Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996


"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

In Italia abbiamo tasse ed evasori ai massimi livelli mondiali, ma pare non si sappia interpretarne il significato ed ancor meno trovare soluzioni ...

In Italia abbiamo la maggiore e peggiore (come gravosità burocratica) pressione fiscale del mondo, che ormai sfiora il 70%, ed in cambio abbiamo servizi pubblici di infima qualità, corruzione, degrado, sprechi, cementificazione patologica del territorio, leggi liberticide, ecc.. Aumentare la pressione fiscale significa favorire questo fenomeno di abuso, parassitismo e malinvestimenti pubblici, da parte dell'incompetente classe politica al potere. Per porre rimedio a questo pessimo stato di cose occorrerebbe ridurre ai minimi termini la pressione fiscale diretta e limitarla ai beni di consumo ed ai servizi utilizzati (tassazione indiretta), riducendo altresì ai minimi termini i ruoli politici di governo, sia statale che locale, che allo stato attuale si potrebbero tranquillamente dimezzare, e sarebbero ancora troppi. In questo modo, riducendo altresì significativamente anche gli stipendi e le indennità a tutti gli incarichi politici e pubblici del paese, si taglierebbero effettivamente i costi del settore pubblico, nel giro di pochi anni si porrebbero le condizioni per avviare un circolo virtuoso autocorrettivo ed il parassitismo che avviluppa l'Italia in una letale ragnatela non potrebbe alimentarsi. Diversamente questo paese è destinato al fallimento economico, politico, culturale e sociale, e potrebbe salvarsi solo divenendo una colonia di un paese straniero, che se lo compri indirettamente, per il tramite dell'assunzione del suo enorme debito pubblico (acquistando i suoi titoli di stato), come potrebbe fare ad esempio la Cina. Forse anziché l'inglese, come seconda lingua sarebbe meglio studiare il mandarino standard.
Claudio Martinotti Doria

Fonte: Movimento Libertario http://www.movimentolibertario.it

EVASIONE RECORD? E IO CONTINUO A DIFENDERE CHI SI DIFENDE DAI GABELLATORI!

di Leonardo Facco*

Non di rado si cita Robin Hood per avvalorare la tesi secondo cui le imposte sono cosa buona e giusta, dato che l’eroe di Sherwood rubava ai ricchi per dare ai poveri. In realtà, Robin Hood faceva esattamente il contrario e rubava a coloro che avevano derubato i poveri, ovvero allo sceriffo di Nottingham. Anche Machan usa la metafora di cui sopra per sostenere quanto segue: “La verità è che le imposte sono una forma di estorsione, un metodo barbaro ed una violenta violazione della libertà umana”.
Irving Kristol, anch’egli poco avvezzo a devolvere quattrini allo Stato ha scritto in “Two Cheers for Capitalism”, nel lontano 1978: “Il principio alla base di un welfare conservatore dev’essere semplice; ove possibile, alla gente dovrebbe essere permesso di tenere i propri soldi – piuttosto che trasferirli (per mezzo delle tasse allo Stato) – a condizione che li utilizzino in un certo modo definito”. Tradotto, che ognuno faccia ciò che vuole coi propri soldi e ne sia responsabile.
Un premio Nobel come Friedrich von Hayek completa la carrellata di chi alle tasse non strizza certo l’occhio: “E il problema della burocrazia è la tassazione: i governi costringono gli individui a pagare le tasse minacciandoli con la carcerazione e una simile forma di profitto garantito neutralizza l’innovazione e l’efficienza, notoriamente attributi della competizione. Condizione, quest’ultima, che richiede massima libertà di azione affinché imprenditori e consumatori possano produrre, offrire, comprare, rifiutare beni e servizi in accordo con le proprie reali esigenze”.
Mica solo grandi menti straniere hanno detto peste e corna sui tributi. In Italia, la schiera degli insofferenti si allarga in continuazione. Alberto Mingardi, direttore dell’Istituto Bruno Leoni, recensendo “For Good and Evil” ha scritto: “Presso Atene, ricorda Adams, ‘il simbolo della libertà erano le imposte indirette. L’individuo non veniva tassato direttamente; ciò che veniva tassato erano alcune attività commerciali come la vendita, l’importazione, o l’utilizzo di un bene pubblico come una strada, un ponte, una rotta navale o un porto’.
Non lo ritroveremmo nei nostri ricordi di scuola, ma è interessante che ‘ciò che più offendeva i democratici greci era il sistema fiscale dei tiranni; a loro parere, imposte dirette e tirannia erano una cosa sola’.
*Tratto da "ELOGIO DELL'EVASORE FISCALE", autore Leonardo Facco, Amministratore del Movimento Libertario (Aliberti editore)

Nuove idee per valorizzare il Castello di Casale Monferrato, simbolo del Monferrato



Lettera del nostro collaboratore Martinotti Doria con alcune proposte per promuovere il maniero

Fonte: Casale News http://www.casalenews.it/index

29 Gennaio 2011 – CASALE – Il nostro collaboratore Claudio Martinotti Doria, al di fuori della sua rubrica storica ‘Patria Montisferrati’, ci ha inviato questa lettera contenente diverse idee e proposte per valorizzare il Castello: “A conferma delle proposte elaborate ed avanzate dagli amici Motta ed Angelino dell'Associazione Casalese Arte e Storia – scrive Martinotti Doria –, inerenti la valorizzazione del Castello di Casale Monferrato, pubblicate recentemente sui giornali locali, che approvo in pieno ed auspico siano accolte dall'amministrazione di Casale, vorrei solo aggiungere un paio di considerazioni oggettivamente a sostegno, che derivano dall'esperienza maturata dal sottoscritto”.

“L'interesse popolare per gli edifici storico militari – prosegue Martinotti Doria –, in particolare castelli e fortezze, e per la riscoperta delle proprie radici culturali e storiche localistiche, è potenzialmente in espansione da parecchi anni. Ne abbiamo avuto conferma come gruppo Gevam Onlus nel 1996, quando nel marzo di quell'anno l'amministrazione comunale decise di aprire al pubblico la Cittadella di Casale Monferrato (che era inaccessibile da parecchi anni), nel fine settimana del 16 e 17 marzo 1996, per alcune ore al giorno”.

“Le guardie ecologiche volontarie del Gevam (poi dissoltesi alcuni anni dopo per assenza di sostegno istituzionale e finanziario), circa una decina predisposte allo scopo e da me coordinate, si dovevano occupare del servizio di accesso, controllo e limitazione dei movimenti all'interno dell'area (alcune zone erano ancora pericolanti e non accessibili per motivi di sicurezza)”.

“Per quanto ci si aspettasse una discreta affluenza di pubblico, ci trovammo a dover gestire una vera e propria situazione di emergenza, il pubblico in attesa di entrare formava una fila gigantesca all'ingresso dal ponticello, pertanto gli accessi dovettero essere limitati a piccoli gruppi guidati e controllati, e molti non riuscirono ad entrare.
Alla fine del week end contammo oltre diecimila visitatori alla Cittadella. La conferma di quanto affermo la trovate su tutti i giornali locali, Il Monferrato, La Vita Casalese ed Il Piccolo, del periodo citato”.

“Questa esperienza mi indusse negli anni successivi a proporre ripetutamente e con qualche variante ed aggiornamento, di dedicarsi istituzionalmente alla valorizzazione sia della Cittadella che del Castello, per consentire la loro fruizione, ma anche e soprattutto per essere adibiti a servizio pubblico turistico culturale e di ricreazione e di rivitalizzazione, contemplando anche alcune idee simili a quelle fornite dagli amici Motta e Angelino, che sono i massimi specialisti locali in materia e quindi i più qualificati e competenti per poter portare avanti quanto proposto”.

Castello di Casale Monferrato, la sua piazza omonima ed una panoramica sul centro storico cittadino

“In particolare, in un piano complessivo di valorizzazione e promozione territoriale che ho fornito gratuitamente all'amministrazione comunale da qualche anno, auspicavo la valorizzazione dell'accesso al Castello dalla parte del fiume, la sua parziale destinazione a sede e centro di incontro della società civile e per le attività culturali, divenendo sede di Circoli, Associazioni e Sodalizi in grado di favorirne la fruizione della cittadinanza e dei turisti in visita, la concentrazione al suo interno delle Agenzie di Promozione Turistica del Monferrato per favorirne la sinergia operativa, l'esposizione di sale museali per sintetizzare la storia di Casale e del Monferrato ed in particolare la sua importante storia agraria che ha influito evolutivamente a livello nazionale e transnazionale, la distribuzione di pubblicazioni idonee ad una rapida lettura e con rimandi per approfondimenti, la predisposizione di una sala convegni al suo interno dove concentrare tutte le iniziative storico-culturali, ecc…”

“Per rendere il Castello (in particolare) e la Cittadella, punti di partenza per una conoscenza e scoperta del Monferrato, in modo che diventino nuclei centrali di riferimento e centri gravitazionali, come è giusto che sia, essendo stata Casale Monferrato, a far data dal 1435 con il marchese Paleologo Giangiacomo, l'unica Capitale del Marchesato di Monferrato, consolidata poi dal marchese Guglielmo VIII che la fece elevare nel 1474 alla dignità di Città con sede Vescovile”.

“E' vero che stiamo attraversando un epoca di crisi profonda, non solo finanziaria ma valoriale, ma proprio per questo occorre puntare in prospettiva e con lungimiranza politica, su intelligenti investimenti turistico culturali, anche perché la maggioranza di queste proposte hanno costi moderati, in quanto sono realizzabili soprattutto con l'apporto della società civile, con le sue più fiere e tangibili espressioni, quei sodalizi che sono ben disponibili a prestarsi gratuitamente per la valorizzazione e promozione della nostra città e del territorio, che possono vantare una dignità ed un prestigio storico che ben poche altre possono vantare, valori di partenza che costituiscono forti elementi di attrazione”.

Claudio Martinotti Doria

Per coloro che si vergognano di essere italiani, c'è l'alternativa di divenire APOLIDE

In questa epoca degenerata e liberticida, di totale degrado politico istituzionale, in moltissimi si vergognano di essere italiani, pertanto ritengo opportuno proporre un'alternativa simbolica, di protesta coraggiosa e significativa, divenire apolidi. Grazie all'ADUC, Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori (il loro sito http://www.aduc.it meritatamente ha decine di milioni di visitatori ogni anno) , l'unica associazione di consumatori che non partecipa alla greppia dei contributi pubblici ma si mantiene autonoma ed indipendente, posso proporre alcune indicazioni di come procedere in proposito, pubblicando il testo sotto riportato, ripreso dal sito del Movimento Libertario http://www.movimentolibertario.it
Claudio Martinotti Doria

di Emmanuela Bertucci, legale dell'Aduc

La legge italiana tutela gli apolidi, riconoscendo loro gli stessi diritti attribuiti ai rifugiati politici (documenti di identita', permesso di soggiorno, lavoro, assistenza sanitaria, previdenza sociale, possibilita' di chiedere la cittadinanza italiana dopo 5 anni, ecc.).

Per contro, ottenere il riconoscimento dello status di apolide è tutt'altro che semplice poiche' regna la piu' assoluta incertezza sulle procedure da seguire. A chi presentare la domanda? La legge 91 del 1992 in tema di cittadinanza tace. Il relativo regolamento di attuazione (DPR 572 del 1993) prevede, all'art. 17, la "possibilita'" di presentare una istanza al ministero dell'Interno. Non vi sono altri riferimenti normativi che aiutino a comprendere se questa sia l'unica possibilita', ovvero sia alternativa all'accertamento dello status di apolide in giudizio, secondo le norme generali sull'accertamento dal giudice ordinario degli status (es. status di cittadinanza, di rifugiato, status civili, ecc.). La giurisprudenza sul punto e' discordante, e nel corso degli anni si sono sviluppati tre diversi orientamenti, nessuno dei quali ha prevalso sull'altro. Secondo un primo orientamento l'accertamento dello status di apolide puo' essere richiesto al giudice ordinario citando in causa come controparte il ministero dell'Interno. Un secondo orientamento ritiene che la richiesta possa esser fatta davanti al giudice, senza bisogno di citare il ministero dell'Interno, con il cosiddetto rito camerale. Da ultimo, altra parte della giurisprudenza sostiene che l'unico organo legittimato a conoscere della richiesta di accertamento dello status di apolide sia il ministero dell'Interno.

In questa giungla di decisioni discordanti proponiamo questa procedura:

A chi presentare la domanda?

La domanda deve essere presentata al ministero dell'Interno tramite raccomandata con ricevuta di ritorno al seguente indirizzo:

Dipartimento per le liberta' civili e l'immigrazione Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e l'immigrazione Via Cavour, 6 00184 ROMA

Vista i contrasti della gia' esigua giurisprudenza pubblicata in merito, riteniamo infatti piu' prudente seguire la procedura indicata dall'unica norma esistente in materia. Cio' per mettersi al riparo dalle oscillazioni della giurisprudenza e dagli eventuali ritardi che un rigetto della domanda comporterebbe.

Quali sono i tempi per l'emissione del provvedimento?

Se per decidere in merito al riconoscimento della cittadinanza, che e' tutto sommato un procedimento documentale solitamente ben istruito e di "pronta soluzione", il ministero dell'Interno impiega circa 4-5 anni (a fronte dei due anni previsti dalla legge), possiamo solo immaginare che i tempi per il riconoscimento dello status di apolide siano molto piu' lunghi. Ad ogni modo, poiche' la legge non prevede un termine finale specifico entro il quale il Ministero deve pronunciarsi, si applicheranno le norme generali in tema di procedimento amministrativo. Il ministero avra' dunque 90 giorni per emettere un provvedimento di accoglimento o di rifiuto dell'istanza.

Cosa fare se il Ministero non risponde entro i termini, o se rigetta l'istanza?

In caso di mancata pronuncia da parte del Ministero entro novanta giorni dal deposito dell'istanza, si potra' impugnare il silenzio inadempimento citando il Ministero avanti al giudice ordinario, e chiedendo a quest'ultimo di accertare lo status di apolide. Similmente se, nello stesso termine, il Ministero rigetta l'istanza.
In proposito, parte della giurisprudenza ritiene che il silenzio della pubblica amministrazione (o il provvedimento di diniego) debba essere impugnato avanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR). Cio' perche' secondo questo orientamento non esiste un diritto al riconoscimento dello status di apolide, ma solo un interesse legittimo. In pratica, la pubblica amministrazione puo' "concedere" il riconoscimento sulla base di una serie di valutazioni che confluiscono comunque in una scelta discrezionale.
Al contrario, riteniamo che a decidere sul silenzio inadempimento impugnato sia competente il giudice ordinario perche' ad esso e' devoluta la materia degli status personali, e perche' il riconoscimento del proprio status di apolide non e' un interesse legittimo ma un diritto soggettivo. Cio' per due ordini di motivi:
1) La legge italiana, nonche' diverse convenzioni internazionali (Convenzione di New York del 1954 relativa allo status degli apolidi; Convenzione del 1961 sulla riduzione dell'apolidia) riconoscono agli apolidi de jure (cioe' riconosciuti come tali) una serie di diritti che non si hanno se si e' apolidi di fatto;
2) L'apolide de jure puo' successivamente acquisire la cittadinanza del paese che lo ha riconosciuto come tale. Posto che il diritto alla cittadinanza e' uno dei diritti fondamentali dell'uomo (Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, Patto internazionale sui diritti civili e politici, Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, fra i tanti), altrettanto deve dirsi del riconoscimento dell'apolidia, senza la quale il "senza patria" non puo' accedere al primo.

Si puo' chiedere un permesso di soggiorno prima che sia intervenuto il riconoscimento dello status di apolide?

Nel caso non si sia in possesso di permesso di soggiorno, non e' necessario attendere la pronuncia del giudice per ottenerlo, ma si puo' sin dall'atto introduttivo del giudizio formulare una contestuale istanza con la quale si chiede al giudice di emettere un provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. con il quale imponga alla Questura di rilasciare un permesso di soggiorno "provvisorio" in attesa della definizione del giudizio, fornendo la prova del grave danno che l'istante subisce. In questo senso riteniamo sia molto semplice provare tale danno, posto che chi non ha permesso di soggiorno non puo' lavorare e dunque avere mezzi di sussistenza.

L'elettorato elvetico il 13 febbraio voterà su un'iniziativa che mira a ridurre l'accesso alle armi. L'esito sarà molto significativo


L'elettorato elvetico il 13 febbraio voterà su un'iniziativa che mira a ridurre l'accesso alle armi. L'esito sarà molto significativo dal punto di vista socioculturale

A differenza di quanto una demagogica propaganda politica statalista e mediatica vorrebbe indurre a credere, le armi di per sé non sono all'origine del problema della violenza, che si manifesta in ben altri modi, soprattutto subdoli e psicologici, e prevalentemente tra le mura domestiche e negli ambienti di lavoro, ma la possibilità della loro detenzione civile è alla base della garanzia della libertà individuale e popolare, che non è affatto acquisita permanentemente, ma va difesa e consolidata in continuazione, soprattutto in questa epoca degenerata e liberticida. Se fosse solo lo stato a possedere il monopolio della detenzione delle armi e solo esso potesse utilizzarle legalmente, il rischio che lo stato diventi totalitario aumenterebbe in maniera esponenziale, e le varie potenti organizzazioni criminali insediate nel paese ne trarrebbero enorme beneficio.

Claudio Martinotti Doria

Svizzera: cioccolata, montagne e... fucili

Fonte: Swissinfo, L'informazione Svizzera nel Mondo http://www.swissinfo.ch/ita/index.html

Di Olivier Pauchard, swissinfo.ch

L'elettorato elvetico il 13 febbraio voterà su un'iniziativa che mira a ridurre l'accesso alle armi. È vero che le armi da fuoco non mancano in Svizzera: un aspetto che talvolta sorprende il visitatore.

Una stazione ferroviaria. Il rumore dei treni. Andirivieni della folla sulle banchine. Impiegati che si apprestano ad affrontare una nuova giornata di lavoro. Turisti che si preparano a girare per il paese. Adolescenti stile hip hop, berretto sportivo con visiera al rovescio e jeans troppo larghi. E un gruppo di soldati in assetto di combattimento col fucile d'assalto a tracolla.

Siamo in un paese in guerra? No. Oppure in uno in stato di mobilitazione generale? Nemmeno. Siamo in Svizzera, in una giornata abituale di una settimana normale.

Quando si pensa a un paese con molte armi in circolazione, spesso la prima immagine che viene alla mente è quella degli Stati Uniti. Eppure anche la Svizzera figura nel plotone di testa della classifica internazionale di questo settore.

Una situazione che peraltro non sfugge agli osservatori esterni. Così, nella sua edizione di dicembre, la famosa rivista geografica francese GEO ha dedicato al tema un articolo di diverse pagine dal titolo significativo: "Svizzera – Dei cittadini neutrali armati fino ai denti".

Soldati pronti per la battaglia

Certo, la Svizzera non è il Far West e le strade solitamente tranquille degli agglomerati elvetici non hanno nulla da spartire con una Chicago degli anni '30. Tuttavia, alcune scene potrebbero stupire lo straniero.

Per esempio la classica immagine della stazione descritta sopra. Una situazione dovuta a due peculiarità del sistema di difesa svizzero. In primo luogo, la maggior parte dei soldati non effettua il servizio militare in una sola volta, segue dapprima la "scuola reclute" e poi diversi "corsi di ripetizioni" di tre settimane ciascuno.

La seconda caratteristica è che i militi custodiscono a casa tutta la loro attrezzatura – compresa l'arma d'ordinanza – tra i vari periodi di servizio militare. All'origine l'idea era di disporre immediatamente di un gran numero di soldati pronti per la battaglia in caso di emergenza.

Oggi, è difficile vedere una minaccia militare che richiederebbe questo tipo di mobilitazione. Ma la tradizione dell'equipaggiamento personale militare a casa è rimasta. Unico cambiamento significativo rispetto al passato: l'esercito non consegna più munizioni ai suoi soldati al di fuori del servizio militare.

Uno sport popolare

In Svizzera, il tiro militare non si pratica solo durante la scuola reclute o i corsi di ripetizione. Ogni anno, i soldati ancora in servizio attivo devono anche andare in un poligono per effettuare i loro "tiri obbligatori", un'esercitazione con bersagli a 300 metri di distanza.

Più sorprendente ancora, questo obbligo per taluni si è trasformato in un vero e proprio sport. Nei villaggi, le società di tiro fanno parte delle attività tradizionali, allo stesso modo della banda, del coro e della società di ginnastica. Cosicché ci sono moltissime società di "moschettieri", "carabinieri" e "archibugieri".

Da qui la possibilità per i visitatori stranieri di vedere scene che possono sembrare loro ancora più incredibili. Per esempio, civili – tra i quali adolescenti, poiché questo tipo di tiro è consentito da 16 anni – che si incrociano per strada o in un negozio, con un fucile d'assalto portato con grande naturalezza, mentre si recano o ritornano dal poligono di tiro.

E in Svizzera, le sorprese in questo campo non sono soltanto visive. Mentre si passeggia tranquillamente nella natura, nella quiete di un bel pomeriggio d'estate, si possono improvvisamente udire esplosioni del genere "Fort Alamo" provenienti da un vicino poligono di tiro.

"Home sweet home"

Come detto in precedenza, in Svizzera, vi sono in circolazione tante armi da fuoco. A tal punto che il loro numero non è noto. Si parla generalmente di circa due milioni, con variazioni... di alcune centinaia di migliaia di unità.

Tra i motivi di questa profusione, il fatto che i soldati hanno l'opportunità di tenere le loro armi dopo il servizio militare, a condizione di effettuare qualche tiro. Le armi cedute agli ex soldati sono dunque in perfette condizioni, anche se l'esercito ha imposto una misura di sicurezza: le armi consegnate a ex soldati hanno un dispositivo che impedisce il tiro a raffica.

In ogni caso, fra le armi da fuoco in mano ai militari attivi, quelle in possesso di coloro che hanno terminato i loro obblighi militari – fucili d'assalto, pistole – e i venerabili moschetti ereditati dagli avi, nelle abitazioni in Svizzera ci sono un sacco di armi militari. In aggiunta a quelli di cacciatori, tiratori sportivi e collezionisti.

Armi che sono spesso riposte in cantina, in soffitta o in un armadio. Ma a volte sono messe con orgoglio in bella mostra in salotto, magari allineate in una vetrinetta o appese sopra al caminetto.

Ecco che ancora una volta, uno straniero appena giunto nella Confederazione e invitato da qualche svizzero potrebbe rimanere sbigottito di fronte a un simile scenario. Benvenuto a casa nostra! Le presento mia moglie, i miei figli, il mio cane, i miei fucili…

Olivier Pauchard, swissinfo.ch

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

L'uguaglianza? Una panzana

Frédéric Bastiat – “Lo Stato (e la democrazia) è la grande illusione attraverso la quale tutti cercano di vivere alle spalle di tutti gli altri”.

Fonte: Il Fatto Quotidiano http://www.ilfattoquotidiano.it

Di Massimo Fini


Su Libero di mercoledì, il giorno prima che la Corte costituzionale decidesse sul “legittimo impedimento”, Franco Bechis portava il suo contributo alla Causa affermando che il principio per cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge è “un’assoluta panzana“. La legge, dice, non è, e non è mai stata, uguale per tutti. E cita i privilegi di cui godono deputati e senatori, alcuni garantiti costituzionalmente, dall’articolo 68, altri di nuovo conio. Quindi dice Bechis che ci scandalizziamo a fare per il “legittimo impedimento”, dato che la legge non è, e non è mai stata, uguale per tutti? Privilegio più o privilegio meno che importa visto che il principio di uguaglianza è già stato intaccato e proprio dalla Costituzione? Chi pone quindi il principio dell’uguaglianza contro leggi tipo “legittimo impedimento” o “lodo Alfano” è un ipocrita.
Fin qui Bechis. Cui si potrebbe far notare che i nostri Padri costituenti quando nel 1948 vararono l’articolo 68 con le sue guarentigie per i parlamentari avevano in mente un’altra classe politica. Erano uomini con una mentalità e una moralità ottocentesca, quando onestà, rigore, pudore erano valori da tutti condivisi, l’uomo politico doveva essere il primo a dare il buon esempio e un ministro si suicidava per la vergogna perché accusato di aver portato via dal suo ufficio un po’ di cancelleria.
Ma la classe politica cui pensavano i nostri Padri costituenti oggi non esiste più. Oggi un ministro si fa pagare la metà della casa. Ci sarebbe da seppellirsi per la vergogna anche se non si fosse un ministro ma un normale cittadino. E invece il ministro va in televisione, diventata ormai il quarto grado di giudizio in Italia, e con la più grande faccia tosta racconta che lui non si era accorto che qualcun altro aveva pagato la casa al posto suo. Il premier Berlusconi, che è il quinto grado di giudizio, per gli amici e soprattutto per sé (a lui basta giurare sulla testa dei suoi figli e di suo nipote per escludere di aver commesso dei reati e autoassolversi) dà la sua pubblica solidarietà al ministro e ci vorrà del bello e del buono per convincere Scajola che è andato al di là di ogni decenza e a dimettersi. Ma possiamo scommettere che prima o poi lo vedremo rispuntare all’onor del mondo politico.
È solo un esempio di che cos’è la classe politica oggi, di che cos’è oggi un Parlamento dove siedono oltre cento fra inquisiti e condannati. Una banda di ladri, di mafiosi, di profittatori, di nulla facenti. Quei privilegi che i nostri Padri fondatori generosamente gli garantirono non li meritano più e dovrebbero essere aboliti invece di aggiungerne altri (il “privilegio sul privilegio” è un animale che esiste solo in Italia).
Ad ogni buon conto, Bechis, volendo salvare Berlusconi, finisce per smascherare la democrazia liberale. Questa infatti rinuncia all’uguaglianza sociale, ritenuta utopica ma, almeno nei testi dei suoi ideatori (Stuart Mill, Locke) deve essere fermissima su quella formale. Se cade questo pilastro cade tutto il Palazzo della liberaldemocrazia, così come un tempo cadde il sistema feudale quando i nobili a petto dei privilegi di cui godevano (molto simili a quelli di cui gode oggi la nostra classe politica) non ottemperarono nemmeno più agli obblighi che li compensavano. Allora questa truffa finì in un bagno di sangue. Vedremo che fine farà, prima o poi, la truffa della cosiddetta liberaldemocrazia. Tratto da Il Fatto Quotidiano, 15 gennaio 2011

Lettera a Napolitano, nelle Istituzioni dal 1953 con quali risultati? Politica gerontocratica divenuta monarchia partitica avulsa alla democrazia

Fonte: Blog di Beppe Grillo http://www.beppegrillo.it

Nel 150° anniversario dell'Unità d'Italia, Matteo Olivieri, consigliere comunale 5 Stelle Reggio Emilia, ha inviato una lettera aperta al Presidente della Repubblica, che sarà a Reggio Emilia il 7 gennaio.
"Gentilissimo Presidente della Repubblica, come cittadino prestato temporaneamente alla politica, eletto in una Lista Civica 5 Stelle, Le scrivo in merito al discorso di Capodanno nel quale ha affrontato il tema del disagio del mondo giovanile. In quell'occasione mi sono tornate in mente tante nostre, inascoltate battaglie politiche, che vorrei rammentarLe, convinto che aiutino a comprendere perchè tanti giovani si sentono stranieri in patria. Ci troviamo di fronte ad una classe politica gerontocratica, chiusa in sè stessa, che si è fatta "monarchia partitica". Non voglio essere irriverente, ma Lei è nelle Istituzioni ininterrottamente dal 1953. Se non si pongono limiti temporali ai mandati di partito nelle Istituzioni o negli enti e partecipate di vario grado, violando la Costituzione che vede nei partiti uno strumento di organizzazione elettorale, e non di occupazione dello Stato, si favorirà il perpetuarsi di una situazione degenerata dove la politica diventa professione, e chi fa politica difende il suo benpagato lavoro. Mio nonno, quando votò per la Repubblica, non pensava di regalare il Paese ai moderni "nobili di partito", a spese dei cittadini. Chi ha combattuto per la Libertà sessantacinque anni fa, non lo fece per i condannati in Parlamento. Devo rammentarLe che in Senato giace, da più di tre anni, una proposta di legge d'iniziativa popolare "Parlamento Pulito", firmata da 350.000 cittadini in soli due giorni, che chiede tre cose : ineleggibilità in Parlamento di condannati per reati penali in via definitiva; limite di due mandati nelle Istituzioni; scelta diretta dei propri candidati in Parlamento, come avviene per i Comuni, le Regioni, il Parlamento Europeo. Negli ultimi 15 anni si è andati, sempre di più, verso il tradimento della volontà popolare. I referendum previsti dai nostri padri costituenti sono stati traditi. Nel 1993 i cittadini votarono a larga maggioranza per abolire il finanziamento pubblico ai partiti. Nel 1999 i partiti, con un trucco semantico, diedero vita ad una nuova legge che fissa lauti "rimborsi elettorali" per le elezioni regionali, politiche, europee. Negli ultimi anni è stato distribuito un miliardo di euro ai partiti che poteva essere investito nell'istruzione pubblica. Posso testimoniare, dato che il MoVimento 5 Stelle rinuncia ai "rimborsi elettorali" per rispetto della volontà dei cittadini in primis, che si può far politica senza quei soldi ... Nel 1993 i cittadini decisero con un referendum di cambiare la legge elettorale con le preferenze uninominali. Nel 2006, i partiti hanno cambiato la legge elettorale, infischiandosene dei cittadini, abolendo la preferenza uninominale dando vita a liste bloccate dove le segreterie dei partiti decidono chi mandare in Parlamento. Gentile Presidente, in attesa di riscontri, Le porgo distinti saluti." Matteo Olivieri, Consigliere Comunale, Lista Civica Reggio 5 Stelle