Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996
"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis
"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")
"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto." (Dalai Lama)
"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")
"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi
L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)
Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)
Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )
La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria
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Come valorizzare il Monferrato Storico
… La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.
Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …
Bioregionalismo urbano ed ecologia profonda nelle comunità umane
Volentieri pubblico un intervento dell'amico Paolo D'Arpini, referente della Rete Bioregionale Italiana, sull'argomento: "Bioregionalismo urbano ed ecologia profonda nelle comunità umane", che contiene interessanti riflessioni e prospettive sociali evolutive
Comunicazione culturale aperta
"...me pasaría la vida viajando y pediría a la buena gente que encontrara en el camino de prestarme algo de su vida para probar a veces lo que significa sentirse en casa.." (Sbirba Aivlis)
Essendo vissuto per moltissimi anni in un contesto urbano (sono nato e vissuto a Roma ed ho anche abitato a Verona per oltre metà della mia vita), ed avendo anche tentato un esperimento di ri-abitazione di un piccolo borgo abbandonato, Calcata, con conseguente tentativo di ricostituire o -perlomeno- avviare un processo di comunità ideale (non so con quale successo...), posso affermare che massimamente il mio procedere "bioregionale" si è svolto in un ambito sociale "cittadino". Ma attenzione, essere un cittadino non significa abitare in città bensì vuol dire riconoscersi in un "organismo" di civiltà umana.
Da poco più di sei mesi mi sono trasferito in una cittadina delle Marche, Treia, e questo è un successivo passo avanti verso la mia ricerca di una sistemazione sociologica ideale.... Infatti Roma è abitata da 6 milioni di persone, è insomma una metropoli, Verona conta quasi mezzo milione di abitanti, Calcata meno di mille... Mentre Treia arriva quasi a diecimila. Insomma sto cercando una giusta via di mezzo, adatta al mantenimento di un sano rapporto con l'ambiente e gli animali senza dover rinunciare ai vantaggi della "civitas", essendo noi umani esseri altamente socializzanti....
La parola "Bioregionalismo" come pure il termine "Ecologia profonda" sono neologismi coniati verso la fine degli anni '70 del secolo scorso, rispettivamente da Peter Berg ed Arne Naess, uno scrittore ed un ecologista, ma rappresentano un modo di vivere molto più antico, che anzi fa parte della storia della vita sul pianeta ed ha contraddistinto tutte le civiltà umane (sino all'avvento dell'industrializzazione selvaggia e del consumismo). Diciamo che il "bioregionalismo" (che equivale all'ecologia profonda) contraddistingue un modo di pensare che muove dall'esigenza profonda di riallacciare un rapporto sacrale con la terra. Questo rapporto si conquista partendo dalla volontà di capire -riabitandolo- il luogo in cui viviamo.
Una bioregione infatti non è un recinto di cui si stabiliscono definitivamente i confini ma una sorta di campo magnetico (aura - spiritus loci) distinguibile dai campi vicini solo per l'intensità delle caratteristiche che formano la sua identità, alla stessa stregua degli esseri umani, contemporaneamente diversi e simili l'uno all'altro.
In una ottica bioregionale - dovendo analizzare i requisiti antropologici di una città ideale - occorre prima vedere gli aspetti di cosa è una città. Noi usiamo il termine città che deriva da "civitas" ma dobbiamo considerare anche l'altra definizione "urbs", questi due termini hanno pari valore nella fondazione ed urbanizzazione del luogo abitativo.
Dal punto di vista antropologico sappiamo che una piccola comunità di 1000 persone consente a tutti i suoi membri la conoscenza personale ed inter-relazione reciproca. Ogni cosa prodotta ha come fruitori i membri tutti ed altrettanto dicasi per quanto è scartato. Nelle comunità antiche, nelle tribù che furono la base della vita umana per migliaia di anni, la reciprocità o solidarietà era elemento di sopravvivenza e sviluppo. Quando lentamente si giungeva ad una summa di tribù dello stesso ceppo originario (diciamo cento entità di 1000 componenti) si diceva che era nato un popolo, una società, insomma una "civitas". Dobbiamo quindi partire da un elemento precostituito e cioé che l'ambito di una "comunità ideale" non dovrebbe superare i centomila abitanti. Ciò vale anche per una metropoli che andrebbe suddivisa in quartieri di tale entità. Perché? Per un semplice motivo: se tutti i componenti di una comunità "originaria" hanno interrelazioni in allargamento (diaspora) sarà possibile connettersi indirettamente o direttamente con gli appartenenti ai vari gruppi che compartecipano allo stesso luogo. Tutti individui diversi dal gruppo originario ma tutti "elementi effettivi" della stessa collettività.
Ampliando così il ramo di interesse dalla parentela vicina o lontana alla compartecipazione, somiglianza e convivenza nello stesso luogo. A questo punto le varie entità (o gruppi di individui) son paritetiche l'un l'altra, intrecciate in un contesto di relazioni e formano la base della città ideale. Forse i membri della città apparterranno a ceti diversi ma assieme a noi vivono nella città, con essi manteniamo numerosi rapporti personali come fra membri di una tribù ideale. Questa si può definire società ed il processo descritto conduce a forte correlazione e socializzazione e vivifica l'intera comunità. Ma si può dire che centomila abitanti son un limite. Giacché questo è il livello d'interrelazione possibile e la città bioregionale -secondo me- deve comprendere criteri di suddivisione sociale che rispettino questi termini numerici.
Non ho nulla contro la vita umana negli agglomerati umani, ma occore portare elementi di riequilibio all'insieme degli elementi vitali, materiali od architettonici che siano.
Il primo passo verso la riarmonizzazione delle aree urbane è il riconoscimento che esse si trovano tutte in bioregioni, all'interno delle quali possono divenire protagoste ed ecosostenibili. La peculiarità dei suoli, bacini fluviali, piante e animali nativi, clima, variazione stagionale e altre caratteristiche che sono presenti in un luogo-vita bioregionale (ecosistema), costituiscono il contesto base per l'approvvigionamento delle risorse quali: cibo, energia e materiali vari. Affinché questo avvenga in modo sostenibile, le città devono identificarsi e porsi in reciproco equilibrio con i sistemi naturali.
Non solo devono reperire localmente le risorse per soddisfare i bisogni dei propri abitanti ma devono altresì adattare i propri bisogni alle condizioni locali. Questo significa mantenere le caratteristiche naturali che ancora rimangono intatte e/o ripristinarne quante più possibili. Per esempio risanando baie inquinate, laghi e fiumi affinché possano ridiventare habitat salubri per la vita acquatica, contribuendo in tal modo all'autosufficienza delle aree urbane. Le condizioni che contraddistinguono le aree geografiche dipendono dalle loro peculiari caratteristiche naturali: una ragione in più per adottare i principi base del bioregionalismo, appropriati e specifici per ogni luogo e -soprattutto- utilizzabili per orientare al meglio le politiche municipali.
Le linee guida di questo mutamento possono essere prese da alcuni principi base che governano gli ecosistemi:
1) Interdipendenza. Accrescere la consapevolezza dell'interscambio fra produzione e consumo, affinché l'approvvigionamento, il riuso, il riciclaggio e il ripristino possano diventare integrabili.
2) Diversità. Sostenere la diversità di opinione così da soddisfare i bisogni vitali oltreché una molteplicità di espressioni culturali, sociali e politiche. Resistere a soluzioni che privilegino i singoli interessi e la monocultura.
3) Autoregolamento. Incoraggiare le attività decentralizzate promosse da gruppi di quartiere-distretti. Rimpiazzare la burocrazia verticistica con assemblee di gruppi locali.
4) Sostenibilità economica. Scopo della politica è quello di operare con interessi lungimiranti, minimizzando rimedi fittizi ed incentivando un processo di riconversione ecologica a lungo termine.
Mi sembra che il materiale trattato per il momento possa bastare al fine di una riflessione sul tema e di un ulteriore dialogo integrativo.. Lascio ai lettori la parola!
Paolo D'Arpini, referente della Rete Bioregionale Italiana
circolo.vegetariano@libero.it - Tel. 0733/216293
http://retebioregionale.ilcannocchiale.it
http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=rete+bioregionale+italiana
IL FISCO SERVE A MANTENERE I PARASSITI, A DANNO DEL NOSTRO RISPARMIO E DELLE PROSPETTIVE DI VITA
IL FISCO SERVE A MANTENERE I PARASSITI, A DANNO DEL NOSTRO RISPARMIO
di Filippo Matteucci
Penso che tutta la storia e la mappatura filosofica delle ideologie siano da riscrivere, per lo meno a partire dall’Illuminismo. Ai soggetti provenienti da famiglie prive di identità che ci vengono a dire come deve andare il mondo, quando essi stessi non sanno né chi sono né perché esistono, non possiamo che opporre lo ius naturalis e i suoi capisaldi: la proprietà privata e il libero mercato. Proprietà privata e libero mercato impongono di buttare le ideologie nel pattume, una volta per tutte: gli errori mentali e il regresso di civiltà dei nostri nonni del Novecento, un secolo di istupidimento di massa e di follia collettiva, non dobbiamo pagarli noi.
Occorre piuttosto imparare a riconoscere quando democrazie formali delegate nascondono tirannie oligarchiche e stataliste: le famiglie dei tiranni e i loro clientes, in questo caso, vogliono controllare e ingessare il mercato, e pretendono di vivere sulle spalle dei cittadini contribuenti, dei ceti produttivi. Per impossessarsi della ricchezza creata e guadagnata dai ceti produttivi, tassano gradualmente ogni azione che il lavoratore compie nella sua vita, ogni ambito della sua esistenza. Salari e stipendi, consumi, atti amministrativi, risparmi, case, trasferimenti di proprietà, il pieno di benzina o di carburante per il riscaldamento, tutto diventa occasione per imporre balzelli ed estorcere così denaro a chi se lo è sudato.
Oggi, vengono a raccontarci che vogliono diminuire le tasse sul reddito da lavoro dipendente; i soldi per far ciò però li trovano raddoppiando le tasse sui risparmi dei lavoratori dipendenti, dei poveri Cristi, di coloro che non possono emigrare o almeno portare i loro risparmi all’estero. In questo consiste la famigerata armonizzazione (o riordino), cioè l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie. Le quali ovviamente non sono rendite, ma sono i sudati, tartassati, inflazionatissimi risparmi di lavoratori e pensionati, che già non rendono nulla, visto che a causa dell’inflazione i rendimenti reali sono oggi negativi. Chi vive di rendita sono caso mai i membri del “politburò”, i maggiordomi dei padroni, coloro che hanno venduto il loro consenso in cambio di uno di quei posti pubblici d’oro o di comode poltrone politiche, con scarso engagement e lauti stipendi: rendite, appunto.
I dominanti di oggi possono essere raffigurati da una piramide: al vertice abbiamo le odierne famiglie reali, le famiglie della grande impresa assistita, sovvenzionata, sussidiata, i padroni assoluti dello Stato, e le famiglie dei boss delle cosche. Nel mezzo troviamo i maggiordomi privilegiati, coloro che occupano le poltrone ben retribuite delle cariche politiche, amministrative e burocratiche, il “Politburò”. Alla base abbiamo quella parte di dipendenti pubblici assolutamente inutile, coloro che, per timore di dover combattere sul libero mercato, hanno venduto il loro consenso in cambio di un “posto” pubblico, per un misero stipendio, disprezzati dai loro stessi protettori. Tutti gli appartenenti a questa piramide producono poco e male: il sistema si regge e va avanti utilizzando la ricchezza creata da altri, dai ceti produttivi: piccole e medie imprese, dipendenti del settore privato, lavoratori autonomi, e quella parte del pubblico impiego realmente necessaria al paese.
La tirannia e l’oppressione consistono nel costringere questi ceti produttivi a mantenere, per forza e contro la loro volontà, gli altri ceti parassitari. Il fisco serve prevalentemente a questo. Oggi la lotta di classe non è più tra proletari contro borghesi, ma tra lavoratori contro parassiti, tra ceti produttivi contro il “Politburò”.
Il fine degli attuali dominanti è lo sterminio dei ceti medio-bassi, ai quali deve essere tolta ogni velleità di formarsi un piccolo patrimonio familiare. La logica redistributiva toglie ai medio-piccoli per dare ai grandi e grandissimi, con una evidente finalità di proletarizzazione (leggi: schiavizzazione) di chiunque non appartenga alle famiglie e alle cosche al potere. Questo processo di proletarizzazione è stato studiato e progettato fin nei minimi dettagli, ed è uno strumento di mantenimento del potere. Ovviamente viene travestito da “redistribuzione a favore delle famiglie, dei lavoratori dipendenti, dei proletari” proprio nel momento in cui sono le famiglie e i lavoratori a essere colpiti, penalizzati, impoveriti dal continuo aumento della pressione fiscale. Tassare salari e stipendi, tassare consumi, tassare risparmi, tassare case, tassare i carburanti o quant’altro è sempre la stessa cosa: sono tutti aumenti della pressione fiscale contro il popolo e a favore dei dominanti e dei loro lacchè. Socializzazione dei costi del consenso vuol dire semplicemente che i dominanti si pagano servi e consenso coi soldi pubblici, coi soldi nostri, quelli che ci tolgono con le tasse.
Oggi, il massimo a cui un cittadino qualunque può aspirare, è che gli venga graziosamente concesso un posto pubblico, un boccone di pane, e, per i più ligi al regime, per quelli che portano più consenso, qualche poltrona d’oro. Non si azzardi il cittadino qualunque a mettersi in proprio, a iniziare un lavoro autonomo o imprenditoriale, un’attività produttiva: verrà immediatamente strozzato dalla burocrazia e dal fisco, e lavorerà per altri, per i poteri forti e per il loro stuolo di lacchè politici e burocrati. Manterrà col suo lavoro e con le sue tribolazioni i ceti parassitari.
Per questo evitare l’ulteriore appesantimento della tassazione sui risparmi degli italiani rappresenta una sorta di “linea del Piave”, sulla quale dovrebbero attestarsi tutte quelle forze politiche, quei tributaristi e quegli economisti ancora dotati di un minimo di ragionevolezza, equità e dignità.
I risparmi sono già tartassati dall’inflazione e dall’imposta sostitutiva: ancora non basta?
Tutte le famiglie si sono accorte che il potere d’acquisto dei loro poveri risparmi è stato decimato dall’inflazione. E l’inflazione è una tassa, anzi, è il più pesante e subdolo tributo di cui già si avvantaggia lo Stato. Tutti sperimentiamo quotidianamente che in Italia c’è un’inflazione ben superiore a quella ufficialmente dichiarata dall’ISTAT: questa inflazione reale è il tributo che i risparmiatori già pagano al fisco, cui si aggiunge l’attuale imposta sostitutiva del 12,5% che ora si vorrebbe iniquamente aumentare, con un intento demagogicamente e ideologicamente espropriativo. E, sottolineo, è assolutamente falsa, falsissima, l’affermazione ricorrente che il rendimento del risparmio è tassato meno dei redditi da lavoro o d’impresa.
Il carico fiscale che le imprese subiscono, è di fatto contenuto: l’aliquota sul reddito d’impresa è fittizia, visto che si applica non su tutto il reddito, ma solo sul reddito imponibile, e qualsiasi commercialista è in grado di decimare l’imponibile del reddito d’impresa. Tutta una serie di fasce esenti, deduzioni e detrazioni sono poi previste per tutti gli altri tipi di reddito, a cominciare dal reddito da lavoro dipendente. Ciò non accade invece per l’imposta sostitutiva, che è un tributo ben diverso dall’imposta sul reddito. Ed è proprio l’imposta sostitutiva che già oggi colpisce i rendimenti dei risparmi: le sue aliquote si applicano quindi senza sconti su tutto il reddito nominale (ben maggiore di quello reale!) dei risparmi, fino all’ultimo centesimo, non essendovi alcuna possibilità di dedurre costi e spese dall’imponibile, né fasce esenti. Si applicano anche sulle perdite da inflazione! Quindi il paragonare l’aliquota solo nominalmente più alta del reddito d’impresa o di lavoro a quella del 12,5% sui redditi finanziari nominali non ha senso, e chi, in possesso delle dovute conoscenze giuridico-tributarie, fa tale paragone fra aliquote di imposte strutturalmente diversissime, lo fa in malafede, per infinocchiare chi di tributi non se ne intende.
E quel neokeynesianesimo imperante, quel tassa e spendi, che tanto fa comodo ai ceti parassitari, è talmente insensato da illudersi che tassando i risparmi fino a ucciderli si spinge la gente a consumare di più, stimolando l’economia. No, non è così. L’effetto di una maggiore tassazione è esattamente il contrario: le possibilità economiche delle famiglie sono decimate dal calo dei rendimenti dei loro risparmi e dall’aumento dei costi per le abitazioni. Le famiglie si tengono ancora più stretti i loro risparmi, non consumano, non domandano i prodotti che le imprese offrono. Gli imprenditori di conseguenza non investono, e l’economia regredisce.
Capiamoci, con l’assalto dei ceti parassitari ai risparmi dei lavoratori (le rendite finanziarie) il passaggio è epocale: nessun governo, anche ferocemente statalista, in passato era mai arrivato a tanta iniquità. Per impadronirsi dei nostri risparmi non si accontentano più dell’inflazione, oggi l’attacco espropriativo contro i risparmi degli italiani è diretto, frontale e pesantissimo: aumento, quasi raddoppio dell’imposta sostitutiva, che, si badi bene, e lo ripeto, è per sua struttura e per base imponibile molto più pesante e vessatoria, a parità di aliquota percentuale, della normale imposta sul reddito, con la quale in troppi, per ignoranza o malafede, la confondono. All’esproprio dei risparmi seguirà, già annunciato, l’attacco fiscale agli immobili, facilmente attuabile attraverso una revisione al rialzo delle rendite catastali. E, una volta tartassati risparmi e case, troveranno qualcos’altro da tassare, che so, i balconi (già ci hanno provato!), o i cessi dei laboratori degli artigiani, o le bottiglie di acqua minerale, o i cani e i gatti che ci teniamo in casa, in un’infinita pauperizzazione, un infinito asservimento di chi lavora e produce, di chi non è dei loro. Se non li fermiamo ora non li fermeremo più. Per questo la battaglia in difesa dei nostri risparmi va combattuta fino in fondo, questa “linea del Piave” non deve essere sfondata.
Come sono bravi, coloro che vivono sulle nostre spalle, nel falsare il significato del linguaggio, nel camuffare con l’ideologia gli espropri che perpetrano a loro esclusivo vantaggio.
Che fantasia affermare: “Vogliamo abbassare le tasse sui salari dei lavoratori, quindi raddoppiamo le tasse sui loro risparmi...”.
Quanta gente sprovveduta e in buona fede si lascerà ancora prendere per i fondelli? Quanti poveri Cristi non capiranno che i tartassati sono sempre loro, che lavorano per far fare la bella vita a qualcun altro? E ripeto un mio vecchio suggerimento: chiediti sempre nelle tasche di quali famiglie vanno i soldi che lo stato ti toglie.
Presentato a Milano il volume sul Monferrato dell'editore Lorenzo Fornaca.
E' stata un'occasione per valorizzare il Monferrato presso una prestigiosa "enclave" inglese …
di David P. Gelman e Claudio Martinotti Doria*
MONFERRATO SPLENDIDO PATRIMONIO, il pregevole libro dell'editore astigiano Lorenzo Fornaca, è stato presentato lunedì scorso 14 febbraio 2011 alla libreria BOOKS IMPORT DI MILANO.
L'evento oltre che dalla libreria BOOKS IMPORT è stato organizzato dalla rinomata Sir James Henderson School of Milan (fondata nel 1969 da uomini d'affari inglesi, che si potrebbe definire una scuola d'élite) ed ha richiamato numerosi invitati stranieri amanti del Monferrato, venuti appositamente, alcuni superando grandi distanze (una mobilità e dinamicità cui noi abitanti di provincia non siamo minimamente abituati e consapevoli).
Tutti gli interventi si sono svolti in inglese, l'unico ad intervenire nella lingua italiana è stato l'editore Lorenzo Fornaca, ospite d'onore che ha presentato con proverbiale entusiasmo la sua ultima fatica editoriale, da lui interamente coordinata. Impresa ardua trattandosi di una quarantina di autori che hanno spaziato in tutto lo scibile inerente il Monferrato.
Il calore umano e la genuina motivazione che ispira l'editore, ha contagiato il pubblico, nonostante le necessarie interruzioni per dare modo all'interprete di tradurre in inglese il suo intervento. Pubblico assai numeroso, da grandi eventi, circa 250 persone mediamente presenti, che hanno letteralmente riempito ogni spazio della grande libreria, complessivamente si stimano siano transitate a rotazione circa 500 persone, per partecipare ed ascoltare.
MONFERRATO SPLENDIDO PATRIMONIO è riduttivo definirlo un libro. Si tratta infatti di una dichiarazione d’amore verso la sua terra: Il Monferrato; regione davvero speciale per la storia, l’arte, le leggende e i paesaggi incantevoli. …Terra di cui mi sento ambasciatore e rappresentante e di cui porto il caloroso saluto… Così ha esordito l’editore che aveva un sogno e l’ha realizzato superando difficoltà e aspettative. Dopo aver commissionato decine di capitoli, scelto fra migliaia d’immagini e aver portato a termine il progetto stampando un prodigioso volume, si è accorto di essere andato oltre; oggi l’opera sta riscuotendo crescente successo.
Sono stati molti gli autori che hanno lavorato con entusiasmo a un progetto complesso e articolato, sotto la sua regia, ed alcuni non si sono limitati al capitolo di propria competenza. Di piacevole lettura e facile consultazione, MONFERRATO SPLENDIDO PATRIMONIO mostra i suoi tesori, attraverso un viaggio in cui avventura, storia, bellezze e le mille virtù di una terra sospesa nel tempo sono di casa.
Il volume sviluppa numerosi argomenti con notizie curiose e informazioni spesso inedite, approfondendo svariati temi. Anche in questo risiede il suo valore: l’ampio respiro e la ricchezza testuale e iconografica ne fanno un’opera particolare, apprezzata da tutti coloro che finora hanno avuto il privilegio di possedere e consultarne una copia
L'editore Lorenzo Fornaca e l'interprete, durante la presentazione del libro
Nell’occasione sono stati presentati i lavori artistici degli allievi della Sir James Henderson School of Milan e si è parlato dei dipinti di una grande artista monferrina Matilde Izzia (numerosi dei quali pubblicati nel volume) presentati da Gregory Wright, responsabile del dipartimento sviluppo e marketing della scuola e da Lodovico Gavazzi, titolare di BOOKS IMPORT.
Sono state così ammirate le doti creative non comuni, l’originalità dei lavori dei giovani. Particolarmente interessante l’abbinamento, perché traccia un collegamento ideale fra passato e presente, fra i giovani artisti della Sir James e la pittrice che è stata ricordata da Lorenzo Fornaca, in occasione della presentazione del suo libro.
E' stato tale l'interesse e l'entusiasmo che ha suscitato la presentazione e la consultazione del volume, oltre agli effetti visibili nel pubblico presente, la sua partecipazione, le numerose domande poste e gli sforzi di avvicinarsi all'editore e di parlare in italiano, ha anche convinto la scuola inglese ad adottare il libro per effettuare delle esercitazioni e traduzioni in lingua inglese di alcuni suoi capitoli, non escludendo di pervenire alla sua completa traduzione, come preludio ad una edizione in lingua inglese.
Edoardo Simone Paluan (figlio di uno degli autori del volume), allievo della Sir James, ha fatto da interprete all’editore, per i numerosi ospiti inglesi presenti. La serata è stata allietata da alcuni giovanissimi musicisti della scuola e da un buffet in cui non sono mancati i vini monferrini e fragole molto saporite, in omaggio agli innamorati nel giorno di San Valentino.
* autore di due capitoli del libro citato e collaboratore dell'editore
Le città fantasma cinesi come risposta al previsto crollo dell'economia americana (la supremazia USA è persa ormai da tempo)
Prefazione di Claudio Martinotti Doria
La Cina sta convertendo in materie prime le enormi riserve di dollari di cui dispone, oltre che in metalli preziosi come oro ed argento, acquisisce commodities da destinare soprattutto alla costruzione di intere città ben pianificate ed addirittura eleganti urbanisticamente. Ne sono previste oltre duecento da un milione di abitanti ed una trentina di metropoli, che per il momento rimangono praticamente vuote oppure occupate in minima parte ... Infatti vengono definiti dagli analisti occidentali "città fantasma". Probabilmente è una risposta autarchica politico economica, pianificata dalla leadership politica cinese, al previsto crollo dell'economia americana, sapendo che presto il dollaro perderà la sua ormai marginale credibilità e leadership finanziaria. Ma non si limitano all'autarchia, infatti La Cina sta comprando quantità impressionanti di terreni agricoli e siti minerari in Africa da destinare alla produzione alimentare, sta rilevando congrue percentuali di titoli di stati del sud Europa (soprattutto degli stati in difficoltà), sta ampliando le infrastrutture logistiche commerciali turche e sta investendo in quote di proprietà delle migliori industrie europee ed americane. Inoltre sta rilocalizzando all'interno del suo territorio gli insediamenti umani e produttivi in base alle previsioni e proiezioni avveniristiche degli scenari mondiali, predisponendo le condizioni per garantirsi quote sempre maggiori di esportazione, dimostrando una lungimiranza e capacità di pianificazione di lunghissimo periodo che da noi in Occidente è estinta da tempo. Come suggerisco ormai da parecchi anni, dite ai giovani di studiare come seconda lingua il mandarino standard al posto dell'inglese
I fantasmi cinesi hanno una casa
Fonte: Eurasia, Rivista di Studi Geopolitici http://www.eurasia-rivista.org
Di Enrico Verga
A Chongqing, la "nuova frontiera" dell’urbanizzazione cinese, blocchi di alti edifici fioriscono dove prima si trovavano rigogliose risaie; ferrovie e autostrade marchiano il nuovo territorio senza tener presente le colline e i fiumi che attraversano.
Ovunque le colline vengono livellate, le valli e i canyon riempiti per poter far spazio al piano edilizio volto a costruire abitazioni per 2 milioni di cittadini. Queste le stime di urbanizzazione ufficiali definite dallo stato.
Questa è la Cina che McKinsey & Co descrive quando prevede che la nazione costruirà una "nuova Chicago" ogni anno per le prossime due decadi, oltre 1500 nuovi grattacieli superiori ai 30 piani. Entro il 2025, si legge nel rapporto, la Cina avrà 219 città con una popolazione superiore al milione di persone e 24 città piu’ grandi dell’attuale Sidney. In luoghi come Chongqing il viaggio da contadini a cittadini, pronti a godere dei molteplici benefici del mercato globale, è ancora in divenire.
I piani edilizi prevedono che ogni edificio piu’ alto di 5 piani debba possedere una struttura rinforzata di acciaio. L’acciaio è fondamentale per i binari delle ferrovie e per le autostrade. Ogni tonnellata di acciaio richiede circa 1,6 tonnellate di minerale ferroso e 850 chili di carbone ad alta qualità di combustione per alimentare le fonderie.
La Cina investe nella Cina. La scelta di utilizzare le riserve in dollari per incrementare le scorte di materie prime necessarie alla sviluppo nazionale è uno dei metodi più rilevanti per "alleggerire" il carico di valuta straniera detenuto nelle casse statali a favore di beni materiali il cui prezzo, con la guerra delle valute, rischia di crescere di anno in anno.
Tuttavia questa strategia sembra generare delle aberrazioni, situazioni di sviluppo che, per gli standard occidentali, risultano essere completamente illogiche.
Il nuovo distretto urbano di Ordos, in prossimità dell’omonimo deserto, è un esempio di questo fenomeno. Vista dal satellite la città ha un design elegante: edifici abitativi raggruppati in quartieri con una valida pianificazione stradale, ampli viali, scintillanti edifici governativi, parchi. C’è solo un elemento mancante: i cittadini.
La città stenta a popolarsi pur sita in una delle zone più ricche, per risorse naturali, della Cina.
I soli abitanti sono i funzionari locali che regolarmente si recano nei nuovi palazzi del governo.
Erenhot, sita nell’interno, ai confini con la Mongolia, è una ridente cittadina che ospita un parco turistico dedicato ai dinosauri. La città ospita il terminal della linea ferroviaria Trans Mongolia. I convogli devono cambiare carrozze qui, data la differenza dei binari tra lo standard cinese e lo standard mongolo ( originato da quello russo).
Pur essendo un naturale centro di commercio con la vicina Mongolia solo il 40% delle unità abitative risultano occupate, pur avendo una rete stradale cittadina articolata che connette i differenti quartieri abitativi semi deserti e le future aree residenziali ancora da costruire.
L’elenco delle città carenti di abitanti è lungo e spazia da interi blocchi urbani -sorti vicino alle già esistenti cittadine, come il nuovo distretto di Zhengzhou- alle "cattedrali nel deserto" di Dantu e Kangbashi.
La visione capitalista occidentale difficilmente può spiegare questa situazione. L’analisi del rapporto di McKinsey & Co delinea uno scenario di crescita e investimenti in linea con gli standard comunemente dati per assunti in occidente.
Si parla spesso di bolla dell’edilizia cinese, le trasmissioni finanziarie non esitano a delineare prossimi crolli del mercato immobiliare cinese. Per quanto le "bolle", sin dai tempi dei bulbi di tulipano olandesi, siano un fenomeno ricorrente, ci sarebbe un altra prospettiva che potrebbe essere interessante esplorare al fine di comprendere le "case fantasma" cinesi.
Osservando lo scenario mondiale e la decrescita del mercato americano viene da chiedersi se la Cina, che galleggia su un oceano di dollari e buoni del tesoro americani, non abbia compreso che sia meglio investire, forzatamente, in sé stessa piuttosto che nella decrepita economia a stelle e strisce.
La Cina, in vero, sta investendo anche in terreni agricoli e siti minerari in Africa, sta comprando parte degli ingenti debiti degli stati del sud Europa (Grecia, Portogallo, forse in futuro la Spagna), sta ampliando le infrastrutture logistiche commerciali turche.
Si può ipotizzare che la politica di sviluppo nazionale cinese si basi su 3 principi: controllo della popolazione, crescita economica interna, sviluppo infrastrutture dei distretti interni.
Questi tre principi si completano e si sostengono a vicenda: la trasformazione da contadini a cittadini permetterà di controllare più efficacemente un crescente numero di cinesi. Le decisioni di spostare verso l’interno le aziende che producono con minor efficienza e rilocalizzare sulle coste, vicini ai centri di logistica, le compagnie che creano prodotti ad alto contenuto tecnologico porterà ulteriore benessere economico ai distretti interni, giustificando la necessità di una rete di trasporti modernamente strutturata. Egualmente le opportunità offerte dal popolamento dei centri nuovi urbani potrebbero sostenere un mercato interno e generare una domanda stabile per i beni prodotti dalle aziende cinesi.
Se si uniscono tutti questi elementi: sicurezza, crescita economica nazionale e benessere popolare, la scelta cinese di costruire città fantasma appare una scelta ben ponderata, che denota una pianificazione e una lungimiranza nazionalista che i governi occidentali, affascinati dal concetto di globalizzazione, sembrano aver perso.
Le reali cause della rivolta Egiziana, che si estenderà anche all'Europa, è solo questione di tempo
Scritto da Francesco Carbone
Fonte: http://www.usemlab.com
Non ho ancora letto nel giornalismo mainstream un'analisi sulla crisi egiziana che abbia senso compiuto. Non si può fare storia senza conoscere la scienza economica, diceva Mises, ed eccoci ancora una volta di fronte al problema di interpretare correttamente la realtà storica: centinaia di esperti e giornalisti che arrancano sugli specchi senza riuscire a capire le vere cause dell'esplosione del malcontento. Sembrano un esercito di scimmie che giocano con il pallottoliere cercando di trovare la somma di uno più uno. Non una di loro che ancora sia riuscita a dire due,facendo i giusti collegamenti tra politiche monetarie e realtà sociopolitiche.
Oggi ho postato un grafico in home page, il CCI index o indice delle materie prime. Come vado predicando da anni, alla luce delle politiche inflattive di Greenspan prima, e di Bernanke poi, l'aumento dei prezzi accompagnato da una diminuzione degli standard di vita è cosa inevitabile... su scala mondiale! Un aumento già esponenziale come mostra il grafico. Benchè per diverse ragioni ancora senza conseguenze devastanti nei paesi occidentali, i danni cominciano a farsi sentire per ovvie ragioni nei paesi periferici e marginali. Come il Nord Africa appunto. Siamo ancora nella prima fase del crackupboom e stiamo trasmigrando lentamente alla seconda.
Come scrive Gary North in Cosa è il Denaro: "quando muore il denaro, muore la gente". Il libro ha appena qualche mese e abbiamo già le prime vittime che per adesso presentano il passaporto tunisino ed egiziano. Tuttavia è solo l'inizio. Chi ha letto il libro ha già capito il perchè.
Nei paesi come la Tunisia o l'Egitto i tre quarti del reddito se ne va in spese energetiche e alimentari. Le conseguenze delle politiche inflattive, replicate in casa da banchieri centrali inermi e passivi, sono pertanto devastanti. Nonostante alcuni rincari di prezzo, invece, nei paesi occidentali la spesa costituita dai beni di primaria necessità è ancora limitata e quindi sopportabile. Il tenore di vita, benchè in continua e lenta discesa, continua a essere finanziato da un debito crescente e sempre più insostenibile. Un debito che viene sostenuto sui mercati finanziari solo grazie al contributo diretto delle banche centrali. Quantitative Easing. Avete indovinato.
Certamente i paesi nord africani presentano anche problematiche pesantissime legate alle limitazioni delle libertà civili, ma questo è solo il motivo per cui l'innesco rappresentato dall'aumento dei prezzi dei generi alimentari, ovvero dalla pesante caduta dello standard di vita degli ultimi anni, è stato fatale. La rabbia degli egiziani ha le parole Quantitive Easing scritte su tutte le loro facce. Ed è solo l'inizio. Acrimonia sociale, rivolte sociali, e conflitti geopolitici. Nei paesi occidentali siamo ancora al primo step, i paesi del nordafrica sono già al secondo, i conflitti geopolitici saranno inevitabili quando la gran parte dei paesi si troverà nella seconda condizione. Immaginate un miliardo di cinesi incazzati alla stessa maniera degli egiziani. E aggiungeteci mezzo miliardo tra americani ed europei.
I paesi marginali dell'europa, i PIIGS, quelli delle valute deboli gestite una volta come fossero coriandoli di carnevale, possono ringraziare l'euro se non si trovano già in coda a tunisia ed egitto. Ma state sicuri che ciò che sta accadendo in Egitto succederà anche nei paesi occidentali. E' solo questione di tempo. L'esperimento socio economico condotto da Greenspan prima ed amplificato da Bernanke dopo è qualcosa di esplosivo come non si vedeva dai tempi di John Law. Alle bolle di John Law fece seguito nel giro di cinquanta anni la rivoluzione francese. Oggi le dinamiche sociali ed economiche si sviluppano molto più in fretta e non credo che passeranno molti anni perchè la rivoluzione sociale del terzo millennio faccia seguito alle politiche dei banchieri centrali moderni che da anni devastano la struttura socio economica del pianeta.
E così, mentre in occidentente il cuscinetto degli asset finanziari continua a tenere accese le illusioni di prosperità e permette alle elite di continuare il gioco delle tre carte a scapito della popolazione, nel resto del mondo i fermenti sociali continuano a crescere. Tuttavia quando gli asset finanziari non saranno più in grado di tenere il passo dell'aumento dei prezzi dei beni reali, nonostante i tentativi disperati delle banche centrali di pompare i primi e frenare i secondi, il contagio sarà inevitabile. E le conseguenze durature. La struttura produttiva distorta che decenni di politiche monetarie dissennate hanno alimentato non può essere cambiata da mattina a sera per accomodare le reali esigenze primarie di una popolazione mondiale totalmente spiazzata. Il processo richiederà tempo, per ricostituire i risparmi distrutti dalle politiche monetarie saranno necessari anni.
Purtroppo, fintanto che i soliti imbecilli, tra cui si annoverano persino presidenti di nazioni, premi nobel e banchieri centrali, e i loro servi di corte continueranno a spargere fumo scaricando le colpe dell'aumento dei prezzi sulla speculazione, gli hedge fund, le siccità, le inondazioni, l'emissione di polveri inquinanti e quant'altro, le popolazioni continueranno a vagare smarrite su questo sentiero di totale ignoranza con riguardo alla connessione diretta tra economia e realtà sociopolitiche. Rischiando di passare, con le loro rivoluzioni sociali, dal pentolone alla padella, dalla brace al fuoco vivo.