Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996
"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis
"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")
"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto." (Dalai Lama)
"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")
"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi
L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)
Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)
Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )
La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria
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Come valorizzare il Monferrato Storico
… La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.
Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …
Il tempo del cazzeggio e della mistificazione politica e mediatica sta esaurendosi, ci attende un autunno caldo, ustionante ...
Di Claudio Martinotti Doria
Il tempo del cazzeggio e della mistificazione politica e mediatica sta esaurendosi, ha fatto il suo corso, potrà ancora proseguire in maniera stantia per i pochi dementi e cerebrolesi che dipendono dalla tv spazzatura e dai giornalacci di disinformazione ed intrattenimento morboso, ma coloro che stanno già provando da tempo sulla loro pelle o su quella di persone cui sono affezionati, le conseguenze nefaste di questo sistema parassitario e predatorio, non manifesteranno più tolleranza per il "panem et circenses", per il cazzeggio mediatico e le menzogne ed il temporeggiamento politico. I nodi verranno al pettine, soprattutto grazie alla rete, finalmente qualche responsabile sarà individuato, anche se prevarranno come sempre i capri espiatori, e qualcuno tra la vasta classe dei privilegiati (la c.d. casta) inizierà a provare paura, quella vera, quella che ti impedisce di continuare nella prosopopea televisiva. Non riusciranno più a ostentare sicurezza e controllo, perché non controlleranno neppure le proprie emozioni. Potranno cazzeggiare al massimo ancora per questa estate e poi la situazione si farà esplosiva e loro sapranno solo balbettare sciocchezze, incompetenti, insipienti e quaquaraquà come sono, di fronte ad una realtà che non comprenderanno neppure lontanamente.
La folla degli incazzati, esasperati, disperati, affamati, privati addirittura della speranza, li travolgerà come uno tsunami reclamando qualche testa, come durante la rivoluzione francese.
Il denaro creato da nulla diverrà carta straccia, gli scaffali dei supermercati si svuoteranno, ci saranno code agli sportelli bancari e le banche commerciali falliranno a catena, e saranno tempi duri per tutti, soprattutto per gli homo videns demens che continueranno ad abbeverarsi alla tv per trovare soluzioni, invocando l'aiuto dello stato, cioè del complice primario dell'elite dei banchieri internazionali che sono i pianificatori falliti di questo sistema in procinto di toccare il massimo degrado e collassare. I politici elaboreranno nuove menzogne da propinare per cercare di temporeggiare e salvare la pelle, ma la rete conterrà la documentazione cui poter attingere per capire cosa è veramente accaduto, gli strumenti culturali per interpretare ed analizzare ci sono e non possono essere censurati. Gli stupidi, pigri ed ignoranti, continueranno ad invocare l'aiuto dello stato, quelli che avranno capito al contrario conteranno sulla propria intelligenza e sulla condivisione solidale con i propri simili per elaborare soluzioni, valorizzando le risorse ed i talenti locali. I tempi saranno maturi per veri cambiamenti sociali ed economici, per eliminare il sistema bancario parassitario fondato sulla moneta creata dal nulla e sulla riserva frazionaria, per tornare alla moneta onesta, come è sempre stato nella storia dell'uomo in ogni continente. Forse si riabiliterà persino il baratto. L'importante è cessare di farsi ingannare e depredare. Siamo agli sgoccioli, le illusioni sono ormai quasi esaurite, chi ancora se ne nutre è come un drogato che vuole continuare a percorrere un tunnel buio senza mai vederne l'uscita. Documentatevi in rete, studiate la teoria della Scuola Economica Austriaca, scoprite i veri responsabili di questo stato di cose, smettetela di accusare invano il libero mercato (mai esistito), la globalizzazione, il liberismo, il capitalismo, ecc., che sono solo frottole. I responsabili sono i banchieri ed i politici al loro servizio, che hanno creato le banche centrali con monopolio di stampare denaro di carta privo di effettivo valore e convincervi che fosse l'unica e più giusta soluzione, inducendovi ad indebitarvi oltre misura e a consumare ossessivamente, depredandovi con l'inflazione (quella vera) che è una specie di tassa occulta con la quale loro spendono e si appropriano di tutto e voi lavorate come schiavi e vi impoverite. Ragionare, riflettere, indagare, ecc., queste sono le attività da svolgersi, non oziare di fronte alla tv. Fate voi, il futuro dipende da voi, non dal Fato.
Il vento del gelsomino soffia sull’Europa, qualche commento in proposito
Breve premessa di Claudio Martinotti Doria
Ci sono segnali inequivocabili in Europa che la società civile (quella cioè ancora civile, dotata di dignità, interpretazione e visione) da alcuni anni sta reagendo ad una politica autoreferenziale, parassitaria e scollata dalla realtà sociale. Lo si è visto in Islanda dove la popolazione di è rifiutata di pagare i debiti causati dagli abusi criminali commessi dai banchieri (forse facendo riaffiorare a livello genetico ereditario culturale la superlativa ed estremamente evoluta esperienza delle Libere Comunità Islandesi del Medioevo), lo si è visto in Francia dove l'intera popolazione è scesa in strada e nelle piazze per protestare ed impedire una penalizzante riforma delle pensioni (mentre in Italia con il solito ricorso alla neolingua mistificatoria ed a trucchi eufemistici hanno di fatto spostato l'età pensionabile di 18 mesi, senza che la popolazione lo capisse e battesse ciglio) e lo si sta vedendo ancora adesso in Spagna con il neonato movimento 15-M degli INDIGNADOS, giovani pacifici ma determinati decisi a cambiare la politica ed hanno totalmente catturato l'attenzione dei media, che non si occupano d'altro, mentre in Italia avrebbero oscurato questi eventi essendo ormai subordinati alla politica partitocratica. Quando mai la società civile del nostro paese dimostrerà di possedere ancora una dignità e volontà di non subire sempre ed illimitatamente ogni sconcezza supinamente? Il Movimento 5 Stelle ha dimostrato che i giovani impegnati e responsabili ci sono, si tratta solo di sostenerli, quello che mancano sono dei media autorevoli ed un giornalismo appena decente … In ogni caso, il ritardo o controtendenza dell'Italia si ritorcerà contro, nel senso che il paese pagherà un prezzo molto più caro per risollevarsi dalla vera crisi che deve ancora verificarsi, cioè il collasso del sistema economico-politico-finanziario fondato sulla moneta fiat (creata dal nulla) e dalla riserva frazionaria che ha in pratica consentito la "contraffazione del denaro" ingannando e depauperando le famiglie dei loro risparmi in particolare occultando la vera inflazione. Quando avverrà il crack sarà troppo tardi per correre ai ripari, che comunque i nostri politici non ne sarebbero in grado essendo insipienti quaquaraquà al servizio dei banchieri
e la popolazione SOLO ALLORA SCENDERA' IN PIAZZA, temo purtroppo ad invocare interventi dello stato, lo stesso che ha consentito e causato questa tragedia, che sarebbe come chiedere ai rapinatori di restituire la refurtiva che si sono già spartiti e speso.
Dai 30 ai 50 mila giovani sono scesi in piazza a Madrid ed in altre piazze spagnole dando vita al Movimento 15 M degli Indignados, garantendo un presidio permanente dei luoghi occupati, per cambiare la politica e ridare speranza alle giovani generazioni, penalizzate e villipese
Il vento del gelsomino soffia sull’Europa
Fonte: MicroMega http://temi.repubblica.it/micromega-online
di Marco Cesario
«Lasciate ogni speranza voi ch’entrate!» Se i palazzi della politica rappresentano un vero inferno per i giovani spagnoli, ci si può permettere di scomodare pure Dante – intellettuale civile per eccellenza – leggendo attraverso il prisma della sua lucida ed ironica disamina quelli che sono oramai diventati i gironi infernali della politica oggi: luoghi oscuri di corruzione, di perdizione, di osceno scambio di voti, di favori, di promesse elettorali (e oramai pure sessuali). In breve stiamo assistendo alla caduta senza fine, per dirla alla Schmitt, di quelle ‘categorie del politico’ o quantomeno ad una loro rielaborazione radicale. Perché dopo i fatti di Sidi Bouzid e di tutto ciò che è successo – e tutt’ora succede – nel mondo arabo ed ora anche in Europa, nulla può essere più come prima. La politica, stuprata quotidianamente nel linguaggio dai manieristi della retorica (i nostri beneamati ministri e deputati) ritorna al suo luogo d’origine etico: la piazza – l’agorà – il luogo deputato in cui il demos ritorna ad esprimere la propria libertà fondamentale che è quella dell’agire politico. Dal Cairo a Damasco, da Algeri a Madrid uno spettro s’aggira per l’Europa e il Mediterraneo: lo zoon politikon delle nuove generazioni che ritornano finalmente ad occupare gli spazi pubblici per cambiare il mondo in cui viviamo.
La primavera del gelsomino, un movimento globale
No, non è un nuovo ’68, questo movimento sembra più vasto, più trasversale, più globale tanto da essere stato capace di attraversare le terre di Maometto sconvolgendo logiche teocratiche millenarie e di arrampicarsi fin lassù, nel cuore del Celeste Impero (che, sia detto en passant, non ha trovato di meglio da fare che censurare la parola ‘gelsomino’ da tutti i documenti). Non me ne vogliano i puristi del ’68 e gli esegeti delle grandi rivoluzioni politiche del XX secolo ma il vento del gelsomino non sembra avere eguali nella storia della civiltà. Anche perché può appoggiarsi su conquiste tecnologiche inconcepibili in passato e sulla potenza invidiabile dei social network, di internet, delle televisioni satellitari e in generale della comunicazione globale di massa. Non dimentichiamo che il venerdì della collera che ha portato alla caduta di Mubarak è stato organizzato in quattro e quattr’otto su Facebook e che i post su Twitter hanno fatto più male a Ben Ali dei colpi di cannone. Ma se pure è vero che un battito d’ali di una farfalla in una zona del mondo è capace di provocare un terremoto a migliaia di chilometri di distanza, chi mai poteva prevedere che gli eventi di Sidi Bouzid – villaggio il cui nome rimarrà a lungo iscritto nella memoria storica di questo 2011 – potessero un giorno coinvolgere anche noi Europei, rivoluzionari dal palato fino, che non alziamo un dito neanche se abbiamo un fucile puntato addosso e che ci indignamo con fin troppa educazione soltanto quando il vicino ci scippa elegantemente la minestra fumante da sotto al naso?
Il contagio spagnolo
Piagata da una recessione che sembra non avere fine, devastata dalla crisi economica, giovane e dinamica ma stanca di un sistema corrotto e di politici che non sembrano più in grado di rappresentare il proprio popolo, la Spagna dei giovani e dei precari si è svegliata il 15 Maggio scorso con un forte mal di testa (e con un’idea ardente): la politica, cosi com’è, non sembra in grado di cambiare le cose. Va dunque cambiata. Che la parola ritorni alle piazze. A poche ore dalle amministrative del 22 Maggio la rivolta dei giovani ‘indignados’ che occupano Puerta del Sol continua a guadagnare terreno. La forza di questi movimenti è il consenso che riesce a creare all’interno della società civile. Vedere gli abitanti del quartiere che portano viveri ed acqua ai giovani che stazionano da giorni nella piazza è un’immagine contro la quale né Zapatero né Rajoy possono lottare. L’invito al boicottaggio delle elezioni poi è inequivocabile: «No les votes». Anche qui, nel paese di Cervantes, ritroviamo dunque un elemento che contraddistingue la politica nostrana: la politica come scandalo. Uno scandalo al quale bisogna porre termine. «¡Democracia real ya!» (ora vera democrazia!) è infatti lo slogan che scandiscono con forza i giovani del movimiento 15-M che per ora resta abbastanza eterogeneo ed orizzontale e nel qual confluiscono studenti, precari, mileuristas (in Italia è la «generazione 1.000 euro»), lavoratori e giovani della marcia Juventud sin Futuro del 7 Aprile scorso. Non è un caso che lo slogan dei giovani spagnoli riprenda il titolo emblematico del libello di Stephan Hessler «Indignez-vous!». Questo piccolo testo, che sprona le nuove generazioni ad indignarsi e a reagire attraverso «un’insurrezione pacifica», ha avuto tanto effetto sulla psicologia collettiva dei giovani quanto il gesto disperato ed eroico di Mohammed Bouazizi, quel lontanto Dicembre del 2010.
Dopo la piazza Tahrir anche Puerta del Sol?
Qualcuno certo ricorda ciò che accadde in Islanda nel 2008 o addirittura le assemblee popolari in Argentina nel 2001. In realtà, con le dovute differenze del caso, tutto sembra ricordare gli eventi di Tunisia ed Egitto, almeno nel protocollo simbolico. Molti commentatori menzionano infatti i diversi ingredienti che hanno fatto scoppiare le rivolte nel mondo arabo : l’alto tasso di disoccupazione giovanile (in Spagna raggiunge drammaticamente picchi del 42%), il precariato diffuso, il rigetto nei confronti di una visione marcia e oramai desueta della politica, gli orrori della partitocrazia, l’assenza di prospettive economiche e di futuro, il gap esistente tra vecchie e nuove generazioni, il politichese che oramai nessuno più parla o capisce (solo pochi capi tribù asserragliati come Iksos nelle riserve parlamentari). Se a questo mix di per sé già esplosivo si aggiunge la straordinaria potenza dei social network e la dimensione fortemente simbolica dell’occupazione permanente di una piazza importante della capitale, ecco che il quadro è completo. Certo la Spagna di Zapatero non è l’Egitto di Mubarak ma, come ha ricordato nella sua analisi su El Pais Jan Martinez Ahrens, il movimento del 15-M è già riuscito per ora a fare un piccolo miracolo: rubare completamente la scena alla campagna elettorale. E questo, in tempi oscuri – che il filosofo francese Régis Debray definì in tempi non sospetti come quelli de «l’obscenité démocratique» – è già di per sé una grande conquista.
La situazione finanziaria è ormai insostenibile, ed i banchieri e leader politici lo sanno, solo che cercano di guadagnare tempo ...
La situazione finanziaria è ormai insostenibile, ed i banchieri e leader politici lo sanno, solo che cercano di guadagnare tempo, non per trovare soluzioni, ma capri espiatori e salvare la faccia ...
Breve premessa di Claudio Martinotti Doria
Il più prestigioso giornalista economico della Svizzera italiana, nell'articolo che pubblico sotto, propone di salvare almeno i paesi più forti consentendo loro di abbandonare l'Euro.
E' stato un errore aiutare la Grecia e continuare a farlo (così come è stato un errore negli anni passati aiutare le banche e le finanziarie che avrebbero dovuto fallire), essendo già spacciata fin da prima che gli fornissero i primi aiuti finanziari, così la situazione si è aggravata ed ora si rischia l'effetto domino sugli altri paesi a rischio insolvenza, cioè l'Irlanda, il Portogallo, la Spagna, l'Italia, il Belgio, e poi successivamente anche la Francia e la Gran Bretagna che sono messe meno bene di quanto facciano credere. Poi toccherà agli USA, che sono messi peggio di tutti e sono la causa primaria di questa tragica situazione con la loro frenetica ossessione di stampare dollari, che hanno imposto a tutto il mondo come mezzo di pagamento per ogni materia prima e merce, ma sanno dissimulare bene e soprattutto sanno trovare capri espiatori al posto loro, provocando diversivi e distrazioni ed ora traggono vantaggio dal fallimento dell'euro.
Insolvenza degli stati significa fallimenti a catena delle banche, perché sono loro a detenere i titoli di stato, per evitare tale rischio cercheranno solo di guadagnare altro tempo per ingannare il pubblico simulando di avere la situazione sotto controllo. In pratica stanno chiedendo agli stati che sono alla canna del gas ed anemici di versare altro sangue per effettuare trasfusioni. Come chiedere ad uno zombie di donare sangue. Ormai siamo al capolinea, oltre c'è il precipizio, ma fino all'ultimo diranno che è solo un effetto ottico, che non c'è alcun precipizio, che l'atterraggio sarò morbido com un letto di piume, perché pensano che finché funzionano le stampatrici di denaro la situazione è sotto controllo, mentre invece stanno per ripetere l'esperienza della Repubblica di Weimar nel 1923, ed irresponsabilmente continuano a cazzeggiare … Fra non molto saranno costretti a prendere provvedimenti coercitivi, da stato militare parasovietico anni settanta: confisca di ricchezza (sta già avvenendo con l'inflazione, che è una specie di tassa occulta e di saccheggio invisibile) e di proprietà privata, leggi marziali, limitazioni di movimento individuale e di prelievo in banca dei propri soldi, ecc.. Tutti interventi liberticidi e di esproprio delle risorse private e famigliari a beneficio dello stato, cioè di una oligarchia di parassiti, farabutti e comitati d'affari.
Fonte: Ticino Live, Quotidiano della Svizzera Italiana http://www.ticinolive.ch
Alfonso Tuor *: fuori dalla Zona euro i paesi più forti.
Si buttano centinaia di miliardi dalla finestra senza voler prendere atto che è insostenibile l’enorme quantità di debiti su cui è seduto il sistema finanziario internazionale …
Sul Corriere del Ticino di venerdì scorso, un’interessante intervista ad Alfonso Tuor.
Riguardo al peso del debito della Grecia sull’euro, Tuor ha definito “un dispendioso cerotto” il nuovo pacchetto di salvataggio della Grecia che verrà discusso oggi dai ministri delle finanze e dell’economia della Zona euro. Un nuovo piano di salvataggio che servirà unicamente a guadagnare tempo prima dell’inevitabile, in quanto è impossibile che il governo di Atene riesca ad onorare il suo debito.
Una situazione che già appariva chiara quando l’anno scorso l’Unione europea ed il Fondo monetario internazionale avevano stanziato 110 miliardi di euro di aiuti. Fondi insufficienti: oggi ne devono essere sborsati ancora una sessantina e ci si chiede perché, visto che la Grecia non si può salvare.
La risposta, come scrive Tuor, è che la ristrutturazione del debito greco (ossia decurtare il valore facciale delle obbligazioni statali in circolazione e/o la proroga delle loro scadenze) darebbe luogo ad una nuova crisi finanziaria, ben peggiore di quella provocata dal fallimento della banca americana Lehman Brothers nel 2008. La dichiarazione di insolvenza della Grecia farebbe impennare il costo per finanziarsi sul mercato, portando in una situazione critica sia i paesi più deboli come Irlanda, Portogallo e Spagna che altre nazioni come Italia, Belgio o Francia. Senza dimenticare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, alle prese con debiti molto importanti.
“Dato che ogni debitore presuppone la presenza di un creditore – scrive Tuor – e dato che la maggior parte dei titoli statali europei sono detenuti dal sistema bancario, le banche risprofonderebbero in una crisi, dalla quale in realtà non sono mai uscite. Alcune, certamente quelle greche (ma molto probabilmente anche altre banche europee) dovrebbero essere nuovamente salvate per evitarne il fallimento e il conseguente effetto domino sull’intero sistema. I mercati finanziari internazionali tornerebbero a fibrillare e ci sarebbe bisogno di nuovi interventi pubblici effettuati da Stati, la cui credibilità è nel frattempo drasticamente diminuita. Per queste ragioni l’Eurogruppo supererà le resistenze di Germania e Finlandia, contrarie a nuovi aiuti alla Grecia, e varerà un piano che – lo ripetiamo – permetterà solo di guadagnare un po’ di tempo.”
Negli scorsi giorni erano girate voci secondo le quali si stava valutando l’uscita della Grecia dalla Zona euro.
“Questa scelta – si legge ancora nell’intervista – corrisponderebbe ad un vero e proprio suicidio. Infatti, il valore del debito pubblico, di quello delle imprese e delle famiglie, che è denominato in euro, schizzerebbe con la resurrezione di una dracma destinata a deprezzarsi fortemente nei confronti della moneta unica europea (…) Il sistema bancario greco salterebbe e il Governo non avrebbe (né sarebbe in grado di raccogliere) fondi per pagare pensioni, salari e spesa corrente. Quindi l’uscita dall’euro di Grecia (e anche di Irlanda e Portogallo) non è una via praticabile. “
Secondo Tuor, “l’opzione praticabile è l’uscita dei Paesi forti dall’euro. Questa opzione dipende da due fattori. In primo luogo, dalla reazione dell’opinione pubblica tra la quale sta crescendo l’opposizione a questi nuovi stanziamenti a fondo perduto (…) In secondo luogo, dallo stato di avanzamento dell’operazione di trasferire gran parte delle obbligazioni statali dei Paesi deboli europei, detenute attualmente dalle banche europee, alla Banca centrale. Quindi permettendo ai Paesi forti di uscire dall’euro senza mandare in crisi i propri sistemi bancari. “
* (ndr) è il giornalista economico più accreditato della Svizzera italiana
150 di unità d'Italia? Un paese così degradato e liberticida non lo poteva prevedere nessuno
di Claudio Martinotti Doria
Ormai l'Italia è un paese talmente degradato da non poter più consentire un vissuto civile degno di questo nome. Ognuno di coloro, come il sottoscritto, che anelano alla libertà nell'onestà e nel rispetto degli altri, è isolato, penalizzato e privato di qualsiasi prospettiva, essendo circondato da una diffusa ed invasiva prostituzione sociale e politica priva di limiti e pudore, da una burocrazia complessa arida ed informe, e nella migliore delle ipotesi si potrà solo cogliere indifferenza, egoismo ed ignoranza.
La vita civile inevitabilmente si è dovuta spostare nel web, dove le poche migliaia di persone non ancora contaminate gravemente da questo degrado e regressione culturale ed aridità spirituale, si incontrano e comunicano nei vari forum, social network e blog. Forse è per questo motivo che politicamente da tempo si cerca di censurare e porre dei limiti alla rete, perché è l'ultima frontiera rimasta alle libertà personali.
Nel mondo reale ormai dominano da tempo i parassiti prostituitisi al business cinico e fraudolento, alla moneta fiat (creata da nulla) e spartita primariamente tra i complici ai vertici della piramide finanziaria e di potere. Hanno abilmente creato le condizioni perché si combatta una guerra permanente tra i poveri, ridotti alla schiavitù senza esserne consapevoli, che devono ormai condurre una vita di stenti e di rinunce, mentre coloro che dovrebbero fare politica nel senso nobile del termine, li derubano costantemente dei loro diritti e dei loro risparmi e patrimoni famigliari.
Il gioco non durerà ancora a lungo, i segnali ci sono, numerosi ed inquietanti, ma i giocatori non li sanno cogliere, salvo i pochi potenti ed anonimi al vertice della piramide, e cadranno come birilli al bowling, qualcuno fungerà da capro espiatorio, altri riusciranno a fuggire senza capire i fenomeni in corso, troppo avidi e stupidi per riuscirci.
E' solo questione di tempo, e non credo neppure che si debba attendere molto e ci saranno sorprese a spron battuto, i media non riusciranno neppure a stare appresso agli eventi e nemmeno potranno censurarli come sono abituati, perché il web li rivelerà fedelmente.
I politici farebbero bene a posare i piedi nel paese reale, perché quello nel quale stanno vivendo è una matrix, e più ritarderanno nel rendersene conto e più pericoloso diverrà il loro risveglio.
STATALISMO E TRAMONTO DEL MONOPOLIO TERRITORIALE. Lo statalismo è divenuta una specie di fanatismo religioso inconsapevole che danneggia ...
STATALISMO E TRAMONTO DEL MONOPOLIO TERRITORIALE. Lo statalismo è divenuta una specie di fanatismo religioso inconsapevole che danneggia le potenzialità, eleva al potere i cialtroni ed i parassiti, e riduce alla schiavitù volontaria ... Carlo Levi (nella foto) fu tra i primi intellettuali italiani a capirlo ed a mettere in guardia vanamente gli amici.
Fonte: Movimento Libertario http://www.movimentolibertario.it
di Gian Piero de Bellis
Una delle formulazioni più famose della saggezza umana è l'esortazione socratica: Conosci te stesso. A questa potremmo aggiungere, per completare il quadro della consapevolezza umana, il suggerimento a conoscere la società in cui ognuno vive e ciò che la caratterizza e la contraddistingue.
Per raggiungere tale fine conoscitivo occorre selezionare, dall'insieme della realtà, dati e fatti rilevanti che vanno poi strutturati in modelli esplicativi e rappresentativi che utilizzano concetti appropriati e definizioni pertinenti.
Nella introduzione ad una raccolta di saggi sul capitalismo pubblicata molti anni fa, Daniel Bell e Irving Kristol espressero la seguente interessante considerazione: “Alla maggior parte delle epoche storiche è attribuito un nome solo dopo che esse sono state sepolte. Gli uomini che vissero nel Medio Evo non avevano alcuna cognizione di vivere sotto il “feudalesimo” o in un'epoca chiamata Medio Evo.” E poi, continuando nella loro analisi, essi affermarono che “la nostra epoca, estremamente consapevole della storia, costituisce una eccezione a questa regola.” Secondo loro, le generazioni vissute dall'ottocento ad oggi avevano ed hanno la consapevolezza di vivere in una fase specifica della storia che essi stessi chiamarono “epoca del capitalismo”, in quanto “il termine capitalismo è emerso verso la metà dell'ottocento ed ha fatto presa a partire da allora.” (Daniel Bell e Irving Kristol eds., Capitalism Today, 1970).
Per quanto riguarda la seconda parte delle loro affermazioni mi sembra che gli autori pecchino di presunzione riguardo alla nostra epoca e diffondano un errore molto comune. Le persone che vivevano nella metà dell'ottocento non sembra proprio fossero consapevoli di vivere nell'epoca del capitalismo anche perché questo preciso termine non era ancora apparso. Adam Smith impiega sì il termine capitale ma mai quello di capitalismo. David Ricardo utilizza occasionalmente il termine capitalista e Karl Marx parla sempre e soltanto di “modo capitalistico di produzione.” Questi e altri autori (come Charles Babbage e Andrew Ure) sapevano di vivere in una fase storica di incremento straordinario della produttività a causa della introduzione delle macchine, della divisione del lavoro e della libertà di commercio ma nessuno di loro, a quanto sembra, qualifica come “capitalismo” l'epoca in cui vivevano.
La parola capitalismo compare per la prima volta all'inizio del XX secolo nel poderoso testo di Werner Sombart “Der Moderne Capitalismus” (1902). Sombart faceva parte dei cosiddetti “socialisti della cattedra”, professori universitari che vedevano il socialismo sotto forma di intervento dello stato nella vita economica e sociale della nazione e ad esso erano particolarmente favorevoli. Per cui “capitalismo”, e qui Bell e Kristol hanno perfettamente ragione, “è soprattutto un termine inventato dai socialisti con implicite intenzioni di critica.” (“it is mainly a socialist term with an implied adversary intention.”).
Al testo di Sombart fece seguito il famosissimo saggio di Weber “L'etica protestante e lo spirito del capitalismo” (1904-1905) e poi da lì una serie infinita di scritti volti a inneggiare o a deprecare l'esistenza del capitalismo.
L'ironia della sorte è che, proprio mentre apparivano questi testi, il capitalismo usciva di scena. Il primo grande colpo assestato al capitalismo fu rappresentato dalle avventure imperialistiche degli stati europei (Inghilterra, Francia, Germania, Belgio, e di altri stati a seguire) che si ritagliavano sfere di influenza politica e, al tempo stesso, gettavano le premesse per la fine del libero commercio mondiale che si trovava sempre più a fare i conti con spazi economici dominati dalle potenze imperialiste.
Ma la vera pietra tombale del capitalismo fu lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Lo storico A.J.P. Taylor inizia la sua “English History” con questa famosissima constatazione : "Fino all'Agosto del 1914 un cittadino inglese giudizioso e rispettoso della legge poteva trascorrere la sua esistenza quasi senza rendersi conto dell'esistenza dello stato, a parte la presenza dell'ufficio postale e del poliziotto. Egli poteva vivere dove e come volesse. Non aveva nessun numero di riconoscimento né carta di identità. Poteva viaggiare all'estero o lasciare per sempre il suo paese senza un passaporto o qualsiasi tipo di autorizzazione di alcun genere. Poteva cambiare il suo denaro in qualsiasi altra moneta senza restrizioni né limiti. Poteva acquistare merci provenienti da qualsiasi altro paese del mondo alle stesse condizioni dei beni prodotti nel proprio paese. A questo riguardo, uno straniero poteva passare tutta la sua vita in questo paese senza dover richiedere alcun permesso e senza dover informare la polizia."
Tutto questo cambiò di colpo nell'estate del 1914 quando gli stati europei iniziarono quell'immane reciproco macello noto come Prima Guerra Mondiale. Negli anni che seguirono, politicanti, intellettuali e propagandisti, trovarono sempre più conveniente nascondere i loro misfatti e le loro menzogne dietro l'etichetta strumentale del “capitalismo” (a cui venivano addossate tutte le colpe) mentre un sistema di potere, del tutto diverso, veniva eretto e organizzato. Tale sistema era caratterizzato da:
- totalitarismo politico (la democrazia totalitaria)
- protezionismo economico (il neo-mercantilismo)
- nazionalismo culturale (la nazionalizzazione delle masse).
Questo sistema di potere ha un nome ben preciso: statismo o statalismo in italiano, statism in inglese, étatisme in francese. Esso non è altro che feudalesimo (cioè potere monopolistico territoriale) su scala allargata.
Questo sistema ha dominato la vita delle persone in maniera più o meno soffocante, utilizzando tutta una serie di denominazioni storiche: fascismo, comunismo, socialismo, nazional-socialismo, social-democrazia, franchismo, peronismo, stato assistenziale, New Deal, capitalismo di stato e finanche il termine capitalismo da intendersi come corporativismo neo-mercantilista.
Per rendersi conto della trasformazione del nascente capitalismo in putrido corporativismo basta osservare l'atteggiamento dei produttori e commercianti nei confronti dello stato. Verso la fine del XVII secolo, come racconta il Marchese d'Angerson, sembra che Colbert, ministro del re di Francia, abbia chiesto ai rappresentanti dei ceti produttivi «Que faut-il faire pour vous aider?» ricevendo come risposta dal mercante Legendre: «Nous laisser faire».
Nel corso del novecento invece e ancora ai giorni nostri i cosiddetti ceti imprenditoriali hanno piagnucolato presso il potere, sentendosi soli e abbandonati, chiedendo, senza sosta, aiuti e protezione dallo stato. Da notare il fatto che il mercante Legendre non era definito un capitalista pur essendolo nei fatti e nello spirito, mentre i cialtroni corporativi di oggi si richiamano al capitalismo pur essendoci lontani mille miglia.
Lo statismo ha dominato per quasi un secolo, dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914 alla Caduta del Muro di Berlino nel 1989. Durante quegli anni tutti (tranne pochissime eccezioni), in maniera consapevole o inconsapevole, vedevano lo stato territoriale come un qualcosa di eterno e di indispensabile. In Italia Carlo Levi ha messo a nudo in maniera magistrale questa realtà facendo riferimento ai suoi amici torinesi di varia estrazione politica (liberali, comunisti, socialisti, conservatori) i quali, con la fine del fascismo,vedevano nel nuovo stato il risolutore di tutti i problemi, anche del problema del Mezzogiorno: “Erano, in fondo, tutti degli adoratori, più o meno inconsapevoli, dello Stato; degli idolatri che si ignoravano.” “Per tutti, lo Stato avrebbe potuto fare qualcosa, qualcosa di molto utile, benefico, e provvidenziale: e mi avevano guardato con stupore quando io avevo detto che lo Stato, come essi lo intendevano, era invece l'ostacolo fondamentale a che si facesse qualunque cosa.” (http://www.polyarchy.org/basta/documenti/levi.1944.html)
Adesso lo stato territoriale monopolistico e la sua ideologia, lo statismo, sono al tramonto anche se, ad alcuni, lo stato può apparire più vivo e presente che mai. Quelli che vediamo sono però gli ultimi sussulti prima della morte che dovrebbe avvenire nel corso di questo decennio, forse (vendetta della storia) negli anni di ricorrenza dell'immane macello della prima guerra mondiali che gli stati scatenarono proprio cento anni fa. Per coloro che volessero documentarsi al riguardo c'è il bel libro di Martin van Creveld, The Rise and Decline of the State (Cambridge University Press, 1999) oltre a una serie infinita di documenti che appaiono giornalmente sul Web soprattutto nel sito del Mises Institute e in quello di Lew Rockwell.
Sapere in quale società viviamo è il requisito essenziale per decidere in quale società vogliamo vivere, caratterizzata da quali rapporti sociali che ognuno di noi si costruisce poi in maniera libera e volontaria. Altrimenti saremo sempre lì, come i finti progressisti del socialismo o gli inconcludenti parolai del liberalismo, a correre dietro a ideologie morte da un pezzo, ignari che esse sono state tutte sostituite da una ideologia, lo statismo, promossa e sostenuta da opportunisti, parassiti e cialtroni di tutti i tempi e di tutti i colori, che ci vorrebbero portare con loro, lentamente, alla morte, ma da cui ci vogliamo liberare per ritornare, al più presto, a vivere.