Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996
"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis
"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")
"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto." (Dalai Lama)
"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")
"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi
L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)
Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)
Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )
La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria
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Come valorizzare il Monferrato Storico
… La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.
Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …
Qualche accenno al pensiero ed alla teoria LIBERTARIA, al di là dei pregiudizi e della disinformazione.
Lo stato moderno ha il monopolio dell'uso della violenza e commette ogni genere di abuso e di appropriazione e devastazione delle risorse ambientali; in Italia ha ormai raggiunto il 70% di tassazione e si sta progressivamente avviando verso il totale depauperamento delle famiglie e delle persone oneste ed attive professionalmente per favorire e sostenere i privilegi di una classe politica e sociale collusa e parassitaria, e potrebbe in tempi brevi abolire o lasciar estinguere le lingue minoritarie e ridurre le culture locali a mero folclore turistico, nel solco di una politica sempre più liberticida, opprimente ed omologante … La soluzione per sottrarsi allo statalismo coercitivo (simulacro di democrazia) potrebbe essere la costituzione di comunità volontarie, zone franche, città private e piccole patrie, “micronazioni per consenso”. La società civile saprà riscattarsi dall'oppressione statale con queste innovative soluzioni civili localistiche, che in futuro saranno piuttosto frequenti, rievocando e riadattando quelle che in epoca medievale erano le comunità di villaggio.
In Italia di comunità libertarie attualmente (giugno 2010) non c'è ne sono, ma abbiamo una ventina di Ecovillaggi e qualche Comunità a sfondo etico e solidaristico, che ha qualche affinità con il pensiero libertario, all'estero vi sono esempi funzionanti da parecchi decenni.
Occorre anche tener presente un fenomeno da non sottovalutare, anche se passa perlopiù inosservato: sono sempre più numerosi gli acquisti in blocco di interi borghi, villaggi, frazioni diroccate ed abbandonate da tempo (soprattutto negli Appennini), grange, cascine, ecc., non da parte di qualche finanziaria o immobiliare per investimenti o speculazioni, ma da parte di gruppi di persone che intendono vivere in comunità isolate secondo regole da loro stessi elaborate e condivise. Non esistono ovviamente censimenti di queste localizzazioni comunitarie atipiche, ma sono ormai parecchie decine nella nostra penisola. Nelle didascalie delle foto inserite nell'articolo che segue, troverete qualche esempio. Claudio Martinotti Doria
L'Ecovillaggio di Torri Superiori, frazione di Ventimiglia, quasi al confine con la Francia, è stata una delle prime comunità italiane a costituirsi su valori ecologici ed in un borgo particolarissimo, all'apparenza un edificio plurimo di grandi dimensioni, in realtà case strette ed elevate tutte congiunte con passerelle, ballatoi, ponticelli, strettoie, balconate, ecc..
DESTRA E LIBERTARI, LE DIFFERENZE!
Fonte: Movimento Libertario http://www.movimentolibertario.it
di Marco Faraci
Il libertarismo è una dottrina politica che riguarda il solo problema dell’utilizzo della forza nella società. Tale dottrina può essere ridotta ad un solo assioma centrale: nessuno ha il diritto di usare per primo la forza contro la persona o la proprietà altrui.
Il libertarismo non pretende, invece, di imporre attraverso la politica un determinato sistema di valori. I singoli libertari possono naturalmente approvare o disapprovare determinati stili di vita ma essi non ritengono che debba essere usata la coercizione legislativa per impedire scelte pacifiche.
Evidentemente questo modo di procedere consente di fare convivere all’interno del movimento libertario sensibilità talora anche molto lontane.
Accanto al razionalismo ed all’egoismo etico di Ayn Rand trova posto, ad esempio, anche un libertarismo tradizionalista e solidale con il quale anche la destra comunitarista europea può trovare proficuo aprire un confronto.
Un primo tema di dibattito potrebbe essere il rapporto con la modernità. I maggiori teorici della destra comunitarista hanno spesso incarnato una rivolta contro la modernità. I libertari, dal canto loro, rispondono facendo ben attenzione a scindere i concetti di società moderna e di Stato moderno.
La prima non li spaventa certo, anzi nella maggior parte dei casi i libertari si trovano perfettamente a loro agio tra internet e new economy.
I libertari sono, invece, particolarmente radicali nella loro critica allo Stato moderno, cioè a quella forma di Stato nata dalla Rivoluzione Francese. Si tratta di una tipologia di organizzazione statuale che nasce forte grazie alle giustificazioni di teorici democratici quali Rousseau secondo cui lo “Stato siamo noi” e quindi qualunque cosa lo Stato faccia è giustificata perché è come se la facessimo noi e qualunque sacrificio lo Stato ci chieda – fino al sacrificio della vita - è giustificato perché è come se lo facessimo per noi. Negli ultimi due secoli lo Stato si è così espanso obbligando i suoi sudditi alla coscrizione, a tasse elevatissime ed irreggimentandoli con un diluvio legislativo in un crescendo che ha portato ai sanguinosi totalitarismi del XX secolo.
L'Ecovillaggio di Pescomaggiore, frazione de L'Aquila, è invece recentissimo, in fase ancora di completamento, una reazione popolare spontanea di autocostruzione dopo il terremoto, secondo criteri ecologici e con materiali naturali.
Uno dei più interessanti esponenti del pensiero libertario contemporaneo, Hans Hermann Hoppe, smaschera le contraddizioni della rappresentatività democratica (1) e giunge persino provocatoriamente ad una parziale rivalutazione relativa delle monarchie assolute settecentesche (2).
Uno dei miti più ricorrenti all’interno della destra politica europea è che lo Stato svolga una funzione positiva nella preservazione delle singole comunità e delle loro tradizioni che sarebbero, invece, sradicate dal libero mercato. La storia ci insegna invece che sono sempre stati gli Stati, scusate la ripetizione, e non i mercati i veri nemici delle comunità tradizionali. Attraverso il monopolio dell’uso legale della violenza gli Stati hanno infatti avuto gioco facile nell’opprimere e nel cercare di rimuovere le culture minoritarie. Dai Balcani alla Cina, dall’Indonesia all’Africa Centrale la diversità è cancellata nel sangue in nome dello Stato nazionale.
Esiste una differenza qualitativa fondamentale tra chi impone una cultura che si impone attraverso l’uso della forza ed una cultura che si espande sulla base di adesioni volontarie.
I libertari, ad esempio, non temono l’inglese. La scelta di apprendere l’inglese è una scelta volontaria che un individuo fa sulla base di una personale valutazione del rapporto costi/benefici. Per gli italiani l’inglese pertanto non è una lingua imposta, ma una lingua che si afferma nel mercato sulla base di scelte che i singoli individui fanno per ridurre i “costi di transazione”.
Al contrario il nuovo super-stato europeo potrebbe teoricamente cancellare per decreto l’italiano imponendo al suo posto l’esperanto e vietando che l’italiano siano insegnato e persino parlato. Del resto questo è esattamente quello che lo Stato italiano storicamente ha fatto distruggendo le lingue delle comunità locali.
La comunità, secondo i libertari, è possibile anche senza lo Stato. Anzi la ricchezza delle relazioni spontanee (cioè delle relazioni di mercato) della società civile non può in nessun modo essere uguagliata dalla pianificazione sociale di qualche burocrate che si crede onnisciente.
L’America del secolo scorso offre un ottimo esempio di ciò. Nel XIX secolo lo Stato era virtualmente assente dalla vita degli americani tanto che si diceva che se non fosse stato per il servizio postale – uno dei pochi servizi “pubblici” – la maggior parte degli americani non si sarebbe nemmeno accorta dell’esistenza di un governo.
Tuttavia in quell’America il senso di comunità era estremamente forte e forte era anche il senso di solidarietà all’interno di una comunità. Praticamente ogni famiglia era membro di qualche associazione religiosa o caritatevole e questo ha reso possibile che la scolarizzazione divenisse pressoché universale – almeno tra i bianchi – ben prima che lo Stato cominciasse ad occuparsi di istruzione.
Nel corso del XX secolo invece lo Stato negli Usa si è espanso fino a regolare ogni aspetto della vita dei suoi cittadini ed a “prendersi cura” di loro dalla culla alla tomba: scuola pubblica, sanità pubblica, solidarietà pubblica, pensioni pubbliche.
E proporzionalmente all’espansione dello Stato si sono ridotti invece gli spazi della società civile. Il senso di comunità si è andato sempre più sfumando così come la memoria dell’eredità politica e sociale dei Padri Fondatori.
A Carrega Ligure, comune appenninico in Alta Val Borbera al confine di ben 4 regioni, ormai quasi spopolato avendo perso il 95% dei suoi abitanti dal suo apice demografico, ha avuto recentemente l'idea di cedere le circa 600 case censite come diroccate, alla cifra simbolica di 1 euro; ebbene un'intera frazione attualmente disabitata è stata richiesta da un folto gruppo sociale del Trentino, per costituirvi una comunità.
I libertari sostengono le comunità volontarie e la comunità volontaria per eccellenza, come spiega Carlo Lottieri (4) è la famiglia.
La famiglia svolge un ruolo essenziale nella preservazione culturale perché è il canale privilegiato attraverso il quale si trasmettono le differenze – siano esse culturali, economiche o religiose. E’ per questo che chi sostiene ideologie egualitarie, siano esse di destra o di sinistra, è fortemente interessato a colpire la famiglia e ciò avviene in primo luogo sottraendo ai genitori il potere di educare i figli. Uno dei primi filosofi dello “Stato forte”, Platone, sosteneva in pratica che i bambini dovessero essere subito portati via dalla famiglia e cresciuti in una sorta di grande incubatrice pubblica, progetto sostanzialmente realizzato durante il breve quanto sanguinoso governo di Pol Pot in Cambogia.
Un po’ in tutti i paesi la scuola pubblica risulta essere il primo strumento di omologazione e di massificazione. L’obiettivo della scuola pubblica è quello di annullare le differenze e di indottrinare i giovani con una cultura unica politicamente corretta.
I libertari credono, invece, che i genitori dovrebbero avere la possibilità di fare studiare i loro figli i programmi che giudicano migliori e di comunicare loro i valori in cui credono. Pertanto contro l’idea del controllo pubblico sull’istruzione i libertari sognano una pluralità di scuole cattoliche, protestanti, libertine, padane, italiane, tradizionali, sperimentali, rigorose e blande. Credono anche nella possibilità per i genitori di non mandare i figli a scuola, ma di fare studiare i bambini a casa a modo loro: il cosiddetto homeschooling che sempre più ha successo negli Stati Uniti.
Se lo Stato, come detto, può a suo piacere decidere di cancellare una comunità perché minoritaria, oggi colpisce le comunità anche in modo diverso e più politicamente corretto, cioè attraverso il multiculturalismo obbligato. Lo Stato ricorre infatti a strumenti quali l’integrazione forzata (resa possibile in primo luogo dalla scuola pubblica), quali l’istituzione di discriminazioni di Stato a favore degli alloctoni (es. quote ed azioni affermative) ed infine proibendo il diritto dei privati a discriminare.
L'Ecovillaggio di Findhorn in Scozia esiste da una quarantina di anni ed è l'esempio più famoso a livello internazionale di comunità autonoma ed autosufficiente che si fonda su valori etici, culturali e spirituali condivisi ed accettati spontaneamente.
E’ bene notare che qualunque relazione un individuo instauri - sia essa economica, sociale ed affettiva – essa consiste in una discriminazione. In quanto prevede che si scelga un partner (e se ne escludano altri) in base a criteri soggettivi. Questi criteri possono essere i più vari. Ad esempio un datore di lavoro potrà discriminare sulla base della presunta capacità di un candidato all’assunzione di svolgere adeguatamente il lavoro. Un uomo eterosessuale compierà una discriminazione nel momento in cui sceglierà di innamorarsi di una donna anziché di un uomo. Poi probabilmente tra le varie donne compierà altre discriminazioni, sulla base del loro aspetto fisico, del loro background culturale e dei loro valori.
I libertari sostengono il diritto soggettivo degli individui a discriminare, cioè a scegliere con chi relazionarsi, perché ritengono che proibire il diritto di discriminare significa proibire il diritto a stipulare libere relazioni ed in definitiva opposi alla stessa libertà di associazione (inclusiva della libertà negativa di associazione).
La stessa immigrazione così come la conosciamo attualmente è, secondo molti libertari, fondamentalmente un prodotto statalista. Scrive Rothbard (3): “Una società interamente privatizzata non avrebbe assolutamente frontiere aperte. Se ogni pezzo di terra in un paese fosse posseduto da qualche persona, gruppo o società ciò significherebbe che nessun immigrante potrebbe entrarvi se non è stato invitato ad entrare e se non ha ottenuto il consenso ad affittare od acquistare la proprietà. Un paese totalmente privatizzato sarebbe chiuso quanto i singoli abitanti e proprietari desiderano”.
L’analisi di Hoppe (1) ha ulteriormente approfondito la riflessione libertaria in tale ambito. In particolare dall’elaborazione di una teoria contrattuale dell’immigrazione sono scaturite soluzioni che garantiscono effettivamente ai proprietari “libertà di accogliere – diritto di escludere”.
I libertari liquidano come artificiosa la contrapposizione tra la socialità autoritaria della Gemeinschaft e la libertà asociale della Gesellschaft (4) ed affermano che è invece lo Stato a mostrare tutto il suo carattere anti-sociale, tanto nel momento in cui proibisce relazioni e scambi pacifici e volontari tra individui, tanto nel momento in cui impone rapporti (economici o sociali) a persone non consenzienti. E’ proprio dalla progressiva disgregazione delle comunanze imposte e delle solidarietà retoriche e coatte che può però nascere un nuovo ordine che si fondi su una pluralità di ordinamenti competitivi e di liberi rapporti contrattuali e che può trovare la sua espressione in comunità volontarie, zone franche, città private e piccole patrie - “nazioni per consenso” - basate sull’effettivo consenso di chi ci vive.
Dalle ceneri dello Stato moderno potranno in definitiva riemergere la varietà e la ricchezza delle relazioni volontarie di mercato e le potenzialità di una società civile troppo spesso sottovalutata.
Bibliografia
Per un quadro generale sul libertarismo si veda:
Carlo Lottieri, “Il pensiero libertario contemporaneo”, Liberilibri, 2001 – L.30.000
Gli altri testi citati sono:
(1) Hans Hermann Hoppe, “Abbasso la democrazia”, Leonardo Facco Editore, 1999 – L.15.000
(2) Hans Hermann Hoppe, “Monarchia, democrazia e ordine naturale” in “Anarchici senza bombe”, Stampalternativa, 2001 – L.10.000
(3) Murray Rothbard, “Nazioni per consenso” in AA.VV., “Nazione, cos’è”, Leonardo Facco Editore, 1996. – L. 12.000
(4) Carlo Lottieri, “Denaro e Comunità”, Guida, 2000 – L.19.500
Visita alla Badia di Tiglieto
Il Parco del Beigua organizza una visita alla Badia di Tiglieto e zone contigue, sabato 3 luglio
Di Claudio Martinotti Doria
La Badia di Tiglieto (Abbazia di Santa Maria alla Croce) in provincia di Genova, all'interno del Parco Naturale Regionale del Beigua, è stata costruita dai monaci cistercensi provenienti dalla Francia (l'Ordine si era formato nel 1098 presso Citeaux in Borgogna, in latino Cistercium, da cui derivò il nome Cisterciensi), quasi in contemporanea con l'Abbazia di Santa Maria di Lucedio (presso Trino, in Provincia di Vercelli in Piemonte, Parco Regionale delle Sorti della Partecipanza) che tanta importanza assumerà nella storia del Marchesato di Monferrato, seguendo pressappoco le stesse tecniche agrarie, innovative per l'epoca, di bonifica dei terreni e di costruzione di canali per l'irrigazione. La località di Tiglieto entrò nell'orbita del Monferrato solo nel 1583 in seguito a non edificanti episodi bellici. Il Monferrato all'epoca era divenuto Ducato da alcuni anni, sotto la reggenza del Duca Guglielmo Gonzaga. In precedenza, durante il medioevo l'abbazia di Tiglieto ricevette diverse donazioni dai Marchesi di Monferrato e dagli altri marchesi di discendenza Aleramica e venne posta ripetutamente sotto la loro protezione.
La Badia di Tiglieto è ancora simile all'originale grazie ad un sapiente recupero ultimato nell'autunno del 2004, mentre purtroppo l'abbazia di Lucedio originale è andata distrutta e sostituita da una chiesa in stile barocco nella seconda metà del XVIII secolo, che versa in pessime condizioni, anche se è previsto un progetto di recupero. La visita alla Badia di Tiglieto consentirà agli amanti della storia del Monferrato di immaginarsi come poteva essere l'antica chiesa di Lucedio, essendo costruita con le stesse tecniche, maestranze e canoni cistercensi.
Durante la facile escursione organizzata dal Parco alla scoperta della Piana della Badia di Tiglieto, si potrà osservare il ponte romanico sul Torrente Orba, a cinque arcate in serpentino e la maestosa Quercia di Napoleone, esemplare di Rovere segnalata come Albero Monumentale del Corpo Forestale dello Stato. A seguire sarà possibile visitare la Badia di Tiglieto, fondata nel 1120 nella piana alluvionale del Torrente Orba, che fu tra le prime abbazie cistercense costruita al di fuori del territorio francese e costituisce il monumento storico più significativo di Tiglieto.
In auto occorre percorrere l'autostraga Gravellona Genova ed uscire a Ovada.
Per informazioni per raggiungerla e per l'accesso e per conoscerne la storia in maniera più approfondita: http://www.tiglieto.it/index.php?option=com_content&task=category§ionid=4&id=13&Itemid=31
Per informazioni sull'escursione telefonate al numero 010 8590307 o cell 3939896251
Ente Parco del Beigua - Via G. Marconi, 165 16011 Arenzano GE - tel 010 8590300 fax 010 8590308 - cell 3939896251 - www.parcobeigua.it info@parcobeigua.it
Visuale del fronte est del plastico dell'Abbazia di Santa Maria alla Croce (detta Badia di Tiglieto)
Primo Seminario Libertario in Monferrato
Nei giorni scorsi avevo dato notizia on line, che finalmente anche in Monferrato, a Bergamasco (AL), si poteva seguire un seminario del Movimento Libertario nel quale si farà accenno (propedeutica) alla Scuola Economica Austriaca, condotto tra gli altri anche dagli amici Leonardo Facco (leader del Movimento Libertario italiano) e Francesco Carbone (economista della Scuola Economica Austriaca in Italia), ed avevo invitato a visitare il link per informazioni: http://www.movimentolibertario.it/index.php?option=com_content&view=article&id=6544:comnicato-stampa&catid=1:latest-news ed a partecipare, soprattutto i giovani, che hanno ancora a cuore la libertà, valore che si deve conoscere, praticare e difendere.
Oggi ho avuto gli esiti della prima giornata, che vi propongo. Affascinante il finale della giornata, l'auspicio da parte dell'imprenditore dell'agriturismo che ha ospitato il seminario, di creare la prima comunità indipendente e libertaria nel Monferrato, una specie di Enclave Svizzera ...
Il prossimo anno sono convinto il seminario si riproporrà in forma rinnovata ma nello stesso luogo, e spero che siano in molti a voler partecipare, perché il desiderio di libertà sarà ancora più esteso ed intenso di oggi.
Man mano che disporrò dei commenti e degli esiti del seminario, aggiornerò questo stesso articolo, aggiungendone i testi in fondo, in modo da renderlo completo entro la fine del seminario in corso. Quindi tornate a leggerlo per non perdervi gli aggiornamenti.
Calorosi saluti libertari.
Claudio Martinotti Doria
Bergamasco. Mura e torretta del Palazzo Marchionale degli Incisa, Signori del luogo per alcuni secoli. I Marchesi Aleramici di Incisa si sono originati dai Marchesi del Vasto, Aleramici anche loro. Nel Rinascimento, il borgo di Bergamasco divenne definitivamente possesso dei Marchesi di Monferrato (gli Aleramici più importanti e famosi)
SEMINARIO KELLEMS: LA LIBERTA' E' ANCHE DIRITTO DI RESISTENZA!
Fonte: Movimento Libertario http://www.movimentolibertario.it
di Arturo Doilo
Si è conclusa la prima giornata del SEMINARIO VIVIEN KELLEMS, organizzato dal Movimento Libertario, a Bergamasco (AL).
I 10 iscritti, ieri, hanno assistito a tre lezioni di notevole spessore. Ha iniziato il professor Alessandro Vitale, Università di Milano, trattando il "diritto di resistenza". Un lungo percorso - iniziato spiegando come lo Stato nel Novecento abbia fagocitato le libertà individuali - e si sia espanso a dismisura. Da qui la domanda: resistere al Leviatano è un diritto riconosciuto, oppure no? Nessun dubbio per il professore, che riprendendo i grandi pensatori del passato ha spiegato come il diritto di resistere sia un concetto di lungo corso, da sempre applicato e condiviso. "Althusius, se oggi vivesse in Italia non avrebbe problema alcuno nel definire questo paese una tirannia", ha spiegato Vitale. Ma resistere significa agire. Da qui un excursus esaustivo sulle tecniche - non violente - della resistenza fiscale e della disubbidienza civile, che ha richiamato, tra gli altri, anche le gesta di Giorgio Fidenato.
Carlo Zucchi, invece, s'è dedicato a raccontare i pionieri della libertà americana. Warren, Tucker e Spooner sono finiti sotto la lente di ingrandimento di Zucchi che ne ha spiegato le ragioni che li hanno portati a diventare figure di primo piano delle battaglie per la libertà e veri e propri protolibertari. Una lezione quella di Zucchi fortemente radicata nella storia, richiamando però le affinità di allora e di oggi.
La giornata è stata chiusa dall'ingegnere Chiara Battistoni che ha spiegato - con l'ausilio di molte slide - come funziona un vero paese federale, ovvero la Svizzera. La confederazione, insomma, continua ad essere un esempio straordinario di originalità, affidabilità e libertà, un connubio che la rende una nazione composta da 26 nazioni diverse, ognuna fortemente distinta dalle altre, seppur con un comune denominatore di una costituzione in continuo divenire, capace di adattarsi ai tempi e di rispettare - sempre - le libertà individuali.
La giornata a Bergamasco è stata aperta da Carmelo Miragliotta, titolare dell'Agriturismo Amarant (che vi consigliamo davvero di vistare, ndr). Miragliotta ha - in pochi minuti - raccontato la storia di un imprenditore che - senza l'aiuto e il bisogno di sussidi - s'è costruito un'azienda funzionale e florida, i cui unici problemi sono il confronto quotidiano con norme, regole, burocrazia e tassazione. Orginale la conclusione dell'imprenditore alessandrino: "La mia speranza è che un giorno questi 240 ettari possano diventare una comunità indipendente, o magari, anche, un'enclave svizzera.
Aggiornamento di domenica 27 giugno 2010
AMARANT in Monferrato, PER 3 GIORNI UNA LIBERA COMUNITA'!
Fonte: Movimento Libertario http://www.movimentolibertario.it
di Leonardo Facco
Giù il sipario del primo seminario dedicato a Vivien Kellems. Tirando le somme, un risultato è stato ottenuto: da oggi, il libertarismo potrà contare su un appuntamento annuale di alto livello per discutere i temi cari a chi la libertà la ama con rigore e radicalità.
L'ultima lezione è stata dedicata alla comunicazione ed ha portato in cattedra "Pongo", al secolo Massimo Pongolini, attore, comico, cabarettista di lungo corso. Per un'ora e mezza ha coinvolto tutti gli iscritti al seminario (e non solo) nell'arte della recitazione e della lettura, mostrando quanto importante sia parlare in pubblico e quanto meglio sarebbe farlo con determinazione, credendo in quel che si dice, per riuscire a convincere chi ascolta sulla bontà delle proprie idee.
Prima di Pongo, è toccato a Gaetano Elnekave discutere di un tema centrale della libertà, ovvero la moneta. Unità di conto, riserva di valore, denaro sonante sono definizioni che hanno portato ad una sola risposta esaustiva: se non si mette al centro l'oro, i conti non quadreranno mai e la falsificazione, soprattutto statale, impererà nell'economia, e non solo. Elnekave, inoltre, ha spiegato con dovizia di particolari come difendersi dall'inflazione e come accaparrare moneta buona in vista di quel default a cui gli Stati - Italia in primis - ci stanno abituando.
Sono stati tre giorni, quelli organizzati dal Movimento Libertario presso l'agritursimo Amarant di Bergamasco (AL), molto intensi. Mattino e pomeriggio a macinare teoria e pratica, ovvero studio e applicazione dell'essere libertari, del vivere "ignorando lo Stato".
Nel primo pomeriggio, invece, è toccato andare in scena al tea party - una nuova associazione coerentemente liberale collaudata e ideata in quel di Prato - manifestare il proprio dissenso nei confronti "dell'alta tassazione e dello statalismo ingombrante, che ci obbliga a vivere da sudditi di una democrazia tirannica". Una cinquantina di persone hanno discusso, chiacchierato, lanciato nuove idee in vista delle altre tappe che il tea party percorrerà lungo tutta la penisola nei prossimi mesi.
Per tre giorni interi, Amarant si è quasi trasformata in una libera comunità di individui indipendenti, dato che - a proposito di Stato - le uniche parole che lo chiamavano in causa avevano un solo comun denominatore: come disfarsene al più presto! Per la felicità di quel combattente pacifico di Carmelo Miragliotta, il padrone di casa!
Breve excursus sull'evoluzione-degenerazione della gerarchia nobiliare monferrina nel tempo: la "Multiproprietà nobiliare"
Dalle iniziali investiture feudali con assegnazioni di titoli nobiliari per meriti e fedeltà ad opera dei vari sovrani medievali, si è passati, soprattutto nel tardo Medioevo ed Età Moderna (Ancien Règime), alla loro compravendita per incrementare le entrate fiscali e finanziarie dei vari regni e principati, divenendo un vero e proprio business, che ha moltiplicato le investiture e frazionato i feudi o creati ex novo, spesso fittiziamente.
Esempio di frazionamento di territori per creare nuovi feudi, a Ozzano Monferrato (ora diviso con Pontestura) abbiamo avuto il feudo rurale di Montiggio - Cascine Lunghe e San Saluto, che sarebbe stato composto da una cascina, diversi fabbricati rurali ed una chiesa campestre, che si formò nel '600 durante il Ducato dei Gonzaga e venne poi elevato a feudo nobiliare con dignità signorile. Sono diversi i casi analoghi nel Monferrato in cui piccoli insediamenti divennero baronie o consentirono ai loro possessori di accedere alla dignità nobiliare di conte o marchese.
Coi Savoia addirittura si crearono titoli principeschi fittizi, come nel caso del Principato di Lucedio, titolo attribuito a metà dell'800 (l'Abbazia di Santa Maria di Lucedio giocò un ruolo determinante e significativo nella storia del Monferrato, e vi sono sepolti in essa molti marchesi Di Monferrato).
Nella prima metà dell'800 unico proprietario di Lucedio rimane il Marchese Gozani di San Giorgio antenato dell’attuale proprietaria che a sua volta vende nel 1861 al Marchese Raffaele de Ferrari Duca di Galliera. L’investitura la ricevette da Sua Maestà e cioè il "Predicato di Principe di Lucedio", da ritenersi "attributo di merito" essendo il duca un Cavaliere del supremo Ordine dell’Annunziata, quindi cugino del Re. Il titolo di principe ed i terreni vengono rifiutati dal figlio e passano al nipote, Andrea Carega Bertolini che nel 1937 a sua volta cede la proprietà al Conte Cavalli d’Olivola, padre dell’attuale proprietaria, la Contessa Rosetta Clara Cavalli d’Olivola Salvatori di Wiesenhoff. Il nome Principato di Lucedio si è mantenuto fino ad ora.
Altro esempio di feudo e titolo assegnato per motivi discrezionali e discutibili, è quello assegnato alla famosa cantante Adriana Basile (Napoli, 1580 – Roma, 1640) di notevole bravura anche come suonatrice di arpa doppia, si trasferì con tutta la sua famiglia nel 1610 alla Corte del duca di Mantova Vincenzo I, che invaghitosi di lei le conferì il titolo di baronessa di Piancerreto, un piccolo villaggio monferrino attualmente frazione di Cerrina Monferrato. Il titolo nobiliare poteva essere assegnato come infeudato (il neo nobile otteneva l'investitura di un feudo con diritto a conservarlo trasmettendolo in linea ereditaria) o ad personam (il neo nobile otteneva il titolo senza alcun feudo, il titolo nobiliare non era trasmissibile in linea ereditaria, destinato ad estinguersi alla morte del beneficiato)
Occorre intervenire con qualche descrizione su quella che si potrebbe definire la "Multiproprietà nobiliare", molto simile a quella recentemente inventata nel settore immobiliare, per esplorare nuove formule di business e di profitto. Cioè la parcellizzazione dei feudi per diritti di possesso (come nei frazionamenti in millesimi condominiali), aggravata e complicata anche da frazionamenti temporali (calendarizzati) di sfruttamento per brevi periodi dell'anno. Una sorta di piccola nobiltà rurale a tempo determinato e su porzioni feudali, che ha moltiplicato in maniera esponenziale i signorotti feudali detentori di infinitesimali diritti di signoria, sui quali spadroneggiavano o che rivendevano per scopi speculativi, creando un "mercato" alquanto patetico e ridicolo di velleitari acquirenti miranti alla scalata al titolo nobiliare. Ovviamente questa assurda situazione, vessatoria e squalificante, era estremamente deleteria per il feudo e per chi in esso viveva e produceva, in quanto non si creava alcun legame e condivisione identitaria con chi deteneva i presunti diritti signorili.
La situazione in Monferrato era divenuta talmente intollerabile che il Duca Vincenzo I Gonzaga nel 1600 emanò una grida (proclama) per ridimensionare il fenomeno ed impedire le vendite frazionate dei feudi, consentendo solo la vendita integrale di ogni singolo feudo, intervento ducale che consenti per qualche anno di ricomporre i diritti di signoria secondo la precedente tradizione, un signore per ogni feudo, che era applicata ad esempio in epoca Paleologa.
Quindi prima del 1600 su uno stesso feudo o signoria (o loro porzioni) potevano subentrare decine di persone e famiglie diverse nel corso dell'anno, ma poi dopo l'intervento del Duca Vincenzo, per esigenze di cassa e per pressioni sociali elitarie, il fenomeno riprese, in modo anche più accentuato durante il governo dei Gonzaga Nevers (1631-1708), che vendettero feudi anche a non residenti in Monferrato o nel Mantovano e addirittura a personaggi al servizio del Savoia.
Per comprendere l'entità assunta dal fenomeno, dovete sapere che nei primi decenni del seicento nel feudo di Terruggia (borgo poco distante da Casale Monferrato e vicino all'antica Paciliano poi divenuta San Germano, frazione di Casale) vi erano 58 Consignori o Convassalli, alcuni dei quali disponevano di diritti feudali per un solo giorno o due - tre giorni all'anno o addirittura ogni tre anni. A Rosignano, altro borgo non distante da Casale, i Consignori erano 50, e poco meno, ma sempre alcune decine erano a Cellamonte, Sala, Ottiglio, Olivola ed altri borghi monferrini di piccole dimensioni.
Questo frazionamento patologico delle signorie feudali monferrine è da considerarsi una importante concausa del suo degrado ed indebolimento politico militare che ha contribuito al suo dissolvimento a favore dei Savoia. Soprattutto nell'epoca del dominio dei Gonzaga Nevers, maggiormente dediti alla vita mondana e di corte ed a offrirsi al miglior offerente tra le potenze europee per finanziare i propri svaghi, che non impegnati al governo dello stato nell'interesse del Casato, della popolazione e del territorio.
Questo processo di espansione nobiliare e frazionamento feudale a pagamento proseguì a lungo, per tutto l'Ancien Règime ed anche dopo la restaurazione post napoleonica, quando ormai da tempo il Ducato di Monferrato era stato annesso ai possedimenti dei Savoia, i quali poterono così fregiarsi del titolo di Duchi di Monferrato, da aggiungersi agli altri di cui avevano diritto, alcuni dei quali anacronistici e fittizi.
Questo espediente portò la nobiltà o presunta tale da meno del 2% medio della popolazione nelle epoche medievali ad una vera e propria esplosione statistica in epoca tardo rinascimentale e risorgimentale. Che non è un fenomeno tipicamente italiano, anche se in Italia si è diffuso ed è degenerato fino a livelli parossistici, pervenendo quasi al nulla altisonante, tanto erano effimeri questi titoli e diritti. Più idonei ad appagare velleità vanagloriose e pseudo-onorifiche che non pragmatiche, soprattutto in epoca savoiarda.
Nel dopoguerra con il subentro della Repubblica i titoli nobiliari sono stati vietati (non più riconosciuti) a livello costituzionale e legislativo, anche se gli abusi continuano ad avvenire in quello che potremmo definire una sorta di "mercato nero" del settore dei titoli nobiliari fittizi e minori e degli Ordini pseudocavallereschi, mentre nel Regno Unito continuano ad esservi signorie feudali terriere o rurali denominate "gentry", per distinguerli dai "gentility" che sarebbero i veri nobili insigniti del titolo di "baronetto" (1150 famiglie in tutto) cui si devono aggiungere i "pari" cioè i nobili di rango elevato (duca, marchese, earl o conte, visconte e barone), mentre sono più numerose le famiglie iscritte alla Lordship of manors ed al registro della proprietà terriera, che non rendono il proprietario un pari o un nobile, pur essendo le loro proprietà fondate su diritti feudali simili alle baronie rurali, spesso oggetto di compravendita, ed hanno semplicemente diritto ad uno stemma di famiglia.
Le corone nobiliari inserite nel testo sono in successione gerarchica: Patrizio, Nobile, Barone, Visconte, Conte, Marchese, Duca, Principe e Principe del Sacro Romano Impero, e per ultima la Corona Ferrea, dei Re d'Italia dell'Alto Medioevo.
Occorre tenere conto che i significati e le gerarchie non sono univoche, ma variano nel tempo e secondo le aree geografiche in cui gravitavano i principali regni. Ad esempio il titolo di Patrizio poteva essere molto ambito e preferito anche da rappresentanti dell'Alta Nobiltà e quello di Duca poteva essere superiore a quello di Principe. Inoltre ciò che contava nella valutazione complessiva oltre al titolo era il prestigio della dinastia o casata di appartenenza, le alleanze, protezioni e parentele acquisite coi legami matrimoniali, il patrimonio posseduto, il valore dei feudi, l'importanza dei ruoli istituzionali di cui si era investiti, ecc.. Alla base della nobiltà, soprattutto rurale, vi erano anche i Signori e Consignori (nella gerarchia nobiliare sono interposti tra (nella gerarchia nobiliare sono interposti tra il Nobile ed il Barone), che come ho descritto nel testo potevano essere molteplici in ogni singolo feudo o aventi diritti su feudi microscopici o fittizi ed ad personam (i titoli in tal caso erano equivalenti alle onorificenze).
GIORNATA ITALO-FRANCESE DI RICONCILIAZIONE DELLA MEMORIA. L'eccidio di Aigues-Mortes del 1893
L'amico scrittore, storico francesista Prof. Enzo Barnabà (vedi: http://www.enzobarnaba.it), durante una delle sue numerose escursioni e ricerche in Francia, alcuni anni fa scoprì che nel 1893 avvenne l'eccidio di Aigues-Mortes (nel dipartimento del Gard nella regione della Linguadoca-Rossiglione) nel quale morì per mano francese un numero imprecisato di immigrati italiani (alcune decine secondo diverse fonti, "solo" una decina per le fonti ufficiali, per approfondimenti; http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Search&testo=enzo+barnab%E0&tipo=testo), un vero e proprio "pogrom". L'episodio era stato totalmente rimosso a tutti i livelli, di coscienza, memoria, culturali, mediatici, istituzionali, sociali, politici, ecc., neppure gli storici locali sapevano nulla del grave evento avvenuto un secolo prima, che aveva portato i due paesi coinvolti, a rischiare una guerra, a causa della sollevazione ed indignazione popolare che ci fu in seguito. Per rammentare l'episodio e commemorarne le vittime, l'amico Prof. Barnabà (che sull'episodio ha anche scritto anni fa un libro inchiesta) con altri collaboratori ha avuto l'idea di organizzare una GIORNATA ITALO-FRANCESE DI RICONCILIAZIONE DELLA MEMORIA, che sarà celebrata il 24 luglio, vedasi la breve descrizione sotto riportata. Tra le vittime accertate ufficialmente dell'eccidio vi era un abitante di Castelceriolo in provincia di Alessandria, cui si dedicherà particolare attenzione, perché presenzierà un rappresentante del capoluogo alessandrino (Castelceriolo attualmente è una frazione di Alessandria). L'iniziativa ha ricevuto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana. Per l'importanza simbolica e culturale dell'evento, segnale di pace, perdono e fratellanza che dissolve ogni residuo di intolleranza che ancora serpeggia, ci auguriamo che molti Enti locali e Sodalizi della società civile (soprattutto Liguri e Piemontesi, regioni confinanti ma anche di provenienza di molte delle vittime dell'eccidio) inviino i loro rappresentanti per partecipare all'evento, che reputo sia una delle più belle iniziative mai intraprese tra i due paesi confinanti, per il coraggio della denuncia (antitetica alla rimozione) unitamente al perdono, alla riconciliazione e commemorazione delle vittime. Concludo alleggerendo un poco la serietà dei contenuti, fornendovi un ulteriore motivo per partecipare: il luogo dove avverrà la commemorazione, la frazione Grimaldi di Ventimiglia è un posto meraviglioso (http://www.osservatoriodelpaesaggio.org/images/Foto%20Atlante%20italiano/Liguria/Foto%20del%20Comune%20di%20Ventimiglia%20-%20Grimaldi%20(IM)/index.html), il borgo superiore è arroccato sulla scogliera a 220 mt. sul livello del mare, con una panoramica stupenda sulla vicina Montecarlo, essendo proprio al confine con la Francia, luogo ricco di storia e fascino.
Claudio Martinotti Doria
Il Prof. Enzo Barnabà (nella foto) è stato insegnante e lettore di lingua e letteratura italiana presso numerose università francesi e balcaniche ed africane, ed addetto culturale per il Ministero degli Esteri presso sedi diplomatiche. Scrittore, storico, francesista, africanista, studioso di culture locali, è un grande comunicatore e narratore, un erudito e moderno raccoglitore e raccontatore di storie vere e significative.
GIORNATA ITALO-FRANCESE DI RICONCILIAZIONE DELLA MEMORIA. L'iniziativa ha ricevuto l'Alto Patronato del Capo dello Stato Italiano
L’eccidio avvenuto ad Aigues-Mortes (Francia meridionale) nel 1893, che costò la vita a una decina di operai italiani emigrati e il ferimento di un centinaio di essi - tutti vittime innocenti della violenza xenofoba - è stato largamente rimosso dalle memorie storiche italiane e francesi. In epoca recente, due libri hanno ricostruito esaurientemente i fatti e si sono interrogati sulle cause e le loro conseguenze: Le Massacre des Italiens di Gérard Noiriel e Morte agli italiani! di Enzo Barnabà. Da questi studi è nata l’idea di organizzare una "Giornata italofrancese di riconciliazione della memoria" che sarà celebrata il 24 luglio alle ore 18 a Grimaldi di Ventimiglia, con la partecipazione, fra gli altri, dei due autori dei saggi, dei discendenti delle vittime, dei rappresentanti delle regioni Liguria e Languedoc-Roussillon, dei sindaci di Aigues-Mortes e dei Comuni delle vittime dell’eccidio, tra i quali Alessandria (esattamente Castelceriolo) dove nacque Giuseppe Tasso.
La Società Operaia di Mutuo Soccorso di Grimaldi, organizzatrice della manifestazione in collaborazione con il Centro Pannunzio di Torino, anima da 130 anni la vita della frazione ventimigliese, che la prossimità alla frontiera, oltre ad aver generato una lunga storia di emigrazione verso la Francia, connota di evidente specifica simbologia. L’alta rilevanza storica di quello che Noiriel ha definito il maggior pogrom della storia contemporanea francese, che tra l’altro portò i due paese sull’orlo della guerra, giustifica, credo, l’organizzazione di una manifestazione (per la quale siamo in attesa dell’Alto Patrocinio del Presidente della Repubblica Italiana) dalla quale scaturisca un forte monito in favore della tolleranza e del dialogo internazionali. Per informazioni: Enzo Barnabà (3392494912) - enbarn@alice.it - http://www.facebook.com/#!/pages/Morte-agli-italiani-Mort-aux-Italiens/181760466338?ref=ts
In seguito all'iniziativa al Prof. Enzo Barnabà è stata conferita la Medaglia del Presidente della Repubblica
Martedì 27 Luglio 2010 01:09
In occasione della “Giornata italofrancese di riconciliazione della memoria”, evento nato per ricordare l’eccidio avvenuto ad Aigues-Mortes (Francia meridionale) nel 1893, che costò la vita a una decina di operai italiani emigrati e il ferimento di un centinaio di essi, è stata conferita, al valguarnerese Enzo Barnabà, la Medaglia del Presidente della Repubblica.
La motivazione:
Il prof. Enzo Barnabà, già docente e addetto culturale in molte ambasciate italiane all'estero, ha il merito di aver riportato nel dibattito attuale, ma con assoluto rigore storiografico, il tema rimosso della strage di Aigues-Mortes che vide nel 1893 operai francesi aggredire operai italiani che lavoravano a cottimo nelle saline alla foce del Rodano. Si trattò di un episodio di paura, di xenofobia, di inconscio razzismo, come documenta nel suo libro “Morte agli Italiani!” Enzo Barnabà. A lui la Società operaia di Mutuo Soccorso di Grimaldi e il centro Pannunzio di Torino conferiscono la Medaglia del Presidente della Repubblica per aver contribuito con la sua attività intellettuale e con la sua passione civile a far emergere dall'oblio un episodio che divise il movimento operaio alla fine dell'Ottocento. Nella dimensione di un'Europa unificata, pur tra mille difficoltà, assume un particolare significato questa giornata della riconciliazione italo-francese di cui Enzo Barnabà è indiscusso protagonista per quanto riguarda l'Italia.
Il governo italiano si è inventato la formula del Debito Aggregato, per temporeggiare e dissimulare la grave crisi che inevitabilmente avverrà
Mentre noi a livelo locale cerchiamo di salvarci dai disastri provinciali della partitocrazia (con la proposta di provincia federata Casale Monferrato - Vercelli), a livello nazionale la partitocrazia per nascondere il suo sfacelo ed i danni incommensurabili provocati al Paese, inventa nuove formule linguistiche ed economiche per barare, bluffare e rimandare l'inevitabile tracollo del sistema parassitario derivante dalla collusione della casta politica con i loro sostenitori finanziari (la cricca dei banchieri). Avendo un debito pubblico tra i più alti del mondo (tutti sono capaci a governare facendo debiti, cioè spendendo i soldi degli altri …) il governo italiano non trova di meglio che inventarsi IL DEBITO AGGREGATO, per dimostrare che l'Italia non è messa così male finanziariamente, inserisce nel calcolo del debito complessivo la virtuosità dei privati, come fosse merito loro! Cioè inserendo il fatto che le famiglie e le aziende italiane sono meno indebitate rispetto al governo. MA CHE BELLA TROVATA! Sarebbe come se un carcerato per reati gravi come l'omicidio, per invocare compensione e clemenza, affermasse che con lui in carcere ci sono persone meno colpevoli, che hanno solo rubato per mantenere la famiglia … Quando manca il senso del pudore e la dignità, si può invocare e ricorrere a qualsiasi cosa, senza alcun senso del limite e del ridicolo. Continuando di questo passo fra non molto adotteranno leggi di tipo societico aggravandole, come la confisca (inizialmente parziale) del risparmio privato e dei gioielli di famiglia, ecc., per salvare lo stato (che poi sarebbero "loro") per proseguire nei loro privilegi alimentando la loro avidità.
Leggete l'articolo che vi allego e ve ne renderete conto. Calorosi saluti. Claudio Martinotti Doria
IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO SI CHIAMERA' "AGGREGATO", COMPOSTO DALLA MEDIA TRA IL DEBITO PUBBLICO STATALE E QUELLO DEI PRIVATI
Fonte: Movimento Libertario http://www.movimentolibertario.it
LA NOTIZIA E' PASSATA, PIU' O MENO, SOTTO SILENZIO, MA HA DEL DIABOLICO. A ME PARE ABBASTANZA GRAVE. DI COSA PARLIAMO? L'ITALIA HA FATTO PASSARE IN EUROPA UN NUOVO CONCETTO PER LA VALUTAZIONE DEL DEBITO. PRATICAMENTE, IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO SI CHIAMERA' "AGGREGATO", ERGO E' COMPOSTO DALLA MEDIA TRA IL DEBITO PUBBLICO STATALE E QUELLO DEI PRIVATI (dir.).
di Roberto Landucci
ROMA (Reuters) - Il documento che entra oggi al Consiglio Ue prevede che nella valutazione dei conti pubblici di ogni Paese, ai fini del rispetto del Patto di stabilità, venga considerato anche il debito privato oltre che quello pubblico.
Lo ha annunciato stamani il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, che nei giorni scorsi aveva minacciato un voto contrario alle conclusioni del vertice Ue se non ci fosse stato un riferimento al debito aggregato.
"Nel documento di stamani è stato inserito il riferimento al debito privato. Il passo in avanti è stato fatto dal documento di Lussemburgo, sul quale io avevo fatto un blocco completo, al documento di oggi nel quale il debito privato entra tra i parametri di convergenza per il patto di stabilità", ha detto Frattini ai giornalisti prima di una audizione parlamentare sul Consiglio Ue di oggi a Bruxelles.
"La maggiore resistenza è già stata espressa dalla Germania che ha un debito privato molto grande ma una perplessità così forte non è stata espressa finora da nessun altro Paese. La Francia è possibilista. Belgio, Polonia e Spagna sono a favore", ha precisato il ministro.
"E' un consenso maggioritario anche se non l'unanimità".
Aumentare il livello di sorveglianza per il debito pubblico senza ampliarne la definizione a quello aggregato - che comprende anche l'indebitamento delle famiglie, del sistema finanziario e delle imprese - potrebbe essere un terreno scivoloso per l'Italia che chiuderà il 2010 con un debito/Pil in ulteriore rialzo, secondo le stime governative al 118,4%. Se un debito sopra il 60% del Pil, soglia fissata dal Trattato di Maastricht, e in crescita divenisse condizione per l'apertura di una procedura di infrazione l'Italia sarebbe quindi tra i paesi in difficoltà.
Per questo il ministro dell'Economia Giulio Tremonti aveva indicato tra le grandezze da considerare insieme al debito pubblico "risparmio privato, riserve e passività implicite sulle pensioni" e aveva anche sottolineato come la posizione dell'Italia non fosse isolata.
Due giorni fa il commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, aveva spiegato di essere "pienamente consapevole di queste preoccupazioni sollevate dall'Italia".
In base a dati Istat, nella media del periodo 2000-2008, il debito delle famiglie e delle società non finanziarie in rapporto al Pil è di oltre trenta punti percentuali inferiore alla mediana dei principali paesi dell'Uem.
Conferenza stampa di presentazione della proposta di Provincia Federata Casale - Vercelli: questa volta si fa sul serio.
Conferenza stampa di presentazione della proposta di Provincia Federata Casale - Vercelli: questa volta si fa sul serio.
Di Claudio Martinotti Doria
Le uniche remore, provengono come era prevedibile dai politici casalesi legati per motivi di carriera, clientela e particolarismo al capoluogo, quelli cioè che non rappresentano veramente Casale ma se stessi, i loro interessi e quelli del loro ristretto entourage, ma se vorranno arrivare a fine mandato e con qualche barlume di possibilità di essere rieletti ed avere ancora un futuro politico, dovranno seguire ciò che desidera la popolazione e ciò che è nell'interesse del casalese. Dovranno cioè scegliere tra la provincia federata ed il consenso politico sociale, o la sudditanza dal capoluogo e la stroncatura di ogni prospettiva politica locale, perché non verranno rieletti neanche se piangessero lacrime di sangue. Perché scegliere di rimanere con la provincia di Alessandria significa andare contro gli interessi di Casale dell'area casalese, cioè del cuore del Monferrato. Significa essere d'accordo con l'appropriazione del Monferrato da parte alessandrina. Tanto per parlar chiaro e non lasciare spazio alle ipocrisie ed ai fraintendimenti.
I sindaci e le amministrazioni locali dell'area casalese, più lungimiranti ed avveduti, ed anche rappresentativi di importanti realtà locali con una significativa storia alle spalle (ex Sedi di Corte Marchionale di Monferrato), hanno già aderito al progetto di provincia Federata ed attendono fiduciosi gli sviluppi.
Il Governatore della Regione Piemonte Roberto Cota ha già manifestato la sua approvazione, il Vice Governatore Roberto Rosso è il promotore dell'iniziativa, quindi i presupposti ci sono tutti, nei prossimi giorni si incontreranno i sindaci di Vercelli e Casale Monferrato. E' solo una questione di tempo e di negoziazioni.
Personalmente ho più volte affermato in passato che il comportamento della provincia di Alessandria e della città capoluogo, oltre che di altri poteri forti in ambito provinciale, spregiudicatamente rivolti all'appropriazione indebita del Monferrato ed alla plurima e sistematica sopraffazione e mortificazione della cittadinanza di area casalese, avrebbe minato la coesione del tessuto sociale provocando gravi ripercussioni, ma venivo probabilmente politicamente considerato una voce nel deserto od una cassandra e quindi sottovalutato. Ora si dovranno ricredere e la loro supponenza si rivelerà deleteria ed irrimediabile. Non si può mancare di rispetto sistematicamente, come fosse un diritto acquisito, ed avere la presunzione di non provocare reazioni.
Adesso probabilmente, conoscendo la mediocrità di parecchi politici locali, assisteremo al solito rituale patetico delle prese di posizione di vari politici che interverranno per mantenere lo status quo elogiando la permanenza nella provincia di Alessandria, secondo le disposizioni ricevute dal partito di riferimento, e con i loro interventi non si renderanno neppure conto di offendere la cittadinanza, la società civile e l'opinione pubblica, simulando maldestramente di agire per i loro interessi, mentre in realtà assolvono solo ad una funzione di yes man e cortigiani. Un minimo di dignità non guasterebbe, e se ne possedessero almeno un briciolo potrebbero cogliere l'occasione per tacere e fare miglior figura. Vi allego un esauriente articolo di Casalenews sull'esito della conferenza stampa di oggi e continuerò a tenervi aggiornati su questa fondamentale iniziativa.
Per vedere altre foto della conferenza stampa visionate il sito di Nuove Frontiere: http://www.nuove-frontiere.eu
Calorosi saluti.
Intervento di Roberto Rosso alla Conferenza Stampa
Federazione Casale Vercelli: è la volta buona?
Fonte: Casalenews http://www.casalenews.it/index
Il vicepresidente Rosso: 'Entro l'estate una convention per la provincia unica'. In Monferrato Asl, Camera di Commercio e Agenzia delle Entrate
14 Giugno 2010 – CASALE – Questa è la volta buona. Ci credono tantissimo i promotori del progetto di una provincia federata Casale Vercelli, illustrato questo pomeriggio all’hotel Candiani. I tempi paiono maturi, per diversi motivi. Perché il taglio delle province piccole prima o poi avverrà (e quindi Vercelli deve battere altre strade, se non vuole ridimensionarsi) e perché, quando l’istituzione della città metropolitana di Torino sarà incompatibile con la sua dimensione provinciale allora bisognerà ridisegnare il tessuto istituzionale dell’intero Piemonte. Casale si sente mal rappresentata sotto Alessandria e può essere una volta storica, come sottolineano Carlo Caire e Giancarlo Curti di Nuove Frontiere, fautori dell'iniziativa assieme a Massimo Simion e Tino Candeli di ‘Noi siamo vercellesi’. Da chiarire che non si tratta di un passaggio ad un’altra provincia, ma dell’innalzamento di Casale alla dignità di capoluogo alla pari di Vercelli, in una provincia a due teste. Ci crede Roberto Rosso parlamentare e vicepresidente della Regione che, in un breve blitz al Candiani (è scappato subito per impegni di giunta), assicura la benevolenza di Roberto Cota e annuncia: "Entro l’estate indiremo una convention per discutere la federazione Casale Vercelli". C’è già un abbozzo sui comuni che aderirebbero e su quali enti si collocherebbero a Casale: i più importanti sono l’Asl, la Camera di Commercio e l’Agenzia Entrate.
L’ITER LEGISLATIVO E I TEMPI
Il progetto seguirà l’iter previsto, a partire dall’enunciazione dell’articolo 133 della Costituzione. Il primo passo è l’iniziativa dei comuni interessati che devono pronunciarsi entro 20 mesi dalla prima deliberazione. Poi occorre un disegno di legge, che sarà presentato da Roberto Rosso alla Camera dei Deputati. Il terzo punto è il parere, obbligatorio ma non vincolante, della Regione Piemonte. Infine la trasmissione di questo parere alla Camere. Il progetto è valido se vi aderiscono i comuni che rappresentano la maggior parte delle popolazioni interessate. I tempi? Carlo Caire, il consigliere comunale di Nuove Frontiere, si augura che non siano "biblici" come quelli a cui la pubblica amministrazioni ci ha abituato, ma verosimilmente saranno lunghi.
IL TERRITORIO
Quale sarà il territorio della nuova provincia? Innanzitutto i due capoluoghi, Casale e Vercelli, e la fascia di comuni limotrofi. Poi i tre comuni compresi fra le due città (Villanova, Balzola e Morano Po), tutta l’area compresa fra Pontestura e Verrua Savoia, tre comuni dell’Astigiano che avrebbero già chiesto di aderire (Moncalvo, Casorzo e Grazzano Badoglio) e la Val Cerrina (anche se qui si prevedono resistenze). Nel Vercellese, fra i comuni attualmente parte della provincia, si prevede una forte resistenza nella Val Sesia, mentre i restanti centri dovrebbero aderire.
CHE COSA CI GUADAGNA CASALE?
"Questa è l’unica speranza per arrestare il declino e invertire la rotta dopo anni di decandenza" spiega Giancarlo Curti, promotore e ‘anima’ di Nuove Frontiere. "Non entriamo in un’altra provincia, ma diventiamo noi stessi capoluogo di provincia, assieme a Vercelli. Per la nostra città sarebbe un importantissimo innalzamento istituzionale. A volte per trovare una soluzione, ci vuole una rivoluzione". Con una coprivincia molti servizi ed enti sarebbero collocati a Casale con benefici per i cittadini e ricadute occupazionali. Una prima ‘ripartizione’ vedrebbe assegnare a Casale l’Asl, la Camera di Commercio e l’Agenzia delle Entrate. Naturalmente si tratta solo di un abbozzo, che sarà approfonditamente discusso quando sarà il momento.
LA PALLA PASSA AI SINDACI
Il primo sasso è stato lanciato. La parola adesso ai sindaco a cominciare da Andrea Corsaro, sindaco di Vercelli (che si è detto entusiasta dell’iniziativa) e da Giorgio Demezzi che invece è più cauto. In sala il primo cittadino casalese non era presente, anche se c’erano gli assessori Nicola Sirchia (molto vicino alle posizioni del sindaco) e Ettore Bellingeri. L’accordo fra i due sindaci è indispensabile (e nelle prossime settimana saranno organizzati incontri), poi se ne discuterà nei consigli comunali di tutte le località interessate.
Redazione On Line
Il folto pubblico che ha partecipato alla conferenza stampa di oggi al Candiani
Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano … La provincia federata Casale Vercelli non è mai stata così vicina a realizzarsi ...
Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano … La provincia federata Casale Vercelli non è mai stata così vicina a realizzarsi, almeno nelle intenzioni condivise socialmente
Di Claudio Martinotti Doria
Anche i casalesi nel loro piccolo si incazzano … parafrasando il titolo del celebre libro di Gino & Michele, pongo la questione ultradecennale della provincia federata Casale Vercelli, già affrontata diverse volte anche dal sottoscritto con una progettualità elaborata, articolata e mirata, che vada ben oltre la semplice aggregazioni di due debolezze per costituire una forza di modesta entità e per scopi di sopravvivenza, ma che contenga un disegno più vasto e culturalmente radicato, che coinvolga anche Chivasso ed il suo entroterra (che con la costituzione dell'Area Metropolitana di Torino, rischia di divenire quartiere periferico del capoluogo) e che contenendo alcune tra le principali sedi marchionali dello storico ed ultrasecolare Marchesato di Monferrato, tra cui l'unica Capitale di Stato che è stata per secoli Casale Monferrato, potrà a tutti gli effetti divenire la Provincia di Monferrato, l'unica legittimata a definirsi tale, eliminando in tal modo tutti gli abusi, le prepotenze e le fagocitazioni in corso, che tendono ad appropriarsi della denominazione di Monferrato, che possiede un notevole valore aggiunto internazionale, in termini di richiamo turistico e commerciale per la sua identità e qualità territoriale ed ambientale.
La politica si sa, segue indirizzi provenienti dalla partitocrazia, ma non può ignorare a lungo le istanze della popolazione, la cosiddetta e spesso abusata "società civile" o opinione pubblica, perché deve cercare e conseguire il consenso per legittimarsi nel corso del proprio mandato e garantirsi la rielezione. In tal caso è persino superfluo effettuare un sondaggio o un referendum tra i casalesi e monferrini, chiedendo loro se desiderano rimanere con la provincia di Alessandria … a parte coloro che lucrano e traggono privilegi e vantaggi nei loro rapporti con il capoluogo di provincia (ad esempio molti personaggi politici locali), gli altri, cioè la STRAGRANDE MAGGIORANZA, risponderebbero certamente che non gradiscono il permanere nella provincia di Alessandria.
Non sto a ripetere l'analisi tecnica già effettuata in altre occasioni ed in modo esaustivo (per info ed approfondimenti vedi il mio blog o consulta motori di ricerca), sulla convenienza per Casale ed il Monferrato di area casalese (e non solo), di costituire una provincia federata con Vercelli, per cui mi limiterò a ribadire che l'occasione è veramente "storica", da quando Casale è stata scippata e penalizzata dall'allora Ministro dell'Interno del Regno di Sardegna, l'alessandrino Urbano Rattazzi, che ha spudoratamente favorito Alessandria nella riforma delle amministrazioni locali (Decreto Rattazzi), la città di Casale ed il suo circondario hanno iniziato un irreversibile declino di matrice parassitaria.
Se anche politicamente dovessero bluffare, come sono soliti fare a livello governativo, e rinunciare alla soppressione delle province di piccole dimensioni, e se quindi dovesse venire a mancare l'urgenza da parte di Vercelli di trovare soluzioni di sopravvivenza, rimangono fondate motivazioni di carattere storico, culturale, geografico, economico, sociale, turistico, ecc., per proseguire in questa direzione, facendo confluire tutte le energie disponibili verso l'obiettivo di costituire una Provincia di Monferrato. Perdere questa opportunità sarebbe irresponsabile ed imperdonabile. Appresso a questo mio breve intervento vi allego un articolo sull'argomento, appena pubblicato su Casalenews. Calorosi saluti
Estensione geografica dell'attuale giurisdizione della Provincia di Vercelli, si nota la suddivisione in due parti, con a nord la Val Sesia
Casale - Vercelli, una provincia federata?. Due proposte rilanciano l'idea di un'unione con la città di Sant'Andrea
Fonte: http://www.casalenews.it
11 Giugno 2010 – CASALE – Si ritorna a parlare di una provincia federata fra Casale e Vercelli. Il via lo ha dato l’ipotesi inserita in Finanziaria dal ministro Giulio Tremonti di tagliare le province con meno di 250mila abitanti (fra cui Vercelli, anche se le notizie più recenti parlano di un ‘salvataggio’). Da qui, nel breve volgere di pochi giorni, sono nate due proposte che prevedono un ridisegnamento delle provincie piemontesi con una federazione fra Casale Vercelli. La prima viene dalle associazioni Nuove Frontiere e Noi Siamo Vercellesi, la seconda dal Movimento Progetto Piemonte (di cui ospitiamo un intervento del presidente Massimo Iaretti).
Il progetto di Nuove Frontiere e Noi Siamo Vercellesi (che sarà illustrato lunedì prossimo, 14 giugno, in due distinte conferenze stampa, la prima a Vercelli e la seconda a Casale) si fonda sull’idea che una provincia più grande abbia maggior peso decisionale a livello istituzionale, che possa scongiurare il pericolo di ipotizzabili future soppressione e innalzi il ruolo decisionale di Casale, oggi area di frontiera della provincia di Alessandria e in posizione di evidente subordine rispetto al proprio capoluogo.
L’iniziativa sarà illustrata a Vercelli alle 16 (al bar Principe di viale Garibaldi) e a Casale alle 17 (all’hotel Candiani) da Roberto Rosso, vicepresidente della Regione Piemonte, dall’associazione Noi Siamo Vercellesi’, rappresentata da Massimo Simion e Tino Candeli e dall’associazione Nuove Frontiere per la difesa di Casale e del Monferrato, rappresentata da Alberto Riccio e Giancarlo Curti.
Sull’argomento ci ha inviato una lettera anche Massimo Iaretti, presidente del Movimento Progetto Piemonte, che pubblichiamo integralmente:
"Le notizie apparse sugli organi di informazione in merito all'accorpamento di alcune province al di sotto dei 220mila abitanti e il successivo emendamento in Commissione Affari costituzionali della Camera che va a sopprimere la Provincia di Vercelli, ha, di fatto, riaperto il dibattito su quello che potrà essere il suo futuro".
"Al di là del fatto che possa tornare alle origini con il riassorbimento di Biella, piuttosto che rimanga con la sua identità la questione non cambia: la diminuzione di popolazione conseguente alla nascita della Provincia di Biella, persiste. E ritorna anche alla ribalta un argomento del quale si parla ormai da un ventina d'anni e che, se il mondo politico non fosse stato cieco e soprattutto sordo, avrebbe dovuto essere già stato da tempo affrontato seriamente: l'unione con Casale ed il Monferrato nell'ottica di una "co - provincia" sullo stile di Massa – Carrara o di Pesaro – Urbino".
"Al di là di ogni considerazione una cosa, in ogni caso è certa: il nuovo ente territoriale – vista la dote di popolazione che porterebbero la città di Casale ed il Monferrato, anche se non sarebbe certo che tutti i comuni dell'ex comprensorio casalese seguirebbero questa via, specialmente quelli della Valcerrina nell'area confinante con la Provincia di Asti – avrebbe sicuramente la vita assicurata ed un diverso peso nell'ambito del Piemonte Orientale. E' una strada ricca di incognite, anche perché si devono sfatare tanti luoghi comuni, tanto immobilismo e tanta paura del nuovo".
"Personalmente da casalese di nascita e da gattinarese di origine è da anni che sostengo questa soluzione, anche perché consentirebbe a due centri vicini (25 chilometri di distanza circa e un collegamento di viabilità, stradale ed autostradale, tutto sommato veloce) di non perdere opportunità e giocare il ruolo che gli competerebbe nel Sistema Piemonte. Movimento Progetto Piemonte – MPP, di cui sono presidente, nato il 24 giugno dello scorso anno, Festa di San Giovanni è un movimento politico regionalista che mette al centro della sua azione il Piemonte ed il ridisegno del sistema delle autonomie e dei poteri del governo locale, proprio perché è convinto che Regioni, Province e Comuni, una volta attuata la necessaria razionalizzazione amministrativa, debbano poter competere in un mondo globalizzato in tutto avendo le mani libere nella loro azione e non legate dietro la schiena da mille lacci e lacciuoli".
"Cercheremo, pertanto, di portare queste nostre proposte – insieme a tutti coloro che le vorranno condividere - ai vercellesi, ai valsesiani, ai casalesi, ai monferrini, anche perché se ci saranno elezioni (quando ed in che ambito territoriale occorre a questo punto avere la sfera di cristallo per dirlo) in testa al nostro programma - cosa che non si ritiene prematuro dire – sarà proprio una azione convinta per la realizzazione della co – provincia, tenendo ovviamente in debito conto dello status della Valsesia che dovrà poter svolgere un ruolo paritario insieme agli altri due territori ed essere oggetto di un forte decentramento amministrativo".
"In questo modo, e Movimento Progetto Piemonte ne è fortemente convinto, una provincia che vada da Alagna a Moncalvo potrà sviluppare un ruolo forte nella tutela dell'agricoltura, del ciclo delle acque, del turismo, della cultura, della logistica. Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi Movimento Progetto Piemonte – Mpp spiegherà tale proposta sul territorio vercellese e valsesiano perché l'intenzione è proprio quella di partire dalla gente, visto che chi fa politica viene dal popolo, è parte del popolo e quando ha finito il proprio mandato deve tornare al popolo. Con l'auspicio di non essere soli e che anche forze civiche come la lista Nuove Frontiere, che da qualche tempo brandisce l'idea della Provincia con Vercelli, inizino a guardare oltre la cinta daziaria di Casale e di non vivere il loro progetto solo in funzione anti – alessandrina ma in un'ottica di programmazione territoriale più ampia".
Redazione On Line
Rendo omaggio alle donne che hanno contribuito alla storia del Monferrato ed all'evoluzione dell'umanità
di Claudio Martinotti Doria
Circa tre anni fa, dopo aver letto di innumerevoli atti lodevoli, saggi e lungimiranti, attribuibili a diversi personaggi femminili (perlopiù sconosciuti) della storia medievale e rinascimentale del Monferrato, mi venne in mente l'idea di valorizzarli con un progetto culturale di studi, ricerche e pubblicazioni, con l'intento di renderli pubblicamente conosciuti, almeno a livello locale, alla pari dei personaggi conterranei maschili. E' anche a loro che dobbiamo la grandezza ed il prestigio storico dello stato di Monferrato nel corso di parecchi secoli, grazie agli intrecci matrimoniali con le principali dinastie europee e mediterranee ed alla loro capacità di governo, quando in seguito a particolari circostanze, hanno dovuto integrarsi o sostituirsi agli uomini nel governo del Monferrato o di altri importanti stati a loro affidati.
Già in precedenza mi ero soffermato a riflettere sui sacrifici compiuti dalle donne nel corso della storia, ma mai mi era apparsa in maniera così nitida la loro grandezza (pressoché invisibile), come nella storia del Monferrato
A volte quando mi soffermo a pensare a come le donne sono state prevalentemente trattate nel corso dei secoli della storia dell’umanità a noi pervenuta, inorridisco e provo profonda compassione. Il potere saldamente conservato in mani maschili (salvo eccezioni) e sfociato in autoritarismi maschilisti, patriarcali e paternalistici (i più evoluti), ha spesso infierito sulla donna relegandola nel migliore dei casi al ruolo di serva o concubina, quando non schiava e capro espiatorio, destinandola a umiliazioni e mortificazioni, a lente agonie e devitalizzazioni, a roghi e torture di ogni genere.
Nella migliore delle ipotesi quando la donna nasceva in famiglie nobili era destinata a divenire sposa per interessi familiari (privandola del diritto di amare liberamente e di scelta esistenziale) o cortigiana o rinchiusa in qualche convento.
Ancora attualmente, a causa di protratte situazioni di distorte interpretazioni di tradizioni e testi antichi e per strumentale utilitarismo, in molte parti del mondo le donne sono relegate a ruoli non solo subalterni all’uomo, finalizzate ad appagare le sue esigenze ed i suoi desideri, obbligate a nascondersi e non manifestare mai il loro pensiero, ma addirittura trattate come schiave, come merce di scambio o di rendita finanziaria, costrette a prostituirsi o lavorare in condizioni di elevato rischio sanitario.
Il fatto che le donne non ci odino, ma nonostante tutto continuino ad essere portatrici di alcuni valori essenziali ed assistere l'uomo quando si trova in difficoltà sanitarie ed invecchia, è qualcosa di miracoloso.
Sono le custodi dell’eterno "femminino" sacro, elemento indispensabile per conseguire l’equilibrio ed il completamento dell’evoluzione spirituale dell’umanità, per compiere il necessario passaggio dalla dualità (attualmente dominante e causa di conflitti) all’unità. Pertanto le donne sono loro malgrado dispensatrici di pace ed armonia, per una loro missione intrinseca ed universale di cui sono spesso agenti passive ed inconsapevoli. Abbracciando ed elaborando la tesi del grande filosofo contemporaneo Umberto Galimberti, le donne sono le "principesse" della relazione, hanno in sé l'alterità, la capacità di procreare e di percepire l'altro da sé, e quindi di porre in disparte il proprio Ego per dare ampio spazio alla vita altrui, mentre l'uomo è molto più elementare, primitivo ed egoico.
A volte le donne sono costrette in ruoli politico istituzionali tipicamente riservati ai maschi, nei quali rinnegano la loro intima natura e scendono a compromessi con la loro coscienza. Io sono un convinto assertore che se lasciassimo fare alle donne, se cioè i maschi gradualmente lasciassero il potere alle donne facendosi veramente da parte, la società farebbe in tempi rapidi salti qualitativi giganteschi, e la vita migliorerebbe per tutti.
Ovviamente occorre lasciarle libere di essere se stesse e non renderle surrogati e brutte imitazioni maschili, quindi occorre rinunciare ad indottrinarle e condizionarle e subdolamente dominarle a distanza, ma occorre proprio compiere un atto di fiducia e passare il potere a loro "senza se e senza ma".
Con queste brevi e ridotte premesse, che spero mi perdonerete, avrete meglio compreso il perché da qualche anno stia cercando di promuovere un apposito filone di ricerche della cosiddetta Storia minore locale (definizione impropria, in quanto spesso è Storia a tutti gli effetti) importante ma semplicemente sconosciuta, soprattutto per quei contenuti che riguardano appunto le donne, che sono spesso stati trascurati dagli storici e ricercatori (se non per gli aspetti più "morbosi ed effimeri"), e che invece personalmente vorrei valorizzare. Sforzo personale che sembrerebbe avere sortito un certo effetto in questi anni, stante l'attenzione che finalmente alcuni studiosi locali stanno prestando al tema, e dal numero di pubblicazioni ed iniziative in corso d'opera, incentrate su figure storiche femminili.
Alle donne che hanno contribuito non solo a fare la Storia del Monferrato ma anche del Mediterraneo e dell’Europa, alla loro grandezza interiore ed incompresa solitudine spirituale, mi inchino e rendo loro onore.
Isabella d'Este (n. 1474 - m. 1539 - ritratto di Tiziano Vecellio), Marchesa di Mantova. Una delle donne più importanti del Rinascimento italiano (citata come Primadonna del Rinascimento), giocò un ruolo fondamentale a livello politico e culturale, anche nei confronti del Monferrato (all'epoca governato dalla Marchesa Anna d'Alençon)
Casale Capitale del Monferrato. ALLE ORIGINI DELLA CAPITALE. Giornata di studi storici al Castello del Monferrato
Stemma della Città di Casale Monferrato
L'associazione Casalese Arte e Storia, che è la società storica di Casale e del Monferrato, organizza un convegno di studi sulle origini tardo medievali di Casale come Capitale del Monferrato.
La novità è costituita soprattutto dagli studi della Dott.ssa Beatrice Del Bo * (anche se pubblicati di recente, si riferiscono ad alcuni anni fa, ed il sottoscritto è venuto a conoscenza on line di alcuni estratti fin dalla loro prima disponibilità in rete), che collocano gli atti e le strutture marchionali stabilmente nel Castello di Casale a far data dal 1434-35, da cui si deduce che è da quella data che Casale divenne Capitale del Marchesato, essendo in precedenza la Corte itinerante e le numerose Residenze Marchionali (impropriamente definite "capitali" da alcuni storici) occupate a rotazione dai marchesi e dal loro entourage e poi abbandonate in seguito ad eventi bellici e politici avversi.
Siete tutti invitati a partecipare
Calorosi saluti
claudio martinotti doria
* per approfondimenti: http://www.beatricedelbo.it - Uomini e strutture di uno stato feudale - Il marchesato di Monferrato (1418-1483), Beatrice del Bo. 2009 – 26 x 23,5 cm – pagg. 480 – € 44,50 - Collana: «Il Filarete» - Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano - http://www.beatricedelbo.it/delbomarchesato.pdf
Casale Capitale del Monferrato.
ALLE ORIGINI DELLA CAPITALE.
Giornata di studi storici
CASTELLO DEL MONFERRATO
Piazza Castello, Casale Monferrato
Manica lunga: Sabato 12 giugno h 9,30 - 12,30
Programma:
Aldo A. Settia
(già Università di Pavia, Presidente Associazione Casalese Arte e Storia)
1474, Casale diventà “città”
Beatrice Del Bo
(Università Statale di Milano)
Tra gli uomini del marchese: incarichi e carriere di forestieri alla corte di Casale
Antonella Perin
(Politecnico di Torino)
La trasformazione urbana e l’edilizia civile (cantieri, maestranze e aspetti culturali)
Enrico Lusso
(Politecnico di Torino)
Il progetto della Capitale. Strategie e interventi marchionali per la ridefinizione
del ruolo territoriale di Casale
Bruno Ferrero
(Studioso)
Ubertino Clerico e la trasformazione di Casale in città.
Una metamorfosi ovidiana in fieri
Il Convegno storico è a cura dell'ASSOCIAZIONE CASALESE ARTE E STORIA: http://www.artestoria.net
Perché dovremmo conoscere la Scuola Economica Austriaca? E' solo teoria o vi sono risvolti pratici?
Claudio Martinotti Doria con in braccio la sua consulente finanziaria ...
Di Claudio Martinotti Doria
In seguito al mio recente intervento a favore di un approccio conoscitivo verso la Scuola Economica Austriaca (non era certo il primo), alcuni mi hanno chiesto quale risvolto pratico nella vita quotidiana potrebbe mai avere una simile conoscenza, perché dovrebbero dedicare tempo e fatica?
Questo atteggiamento mentale e culturale, purtroppo assai diffuso, è il frutto di decenni di condizionamento capillare e costante, a delegare ad altri, non solo a livello politico religioso ma anche finanziario, a lasciar fare ai cosiddetti "esperti", che in realtà esperti non lo sono affatto, e fanno gli interessi propri e del proprio istituto-azienda di appartenenza e non certo i nostri. La nostra è una società strutturata sull'istituto della delega, più o meno in tutto, in questo modo si è più facilmente predabili ed abbindolabili per decreto, legittimamente, e si perde la sana abitudine all'esercizio del pensare autonomamente. E' un sistema funzionale al parassitismo istituzionalizzato, che vive alle spalle di chi lavora, produce rischia e si assume responsabilità in prima persona, e siccome il sistema è sempre più diffuso (partecipato) ed avido, non bastando più la predazione per il tramite delle tasse, deve ricorrere anche al progressivo depauperamento finanziario delle famiglie. Tutto questo comporta una sempre maggiore separazione tra realtà sociale e dimensione politica e gestione finanziaria, le seconde parassitarie della prima per il tramite della complicità mediatica che propina a ritmo continuo tuttologi ed esperti che cazzeggiano con atteggiamento saccente dall'alto delle loro posizioni privilegiate da rendita parassitaria, simulando una sorta di investitura per diritto divino (in realtà partitocratico ed oligarchico).
Ma voglio fornirvi un esempio pratico, molto pratico, che chiunque è in grado di capire.
Facciamo il confronto fra due famiglie, che supponiamo cinque anni fa avessero da parte 100 mila euro di risparmi.
La prima famiglia non naviga in Internet ma si nutre di televisione e qualche giornale ogni tanto, si fida dei funzionari di banca e dei promotori finanziari e quindi investe nel cosiddetto "giardinetto", che costituisce il massimo della saggezza della minimizzazione dei rischi che viene propinata: fondi comuni di investimento azionario, bilanciati ed obbligazionari, qualche titolo di stato e qualche obbligazione bancaria o di grandi aziende, qualche fondo pensionistico, ecc., le solite cose ritenute "sicure".
La seconda famiglia invece scopre la Scuola Economica Austriaca navigando in Internet, ne legge i presupposti di base e le previsioni, e le sue analisi la convincono a dar loro fiducia e compra oro fisico (lingottini) recandosi in una delle numerose "capitali e banche" dell'oro che abbiamo in Italia.
La prima famiglia, quella che si è rivolta agli esperti, si ritrova mediamente con un valore ridotto del 60% rispetto a quello iniziale, ma non hanno mai venduto e convertito in liquidità, perché hanno continuato a dar retta agli esperti che consigliavano loro di attendere, che i mercati si sarebbero ripresi, e così avrebbero recuperato le perdite. Continuando a rimanere fermi nelle loro posizioni tra non molto perderanno tutto … nel frattempo il costo della vita è aumentato, carburanti, bollette di casa, rate di mutuo, ecc..
La seconda famiglia si ritrova ora con un "tesoretto" in oro fisico che nel frattempo ha avuto un incremento di valore di circa il 130%, nonostante i frequenti tentativi di comprimerne il valore da parte dei grossi gruppi finanziari e delle banche centrali, cosa per altro non difficile, essendo il mercato internazionale dell'oro di modeste dimensioni, rispetto alla massa monetaria circolante (denaro virtuale). L'oro in questi giorni quota a 1000 euro l'oncia … perché a livello internazionale sempre più investitori istituzionali e privati convertono i loro titoli in oro fisico, non fidandosi più del dollaro e dei bond statali.
Quindi, siccome la matematica non è un'opinione, facciamo i conti in tasca alle due famiglie, che entrambe cinque anni fa possedevano 100 mila euro di risparmi:
- la prima famiglia si ritrova con 40 mila euro e continua a perdere valore;
- la seconda famiglia si ritrova con un valore in oro di circa 230 mila euro, che continua a salire.
La seconda famiglia si ritrova con un piccolo capitale sei volte superiore a quello della prima famiglia, pur essendo partita alla pari ed in soli cinque anni.
Questo nonostante i grandi soloni ed esperti deridessero la Scuola Economica Austriaca (non conoscendola a fondo) e l'investimento in oro. Non rimane loro che affermare, come risorsa finale, che con l'oro non ci compri la spesa quotidiana … forse non sanno che presso le banche dell'oro si può rivendere pagando una semplice commissione che varia dall'1,5 al 3% al massimo, quelle serie, non i negozi che sorgono come i funghi in ogni città con la scritta in vetrina "compro oro" ...
Ritenete sia sufficiente come esempio?
Provate a fare una verifica tra un anno, ripetendo questo stesso esercizio matematico finanziario, e poi mi direte se vale la pena darsi da fare per comprendere da soli quali scelte effettuare o se conviene rivolgersi alla tv o alle banche per sapere come investire i propri risparmi. Non è certo un caso che i soli che consigliano di comprare oro sono i pochi economisti della Scuola Austriaca ed i rappresentanti del Movimento Libertario, oltre a persone come me che amano la libertà e che, essendo uno storiografo amatoriale, sanno che solo l'oro è sempre stato ritenuto moneta di scambio internazionale nel corso della storia dell'umanità, mentre la moneta di carta priva di gold standard non ha alcun valore effettivo (essendo alquanto disonesta, manipolabile a piacimento e producibile in grandi quantità).
Calorosi saluti