complottista che per comune accordo media e politici avevano concordato di non parlare mai, di lasciar ammuffire nel silenzio.
Milioni di followers, e non-persona
Milioni di followers, e non-persona
E’ una tecnica che il vostro redattore-complottista ha subito in proprio. Alex Jones, come complottista, è più veemente che preciso.  Ma il New York Times  rivela che la non-persona non ufficialmente esistente è una potenza mediatica: “L’Alex Jones Show è ritrasmesso da 160 stazioni radio, ma la sua influenza è forse ancor più forte su internet”, lamenta il grande giornale: “Oltre 1,6 milioni di persone  han sottoscritto il suo canale su YouTube,in cui i suoi video sono stati guardati un miliardo di volte dal 2008. Un altro 1,2 milioni di persone hanno dato il ‘like’ alla sua pagina Facebook e oltre 470 mila lo seguono su Twitter  (..) Il presidente Obama può ridere delle vulcaniche farneticazioni di mr. Jones, ma molta gente non ne ride.  Egli è una figura conservatrice influente, anche se di frangia, le cui trasmissioni radio, video e i siti web forniscono  teorie del complotto d un pubblico di milioni”.
Milioni che il New York Times nemmeno si sogna, tra parentesi.
Dunque Obama ha commesso un “errore di  comunicazione”  grave nel ‘sistema di comunicazione’ corrotto dalle censure e  dai silenzi collusivi dei media ufficiali col Sistema;  ha suscitato a vita mediatica un avversario  che i media s’erano accordati ad affondare nella clandestinità, semplicemente non rispondendo alle sue accuse e informazioni perché “complottiste”.  Inutile dire che  Donald Trump è stato spessissimo ospite di Alex Jones.

Mettono Mosca spalle al muro ( L’han già fatto con Tokio).

Mai e poi mai questi lasceranno entrare Trump alla Casa Bianca: temono per il proprio collo, sanno che rischiano un processo di Norimberga 2.0 . E  non bastando nemmeno i brogli e la manipolazione dei “grandi elettori” pro Hillary (Giuliani ha detto: “Se non viene eletto, sarà un bagno di sangue”) , la guerra alla Russia  pare a loro la via d’uscita possibile. Sanno che la potenza Usa, enormemente superiore, può vincere una  guerra totale, mentre sta perdendo la guerra parziale in Medio Oriente.
Attenzione alla escalation degli atti di ostilità bellica –   ultimi, il conto bancario di Russia Today (la tv che trasmette in inglese, estremamente pericolosa per lorsignori) nella Royal Bank of Scotland; il taglio dell’accesso internet a Julian Assange nell’ambasciata dell’Equador (di cui s’è sparsa la notizia della morte) per ordine degli Stati Uniti, che ha minacciato l’Equador di “gravi conseguenze” altrimenti; e i movimenti di terroristi pagati dagli occidentali sia da Dabiq in Siria (dove sono evacuati senza colpo ferire) e  presto da Mossul per concentrarli a rinforzare le forze anti-Assad in Siria.  Aggiungiamoci pure il  concentramento  di forze NATO ai confini baltici della Russia.
Sono tutti atti di gravità crescente e irreversibile. Mirano a rendere impossibile ogni de-escalation  –  essendo comunque la de-escalation di tali tensioni   il compito più difficile per ogni diplomazia – onde mettere la Russia con le spalle  al muro.   E’ una tecnica storica, che gli Stati Uniti hanno sperimentato più volte contro stati che intendevano incenerire.  Il Giappone imperiale, oggi lo sappiamo, offri segretamente a Roosevelt di uscire dall’Asse se gli Usa alleviavano le sanzioni  (vedi nota 1) , specie le petrolifere. Roosevelt  rispose bloccando i conti giapponesi in Usa, come oggi la Gran Bretagna ha fatto alla RT.  Il Giappone restava con sei mesi di carburante:  i militari convinsero l’imperatore che non restava altra speranza   che un colpo di mano.
Obama farà lo stesso. Potrà  proclamare che le elezioni di novembre sono state falsate dagli “hacker di Putin”, adesso nemici bellici, ed annullarle – instaurando le stato di emergenza con la dittatura di fatto della legge marziale.  La satanizzazione mediatica di Putin è ovviamente parte della strategia.
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