Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996
"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis
"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")
"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto." (Dalai Lama)
"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")
"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi
L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)
Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)
Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )
La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria
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Come valorizzare il Monferrato Storico
… La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.
Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …
Il fiume di denaro fresco di stampa immesso dalla FED non può evitare il fallimento dell'economia USA, è solo l'ennesima frode a danno dell'umanità
Di Francesco Carbone
Fonte: http://www.usemlab.com/index.php
Quel che ci lascia più basiti di questi giorni non è tanto la FED di Bernanke che continua a buttare nel sistema tanti di quei miliardi di dollari da far sembrare Greenspan un principiante. Ma è la creduloneria mostrata da fior di economisti e professionisti che tutti giorni commentano dati economici e mercati.
Non han capito una cosa tanto semplice ed elementare: il denaro di carta stampato a fiumi dalla FED in concerto con le altre banche mondiali non può risolvere i problemi strutturali del sistema economico mondiale, né tantomeno di quello americano, oramai fallito.
Al limite può rigenerare nuove distorsioni nel mercato, nuove speculazioni senza senso, nuovi entusiasmi ed euforie destinate a sbriciolarsi. In una frazione del tempo impiegato a montarle. Come accaduto nel crash del 2008 che ha distrutto in pochi mesi i sogni e le fantasie montate come panna da Greenspan nel corso del 2003-2007.
E la stessa fine faranno i green shots di cui parlano tutti oggi. Altro che germogli. Siamo davanti all'ennesima frode perpetrata dai banchieri centrali ai danni della società, del mercato, della comunità, del mondo intero.
Gli USA sono falliti. Non lo dice moody's, non lo dice S&P o Fitch, impegnati a downgradare società di scarsa o nessuna rilevanza per l'economia mondiale, e a chiudere invece gli occhi su ciò che dovrebbe essere evidente anche ai bambini. Lo dice usemlab. Presuntuoso e presupponente come sempre.
Il debito americano sul prodotto interno lordo è oramai al 350% e viaggia per il 400%. Un debito utlizzato principalmente per stimolare consumi. Quel consumo che distrugge ricchezza del quale abbiamo parlato nel nostro libro. Un concetto capito da pochi, tant'è che ieri a spingere in su i mercati è stato l'indice di fiducia dei consumatori.
IL libro cui accenna Francesco Carbone in questo suo intervento è "Prevedibile ed Inevitabile, che è già stato censito in questo blog, ed è acquistabile sul sito dell'Associazione Usemlab
Nessuno ha capito che se il consumatore americano continua a spendere è un male, non un bene per l'economia americana. Il consumatore americano che spende si sta solo suicidando economicamente. Dopo che aveva già compiuto un suicidio finanziario sotto l'era Greenspan. Non avendo nove vite come i gatti, riteniamo che una ripresa dei consumi americani possa solo portare alla morte totale del sistema americano.
Distruggendo ricchezza tramite il consumo gli stati uniti si sono infatti scavati una fossa dalla quale non potranno più uscire. Per questo devono ringraziare prima alan greenspan e poi ben bernanke, i serial bubble makers. In appena 3 lustri hanno distrutto la gloria di un paese che era la luce del capitalismo fondato sul risparmio.
Ma ripetiamo, non è questo che oggi ci lascia basiti. E' il fatto che fior di economisti, nobel e compagnia bella, non abbiano compreso i problemi strutturali del sistema economico, che non sarà possibile risolvere a suon di trilioni di carta straccia (di cui non ci dispiacerebbe tuttavia beneficiare di qualche milioncino da convertire prontamente in beni reali).
Abbiamo davanti le borse che continuano a salire spinte oramai prevalentemente dalla svalutazione del denaro. Lo dimostra l'oro di nuovo accucciato sotto 1000, l'argento tornato intorno a 15, il petrolio di nuovo sopra i 60. Non salgono certo per i green shots, niente altro che l'ennesima frode perpetrata a danno degli investitori.
Ci troviamo quindi borse leggermente positive da inizio anno, ma i prezzi delle materie prime più alti, e i bond in caduta libera, soprattutto quelli americani. Come avevamo scritto nel libro. Acquistare bond a lungo termine era la frode di fine 2008. E adesso comincia a essere ben evidente.
Il trentennale americano ha perso quasi il 20% da quando è stato pubblicato il nostro libro. Mettiamoci anche la svalutazione del dollaro, un altro 11%. Un disastro per tutti quelli che hanno comprato i bond americani nella crisi di fine 2008.
Domani escono altri dati economici importanti, se saranno buoni le borse proveranno a fare nuovi massimi, ma se i titoli di stato americani continueranno a cadere si tratterà probabilmente di falsa rottura. In ogni caso, qualora invece la salita continuasse ci troveremmo oramai senza alcun dubbio di fronte alla bolla di terza generazione: la nuova mini bolla del 2009, figlia della eco bolla del 2003-2007, figlia della bolla del 1999-2000.
Bolle su bolle. Speriamo che si tratti dell'ultima generazione di una sciagurata figliolanza. Dopo lo scoppio della quale, forse, investire nelle aziende potrà tornare ad avere senso. Adesso, ancora una volta, non ce l'ha più.
Decrescita Felice. Le rivoluzioni sociali e culturali si possono fare anche in silenzio. In Sicilia sta sorgendo il primo Ecovillaggio ...
Fonte: Terranauta, http://www.terranauta.it/nt/home.php
Esempio di Ecovillaggio: Torri Superiore, presso Ventimiglia (IM), nell'entroterra ligure, a pochi km dal confine francese.
Rinascere nel Grembo della Sicilia
La voglia di vivere e di abbandonare la logica della produttività ad ogni costo ha spinto Luca Boccalatte a fuggire da Milano per raggiungere Palermo ed i sapori, gli odori, la gente della Sicilia. Armato solo di umiltà e di amore per la terra, Luca ha cambiato la sua esistenza intrecciandola a quella della natura che, magnifica, domina un’isola dalle infinite risorse.
di Daniel Tarozzi
Trasferendosi a Palermo, Luca ha cambiato la sua esistenza intrecciandola a quella della natura
Da Milano a Palermo la strada è lunga ma Luca ha deciso di percorrerla, di abbandonare l’efficientismo lombardo per sposare i ritmi della Sicilia e della natura. Abbiamo quindi deciso di intervistarlo per farci raccontare la sua storia e descrivere alcune virtuose realtà siciliane, a cui, purtroppo, in pochi danno voce.
Luca Boccalatte, prima di tutto, come c’è finito un milanese a Palermo?
C’è finito a conclusione di un viaggio prima di tutto spirituale, iniziato da una presa di consapevolezza improvvisa, brusca, come un secchio che si riempie goccia dopo goccia, lo osservi e non te ne curi. Pensi che ce ne stia sempre di acqua, o che in un modo o nell’altro le valvole di sfogo entreranno in azione. E invece all’improvviso ti si svuota in faccia, acqua gelida, mentre dormi tranquillo.
La consapevolezza di non poter più sopravvivere, invece di vivere, spesso matura col tempo ma arriva all’improvviso.
Cosa sei andato a fare?
A cercare un pezzo di terra in un contesto ambientale e climatico tale da consentire, come spesso dico, di trasformare il ciclo vitale tipico del cittadino nordico medio. Nella mia vita di piccolo imprenditore informatico costantemente alle prese con problemi di commesse, fatturato e flussi di cassa, il ciclo era di 11 mesi e mezzo in apnea in funzione di 15 giorni di vacanza che non riuscivano mai a dare alcun beneficio.
Qui, tra cielo incredibilmente azzurro, notti stellate, sole sfolgorante, mare azzurro e persone abituate a lavorare anche molto duramente, ma senza tempi fissi, con un po’ di attenzione e riuscendo a dimenticare l’efficientismo e la produttività ad ogni costo tipica del lombardo di nascita, si possono avere cicli di qualità della vita di 24 ore.
Smettere di desiderare la vacanza come fuga dalla realtà: era questo uno dei miei obiettivi, così come smettere di “occuparsi” di qualcosa in cambio di denaro, con il miraggio della pensione.
La rete siciliana della sostenibilità e dell’equo solidale è un movimento sotterraneo, spontaneo, fatto di gente comune
Come ti ha accolto la Sicilia?
Non bene, benissimo! Ma dipende molto da come ti poni.
Se ci arrivi con presunzione ed arroganza non hai scampo. Ne hanno subite troppe di colonizzazioni quaggiù. E ancora non si è conclusa quella delle grandi lobbies economiche del nord.
Io sono arrivato qui senza grandi mezzi, armato solo di umiltà e di amore per la terra.
Qualcuno ne ha approfittato, soprattutto all’inizio. Ma poi mi osservavano indossare scarponi e la mia vecchia mimetica e sotto il sole d’estate andare a mani nude a raccogliere pezzi di gomma e di plastica dal terreno, legarmeli addosso e trascinarli come un mulo perché non finissero sotterrati dagli imminenti lavori di aratura.
Rispetto e amore per la terra che mediamente un siciliano non comprende perché non fa parte del suo patrimonio genetico, ma che non passa inosservato.
Mia cugina (nata a Palermo) un giorno mi disse: i siciliani sanno distinguere gli animi puri, e allora ti danno tutto, con una generosità che non ha pari.
È la verità.
In cosa consiste "La rete siciliana della sostenibilità e dell’equo solidale"?
È un movimento sotterraneo, spontaneo, fatto di gente comune. Sono persone che si stanno mettendo in contatto, che scoprono di non essere sole a pensare che in questa terra dalle infinite risorse e potenzialità ed altrettanti scempi ed insulti, potrebbe essere proprio la “rivoluzione verde” l’elemento della nuova rinascita. La Sicilia come isola dell’ecologia, del biologico e della solidarietà. La Sicilia cuore verde del mediterraneo. Qui - tra mega insediamenti industriali che non hanno dato l’occupazione promessa e hanno lasciato solo dissesto ambientale e tassi di mortalità da tumori superiore alla media - esistono paesaggi incontaminati e riserve naturali di bellezza infinita. Veri patrimoni dell’umanità che non solo vanno protetti e tutelati, ma che possono diventare il volano per quello sviluppo turistico che non si è mai compiuto davvero. E che si gioca la sua credibilità nella capacità di essere sostenibile e rispettoso dell’ambiente.
E non è forse proprio la Sicilia, con i suoi centri di accoglienza per clandestini, l’unica regione italiana ad essere davvero in prima linea su questo fronte? Non dipende forse dalla generosità dei siciliani l’immagine di solidarietà che l’Italia si gioca verso i paesi del così detto terzo mondo?
Quali sono le iniziative che stanno nascendo?
Sono molte: basti pensare che per la prima volta la rete nazionale dei G.A.S. terrà il suo convegno annuale proprio qui a Petralia, nello splendido Parco Regionale delle Madonie, nei giorni 26, 27 e 28 giugno.
Dal 3 al 5 luglio, poi, sempre sulle Madonie - dislocata su vari comuni ma con centralità espositiva a Castelbuono (già noto per la raccolta differenziata operata attraverso gli asini)- si terrà la manifestazione SoLeXP, primo festival internazionale della sostenibilità e della legalità.
Che dire poi della determinazione e della professionalità con la quale i vari comitati civici e le associazioni Rifiuti zero stanno combattendo la battaglia contro la costruzione dei “termovalorizzatori” che, come ha ricordato Paul Connett qui a Palermo, sono in realtà dei distruttori di valore con grave danno per la salute delle persone.
In Sicilia (a Trapani e a Palermo) è attivo il progetto SCEC, la solidarietà che cammina.
A Palermo e in altre città nascono Banche del Tempo e, quasi ogni giorno, si costituiscono nuovi Gruppi di Acquisto Solidale.
Che ruolo ha il movimento per la decrescita felice nel tuo agire? Esistono dei circoli in Sicilia?
Io amo scrivere. Quando ho deciso di avviarmi su questo nuovo tratto di cammino ho scritto un documento ad uso e consumo mio e dei miei amici più cari: il movente filosofico della mia scelta. Poi e quasi per caso sono incappato nel libro di Maurizio Pallante La decrescita felice. Erano proprio gli stessi concetti che avevo espresso nel mio documento. Succede così quando alla fine si tratta di dare corpo a scelte di buon senso: non c’è nulla da inventare, abbiamo già tutto dentro.
Da quella lettura ho capito che questa nuova fase della mia vita sarebbe stata una (felice?) decrescita e che mi sarei impegnato per diffonderne quanto più possibile i principi.
Maurizio Pallante, Fondatore e Presidente del Movimento per la Decrescita Felice
Per questo ho promosso la costituzione del primo circolo territoriale MDF, proprio qui a Palermo.
Il meridione fino ad ora è stato meno interessato a movimenti di questo tipo. Adesso sembra che le cose stiano cambiando. Proprio vicino Palermo sta per far nascere il primo villaggio della decrescita felice. Perché hai scelto proprio questo luogo? Come è stata l’accoglienza della gente del posto?
Decisamente le cose stanno cambiando. Credo che la necessità di un ritorno alle origini ben si sposi con la scelta di luoghi nei quali la semplicità, la bontà del clima, la generosità della terra e la disponibilità di occasioni interessanti (pensiamo per esempio alla rarità e ai prezzi della terra in Toscana) costituiscono indubbi fattori di attrazione. È più facile tornare alle origini in luoghi che da quelle origini non si sono distanziati eccessivamente. Quando torno a Milano o a Varese mi rendo conto di questo grande “salto”.
Con Maurizio siamo diventati amici e lui ha acconsentito a dare al Grembo proprio il nome di (eco)villaggio della Decrescita Felice.
Occorrerebbe lasciarsi cullare almeno un paio di giorni dall’atmosfera magica delle “basse Madonie”, tra montagne quest’anno cariche di neve, il mare a portata di mano, e tramonti mozzafiato, per capire le ragioni di questa scelta.
Secondo quali principi verrà costruito questo eco-villaggio? In che tempi?
Stiamo progettando Il Grembo secondo i principi della Permacultura, ed è per questo che ho seguito un corso di 15 giorni e intendo proseguire l’apprendistato fino ad ottenere il diploma dell’Accademia Italiana di Permacultura. Uno dei sogni è che proprio al Grembo si tengano i primi corsi siciliani di Progettazione in Permacultura.
Intendiamo adottare da subito il metodo del consenso, anche per scrivere le regole di ingresso, partecipazione e uscita dal villaggio. Una nostra socia sta per seguire un corso sulla Comunicazione Non Violenta a Roma.
Per i tempi non mi sbilancio, molto dipenderà dal numero di adesioni (ricevo nuove proposte quasi ogni settimana) e dalla disponibilità di mezzi. Speriamo anche nei finanziamenti del Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013, dato che l’ecovillaggio nasce attorno ad una “base” di attività agricola che stiamo pian piano cercando di far nascere.
Come immagini si svolgerà la vita al suo interno?
Immagino e anzi spero tanto che i decrescitori del Grembo (me compreso) impareranno a vivere le loro giornate senza più pensare a quanta produttività c’è stata nel loro agire quotidiano, ma a quanta energia vitale è fluita tra sudore, gioia, fatica, allegria e gioco.
A Palermo si è tenuto di recente un corso sugli orti sinergici. Qual è il vostro obiettivo e perché proprio gli orti sinergici?
Abbiamo completato il corso venerdì 17 aprile scorso, proprio al Grembo. È stata un’esperienza magica. Era importante che nel Grembo venisse posto un germe di qualità, fatto di energia positiva.
Che tutto iniziasse con un lavoro di gruppo, una sorta di “inseminazione energetica”.
L’obiettivo è triplice: innanzitutto dimostrare da subito che Il Grembo sarà luogo di aggregazione di umanità autentica e pulsante.
Poi candidarsi a sito di divulgazione e di formazione su tutte quelle tecniche utili a ristabilire un corretto legame con la “Pacha Mama”, ed in questo l’agricoltura Sinergica di Emilia Hazelip, ovvero l’arte di coltivare la terra lasciando fare alla natura, è elemento cardine.
Infine, è proprio sulla coltivazione e vendita di ortaggi sinergici che contiamo di attivare la prima fonte di sostentamento della comunità: la sfida è quella di dimostrare che è possibile coltivare orti sinergici anche su scala non famigliare ma per soddisfare il fabbisogno di una comunità e per la vendita diretta o ai GAS.
Speriamo di realizzare prima del prossimo inverno due spirali adiacenti (una sorta di segno di infinito) per un totale di un ettaro circa, il tutto con impianto di irrigazione a goccia alimentato da pozzi propri.
Quali altre realtà si stanno muovendo in Sicilia e nel meridione in genere?
So che c’è molto fermento in meridione e in Sicilia, ma non conosco direttamente altre realtà che stiano effettuando il nostro stesso cammino. Qualcosa di più apprenderò grazie ai contatti che sto attivando con la RIVE, la Rete Italiana dei Villaggi Ecologici.
Per difendere il lago di Arignano ... Un caso emblematico
Quanto sta rischiando di accadere al lago di Arignano (invaso artificiale situato al confine tra le province di Torino ed Asti) è assai significativo ed emblematico di come sia difficile conciliare la giusta tendenza autonomistica delle comunità locali con la necessaria tutela ambientale che può derivare solo dalla consapevolezza e lungimiranza dei processi decisionali, i quali al contrario sono spesso condizionati da esigenze di cassa ed obiettivi di brevissimo respiro, da compiersi cioè al massimo nel corso del mandato dell'amministrazione, prima delle prossime elezioni. Con questo modo di procedere, frequentemente congiunta ad una cultura limitata degli amministratori locali, che all'ignoranza uniscono la protervia e quindi non ascoltano le voci discordanti e non si documentano esaurientemente, si perviene troppo spesso nel nostro Paese a dare spazio ad interessi e progetti di basso profilo, che ripetono pedissequamente gli stessi errori commessi nel passato da una molteplicità di altre o precedenti amministrazioni, e così ecco che sorgono campi da golf dove manca l'acqua, piste da sci dove non nevica, centrali a biomassa dove manca la materia prima, e si cementifica ovunque dissipando il patrimonio naturalistico e culturale del luogo e della comunità, dissolvendo il genius loci, l'identità sociale e le proprie radici, ecc.. Ogni scelta che abbia un impatto sull'ambiente e sulla qualità della vita dei residenti, dovrebbe essere ponderata e condivisa con l'intera comunità e mirare soprattutto alle generazioni future, a cosa si lascierà loro in eredità. Il ché non significa affatto che si debba rinunciare ad effettuare investimenti sul territorio, ma che dovrebbero essere applicati secondo criteri aggiornati ed intelligenti e con un approccio progettuale multidisciplinare, ad esempio ricorrendo all'ingegneria naturalistica, alla bioedilizia e geobiologia, ecc.. Sono ormai molteplici le tecniche costruttive e le discipline scientifiche che sanno ricorrere a metodi poco impattanti ed integrati, addirittura autosufficienti e mimetizzati perfettamente nell'ambiente, costeranno poco di più ma nel tempo il valore di tali scelte crescerà in maniera esponenziale, e la popolazione residente e soprattutto le generazioni future ne saranno infinitamente grate. Voi amministratori volete essere ricordati per aver ottenuto una certificazione di qualità ambientale del vostro comune, aver migliorato la qualità di vita dei residenti ed incrementato il turismo naturalistico, rurale, culturale, ecc., oppure per aver cementificato e distrutto il territorio? Cordiali saluti. Claudio Martinotti
Per difendere il lago di Arignano
Fonte: Obiettivo Ambiente, Notiziario di Pro Natura Piemonte e della Federazione Nazionale Pro Natura http://www.pro-natura.it
Nello scorso mese di marzo, le Associazioni ambientaliste ed animaliste LAC, LIPU, EBN (Associazione per la diffusione dell’osservazione e del riconoscimento in natura degli uccelli), Legambiente, LIDA, Pro Natura Torino, Terra Boschi Gente Memorie, hanno inviato una memoria scritta alle competenti autorità regionali e provinciali per denunciare quanto sta per accadere sul lago di Arignano.
Come è noto, l’invaso artificiale di Arignano, nel chierese, ai confini fra le province di Torino e Asti, fu realizzato nel 1839, al principale scopo di fornire acqua irrigua ed energia motrice per due mulini. Agli inizi del 1900 il lago fu abbandonato e cessarono le relative opere di manutenzione. Di conseguenza, il bacino si interrò e, nel 1980, gli fu dato il definitivo colpo di grazia, allorquando, per motivi di sicurezza, si procedette al suo totale svuotamento. A partire dal 2005 iniziarono però interventi di recupero e di messa in sicurezza, tant’è che il lago poté ritornare all’aspetto originario, diventando anzi un oasi naturalistica di particolare pregio.
Ma i problemi non sono finiti. In data 3 febbraio 2009, la Giunta Comunale di Arignano, grazie ad un contributo di 207.000 Euro fornito dalla Regione Piemonte, Assessorato al Turismo, ha approvato una delibera riguardante opere di “Valorizzazione” del rinato Lago di Arignano. Purtroppo, in assenza di un progetto naturalistico serio, e di qualsiasi ipotesi di tutela reale dell’area, il recupero è stato condotto sostanzialmente su base ingegneristica.
Nonostante le dichiarate disponibilità di collaborazione da parte di associazioni, università ed enti di ricerca e di tutela, il comune di Arignano ha proceduto autonomamente con progetti di “rivitalizzazione e riqualificazione per la fruizione turistica” che prevedono, fra l’altro, di condurre importanti flussi di traffico veicolare (e quindi di inquinamento acustico ed atmosferico), con conseguente disturbo antropico, proprio nel cuore dell’invaso. Parcheggi, area pic-nic, chiosco-bar, pontile per l’attracco di imbarcazioni, massicciate per la postazione di pescatori: tutte iniziative che, di fatto, pregiudicano sin dall’inizio lo spirito, la bellezza e la conservazione del bene.
La posizione degli ambientalisti non è di chiusura completa: alcune di queste proposte potrebbero essere realizzate, purché nei modi dovuti e in un diverso contesto progettuale (vedi ad esempio il parcheggio e l’area pic-nic, proposti a valle della diga in modo da consentire solo un approccio pedonale, in bici o a cavallo alle sponde del lago).
Nel contempo sono già iniziate varie forme di invasione strisciante (dai quad ai motocrossisti, alle azioni di prelievo di uova di fauna selvatica, alla reimmissione incontrollata di specie ittiche, alla pesca non autorizzata, agli scarichi di rifiuti ecc. ecc.).
Altre considerazioni che si possono fare sulla vicenda sono le seguenti:
1. Il Lago è inserito e cartografato nell’Atlante dei laghi piemontesi della Regione Piemonte e come tale oggetto di protezione ai sensi della Legge Galasso (e relativi galassini).
2. La Regione Piemonte, che finanzierebbe gli interventi previsti, è la stessa che dovrebbe garantire una cornice di tutela seria della zona.
3. Le proposte di “rivitalizzazione” del Lago sono collocate nella zona di espansione idrica, o comunque in un’area a rischio di esondazione, nel cuore del lago (e della valle) che si vorrebbe tutelare come elemento.
4. L’area del lago è inserita all’interno dei costituendi Piani Paesaggistici regionali come area qualificata e potrebbe essere accorpata agevolmente al Parco regionale della Collina torinese e di Superga, come la zona umida più importante della Collina torinese.
5. C’è ancora una causa in corso, che coinvolge la stessa Regione Piemonte, circa la proprietà dell’invaso, e che richiede al momento grande cautela su possibili, onerose azioni di trasformazione dell’assetto esistente.
Le Associazioni ambientaliste chiedono quindi la sospensione della delibera del comune di Arignano e l’attivazione di iniziative serie di tutela e di progettazione qualificata di una moderna oasi naturalistica, alle porte di una grande città, che merita di essere gestita secondo standard qualitativi di tipo europeo, e non demandata semplicemente alla politica più o meno lungimirante di comunità locali, dominate spesso da necessità di bottega più o meno rispettabili.
Antichi misteri nel Duomo di Casale, Capitale del Monferrato. Una nuovissima ipotesi coinvolge i Templari ...
Antichi misteri nel Duomo di Casale, Capitale del Monferrato. Una nuovissima ipotesi coinvolge i Templari ...
di Gabriella Fogli
Continuiamo il cammino intrapreso nell’indagare i misteri del Piemonte e, in questo momento, in particolar modo quelli del Monferrato, spostandoci all’interno del magnifico duomo di Casale, o cattedrale di Sant’Evasio.
Tuttavia occorre una precisazione: mai ci stancheremo di affermare che limitarsi ad analizzare un singolo monumento o una singola zona estrapolandolo dal contesto storico generale dell’epoca, non solo quella coeva, ma quella più antica a monte, è come fare un’analisi psicologica ad un individuo senza tener conto del contesto familiare e sociale in cui vive, in cui ha vissuto ed in cui si è formata la sua personalità.
Si potrà obiettare, e sempre questo viene messo in opera ogni volta che non si forniscono prove concrete, che in mancanza di “documentazione storica” quello che rimane sono solo congetture, ma questa affermazione è vera parzialmente in quanto la storia la scrivono i vincitori, i documenti “segreti” non venivano certo divulgati negli archivi, prassi seguita tutt’oggi, per esempio, da ogni azienda o persona che esporti illegalmente denaro all’estero per sottrarlo al fisco, inoltre tutte le varie “intelligence” segrete di ogni paese del mondo forniscono documentazioni ai propri organi dirigenti a cui noi, comuni mortali, non avremo mai accesso, salvo che per i documenti “declassified” che saltano fuori “a caso” in momenti particolari. Inoltre il fatto che un documento sia antico non significa che sia vero, o che non sia di parte; i “cronisti” dell’epoca lavoravano al servizio del committente o dei committenti, che gli permettevano di guadagnare e di sopravvivere. Se leggiamo, ad esempio, le cronache delle crociate redatte dai “giornalisti” dell’epoca, siano cristiani o mussulmani, troveremo descritte le atrocità compiute dall’avversario ed enfatizzato il proprio ruolo e la propria missione tacendo su quanto di ignobile è perpetuato da una parte o dall’altra.
Ma torniamo a noi…all’interno del duomo, su un capitello dell’atrio, c’è una misteriosa incisione che non si può considerare casuale, in quanto è racchiusa in un abbozzo dell’atrio stesso e consiste in una firma composta da due lettere, una F ed una J, almeno così viene interpretata sul testo “il duomo di Casale Monferrato” di Attilio Castelli e Dionigi Roggero, edito dalla fondazione Sant’Evasio. Le stesse deduzioni sono riportate sul sito ufficiale della diocesi casalese: http://www.cattedralecasale.org/
Cliccando sulla pagina web: http://www.cattedralecasale.org/capitoli/03cattedrale/crocicavalieri.html
Per la verità la j potrebbe anche essere una s, ma per ora atteniamoci a quanto hanno interpretato gli “esperti”.
La firma è sempre stata considerata dagli studiosi come l’ iniziale del maestro costruttore ed è incisa su un capitello della tribuna. Ad oggi vige ancora il mistero più fitto su tale incisione.
Con il presente lavoro ci proponiamo di offrire una nuova ipotesi e per farlo dobbiamo necessariamente spostarci all’esterno del duomo, nell’antico quartiere di cantone Vaccaro, che insieme al Brignano, al Montarone ed al Lago, costituiva il nucleo più antico della Casale medievale, quello che veniva definito “il borgo”. Qui vi era, e vi è, la “casa grande” che dipendeva dalla Commenda di Santa Maria del Tempio e nei suoi pressi si trovava, e si trova, un altro edificio, denominato “la casa piccola”, con una parte superiore destinata ad abitazione ed una parte inferiore che, da una visita priorale del 1646, risultava addetta ancora a bottega, anzi, al piano terra si trovavano due “botteghe grandi” ed al primo piano tre stanze con “tre stibbi di mattoni”. Solo da un resoconto del 1787 la casa perde la sua funzione principale di laboratorio per diventare un edificio cittadino come gli altri.
La presenza di queste due case definite per distinguerle la “grande” e la “piccola” ha sempre rappresentato per noi un interrogativo: che funzione avevano e quale era il senso di due presenze cittadine dell’Ordine situate non ad un capo e all’altro del paese, ma l’una nei pressi dell’altra? O meglio…la “grande” era il posto di controllo sul territorio cittadino, ma la “piccola”?
Una risposta ai nostri quesiti la troviamo in un libro di Louis Charpentier ed. x i tipi dell’ L’Età dell’Acquario “I misteri della cattedrale di Chartres”. In tale testo, nel capitolo “I Confratelli”, l’autore cita la “casa grande” e la “casa piccola” specificando che la grande era l’edificio in cui risiedevano i cavalieri ed a cui avevano accesso solo gli “invitati”, costituiva il convento propriamente definito ed era così appellata in contrapposizione alla “casa piccola” che, in lingua gallica, è la cayenne, e tradizionalmente la cayenne è il luogo riservato alla confraternita dei costruttori. In quei tempi erano attive tre confraternite: i Figli di Padre Soubise, i Figli di Mastro Jacques ed i Figli di Salomone.
Noi riteniamo che una di queste confraternite alloggiasse nella “casa piccola” e fosse in stretta correlazione con l’Ordine del Tempio, non solo, la correlazione tra l’ordine dei costruttori e l’Ordine del Tempio è rappresentata proprio dall’atrio del duomo, quell’atrio che ha fatto versare fiumi di inchiostro in quanto avulso dal resto della costruzione e in uno stile particolarissimo. L’atrio, o nartece, è unico esempio di architettura romanica dove “l'ambiente centrale è coperto da quattro arconi a tutto sesto, due trasversali e due longitudinali, che individuano nove campate coperte a crociera”. Gli incroci arditi in conci di arenaria e mattoni di argilla articolano lo spazio in modo complesso e si intrecciano a coppie parallele dando vita ad un ambiente originale e unico nel panorama del romanico europeo e lo si fa derivare da esempi Armeni o Islamici. Alcuni elementi decorativi presentano interessanti parallelismi con il portale della Gloria di Santiago di Compostela e sono precisamente il fregio della cerva ed il rosone della facciata primitiva. Questi parallelismi ci riportano molto semplicemente alla confraternita dei Figli di Mastro Jacques(Giacomo) che hanno lasciato la loro firma ed il loro stile nel nartece. Ma chi erano? Purtroppo ne sappiamo molto poco e quel poco, a volte, sconfina nella leggenda, ma le leggende devono essere interpretate in modo allegorico perché ci parlano per simboli, simboli che si perdono nella notte dei tempi. Ad ogni modo pare che, tra le altre cose, si incaricarono dell’organizzazione religiosa ed hospitaliera del cammino verso Santiago de Compostella e quindi si aprono nuovi ed interessanti interrogativi…che cosa univa questi confratelli ai Cavalieri del Tempio? E che rapporto esiste tra il duomo di Casale Monferrato ed il cammino verso Santiago? Sono domande a cui dare risposte è tutt’altro che semplice.
Prendiamo per esempio la cerva: viene normalmente interpretata come un mito lunare, paragonata ad Artemide o a Diana cacciatrice e si dice che rappresenti la “caccia” alla Sapienza ed alla Saggezza. Il cristianesimo si sovrappone al mito “impossessandosene”: “Come la cerva anela ai rivi d’acqua, così l’anima mia a Te anela, o mio Dio”. Questo è l’inizio del salmo n. 42 ed il cristianesimo afferma che la cerva rappresenta l’anima che anela a congiungersi al Signore, a Dio. Ma lo Charpentier nel suo libro “Il mistero di Compostela”, pag. 174, propone un’altra interpretazione che ci trova in sintonia: “allo stesso modo, per quanto concerne i cervi, gli unici rappresentati fra i tanti animali possibili, non credo che si tratti di una sorta di simbolo lunare com’è stato ipotizzato, ma di un totem, segni totemici concernenti non una tribù, ma una confraternita iniziatica”. Dunque abbiamo un simbolo che “parla” il linguaggio degli uccelli, linguaggio comprensibile solo a chi sarà in grado di leggerlo, pur mantenedo, a nostro avviso, anche la valenza simbolica lunare, l’una non esclude l’altra, sono due letture diverse ma, sempre a nostro avviso, complementari.
Certo è alquanto sorprendente ritrovare nel nartece di Casale Monferrato le tracce di una Confraternita Iniziatica di costruttori, dei compagni confratelli che si recavano, anzi “passavano” di posto in posto lasciando messaggi precisi del loro “passaggio”. O meglio, non ci sorprende in effetti perché nel Monferrato la presenza templare è stata decisamente importante ed ancora poco nota grazie ad un preciso lavoro di occultamento, oltre che ai disastri del tempo e delle guerre.
Il nartece è stato edificato sull’antico cimitero antistante la chiesa e fin dalla sua costruzione era caratterizzato da accessi frontali e laterali sempre aperti al passaggio pubblico. Sui lati esterni dell’atrio si distendono due gallerie a forma di matronei indipendenti a cui si accede tramite scale a chiocciola situate all’interno dei campanili. Queste gallerie sono collegate dalla tribuna e illuminate da grandi finestre il che conferiva al luogo un ruolo quasi esclusivamente sociale, assai importante nell’attività politica del borgo in fase di pieno sviluppo.
Ma non desideriamo annoiarvi oltre con descrizioni architettoniche facilmente reperibili e che al momento rischiano di allontanarci dal punto principale: è plausibile l’ipotesi che una compagnia di “costruttori” agisse in Monferrato per ordine e indicazioni precise dell’Ordine del Tempio? Noi riteniamo di sì, che sia più che plausibile questo, ed un’altra indicazione ci viene da Santa Maria di Isana, commenda templare con la relativa chiesa sorta a due passi da Livorno Ferraris, prov. Vercelli, posta su una via strategica per il pellegrinaggio. Scorrendo l’interessantissimo e documentatissimo libro “Santa Maria d’Isana” di Giovanni Franco Giuliano, ex sindaco di Livorno Ferraris nonché saggista e profondo conoscitore della zona, apprendiamo a pag. 87 del suddetto libro, che il 15 dicembre 2000 si è tenuta una conferenza organizzata dall’amministrazione comunale a cui hanno partecipato diversi architetti e studiosi. Uno degli architetti, Cattìa Salto, scrive: “l’alternanza del materiale con intento decorativo che sottolinea i tratti salienti dell’apparato architettonico….. Indica un probabile collegamento con la scuola locale del Monferrato: maestranze che hanno lasciato un’impronta tipica in molte chiese monferrine tra il 1160 e il 1180 (ad esempio la vicina Santa fede a Cavagnolo). Maestranze che possono aver iniziato la loro attività con il vescovo di origine lombarda Landolfo di Vergiate: diventato vescovo di Asti nel 1105 di ritorno dalla prima crociata fece costruire, presumibilmente intorno agli anni 1110-1130, la chiesa del Santo Sepolcro, chiesa attualmente dedicata a San Pietro, ma l’antico nome indica chiaramente l’intento di riferirsi a modelli gerosolimitani …..anche santa Maria di Isana potrebbe ascriversi a questa scuola locale, del tutto estranea alla prassi costruttiva dell’area vercellese”.
Allora riassumiamo: l’architetto afferma che la chiesa è stata probabilmente edificata da un gruppo di costruttori che si rifanno ad una scuola locale del Monferrato. Quindi i Templari, sicuramente presenti a Santa Maria di Isana, si sono rivolti a questa “confraternita”. Non solo….si ipotizza che tale confraternita abbia avuto rapporti o addirittura sia stata portata qui dal vescovo di Asti Landolfo di Vergiate che fece costruire la bellissima chiesa medievale del Santo Sepolcro situata in Asti, chiesa dotata anche di “hospitale”.
L’ipotesi del collegamento della “confraternita di costruttori del Monferrato” con il vescovo Landolfo di Asti non è particolare di poco conto, ma ve ne parleremo a tempo debito in un prossimo lavoro per non distrarci dall’obiettivo. Torniamo a santa Maria di Isana:
Se non sai dov’è non la vedi. Eppure centinaia, anzi migliaia di persone giungono da tutta Italia per visitare questa piccola chiesetta immersa nella pianura e calata all’interno di una “grangia”, una grande fattoria circondata da mura e di proprietà privata, dove i gentili proprietari ci hanno accolto in orari non proprio canonici con grande disponibilità e provvedono a mantenere accogliente questa testimonianza unica in Piemonte. Testimonianza di una chiesa templare, “Santa Maria d’Isana”, che ha resistito ai secoli ed al tempo e stà lì a ricordarci che in questo luogo operavano ed agivano gli antichi cavalieri.
La peculiarità della mansione di Livorno era mista:
1.Militare, con il compito di provvedere alla protezione dei pellegrini romei presidiando le strade e garantendone il transito;
2.Caritativa, perché preposta all’accoglienza e all’ospitalità per il viandante;
3.Produttiva, in quanto centro agricolo di grande estensione dove potevano interagire mezzadri interni ed esterni;
4.Religiosa, perché il pellegrino stanco del duro viaggio trovava il conforto dello spirito.
Non si sa con certezza quando sia stata costruita, ma è fuori di dubbio, vista la tipologia architettonica, che si collochi tra gli edifici religiosi edificati nel 12° secolo.
Un tempo era immersa nel fitto di una boscaglia millenaria ed era la chiesa di pertinenza della locale mansione templare e risale al primo periodo di espansione in Piemonte.
E’ costituita da una piccola aula orientata con abside ora quadrata, misura m. 7,80 di larghezza compresi i contrafforti e m. 12,80 di lunghezza a partire dalla lesena di facciata compreso il contrafforte del campanile, più 3.80 metri dell’abside originaria ora incorporata nel fabbricato aggiuntivo.
L’architettura, come già detto sopra, risente dell’influsso romanico del Monferrato e quando parliamo di influsso romanico del Monferrato facciamo riferimento a una corporazione e che ha edificato diverse chiese tra il 1160 e il 1180 tra cui santa Fede a Cavagnolo, autentico gioiello romanico che, purtroppo, versa in condizioni di grande degrado.
Conficcata nel terreno una pietra sacra, testimonianza che prima della costruzione della chiesa di Santa Maria all'interno della cascina di Isana, questo era un luogo di culto pagano.
La pietra esiste ancora oggi in prossimità della cascina, è un menhir triangolare, dotato di poteri taumaturgici, capaci di guarire i reumatismi e il mal di schiena se ci si appoggia sopra la parte dolorante. Ancora una volta abbiamo la presenza di una chiesa cristiana edificata in prossimità di un intenso luogo di culto pagano, in cui si incrociano correnti telluriche e cosmiche dai benefici influssi e dispensatrici di fecondità. La pietra ha la punta rivolta ad est. Inoltre abbiamo la presenza di una fonte di acqua sorgiva, altro simbolo esoterico fondamentale.
Isana è ricca di leggende e di storie, tra le tante ne citiamo due che ci paiono importanti:
1.La prima ebbe luogo nel 1944 o nel 1945 - chi ne fu testimone non ricorda l'anno esatto. Erano appunto gli anni in cui la seconda guerra mondiale volgeva al termine, quando evidentemente ancora convinto di ribaltare le sorti del conflitto Hitler spendeva ugualmente mezzi per ricerche esoteriche. Accadde infatti che una donna raccontò, qualche anno più tardi, un fatto che l'aveva vista involontaria protagonista. Arrivarono da lei alcuni ufficiali tedeschi che si fecero accompagnare immediatamente - era sera avanzata - presso la chiesetta di Santa Maria di Isana di cui lei possedeva le chiavi essendone custode. Stando alla testimonianza di chi ha personalmente sentito il racconto, la donna ovviamente impaurita obbedì e dovette stare molte ore sotto il controllo di due militari, mentre gli ufficiali misero a soqquadro tutto l'interno della chiesetta alla evidente ricerca di un qualcosa. La donna fece varie ipotesi, ma nessuna aveva una spiegazione plausibile: partigiani nascosti non ce n'erano, particolari ricchezze da depredare nemmeno, così come del tutto assenti altri motivi che giustificassero una notte di ricerche affannose. La risposta ce la propone la storia dello stesso sito, storia che parla della sua origine Templare su un luogo già anticamente conosciuto come pregno di energie telluriche e ricostruito probabilmente dopo il terremoto padano del 1117. A pochi metri di distanza si trovava, e si trova, una pietra con facoltà taumaturgiche. Cosa cercavano le SS? Non si sa di preciso, ma quasi certamente questa ad Isana è una spedizione, tra le tante, alla ricerca di un qualche oggetto “Sacro” della Cristianità, forse lo stesso “Gral”.
2.L’altra leggenda riguarda le “Tre Stelle Sorelle” cioè le tre Madonne nere di Isana, Crea ed Oropa che la vigilia della festa dell’Assunta, cioè a mezzanotte esatta del 14 agosto si vedono apparire, splendere ed affievolirsi in cielo. Abbiamo un mistero trinitario, un triangolo di energie telluriche che, in un particolare momento dell’anno, si “aprono” per poi spegnersi nuovamente. La stella è senza dubbio simbolo templare, san Bernardo stesso invitava a “guardare alla Stella” e si dice che la notte precedente il sacrificio del Gran Maestro Jacques de Molay esso recitò “Ave Maris Stella” insieme ai suoi compagni di sventura.
Indubbiamente grandi e tanti sono i quesiti che si pongono man mano che procediamo nelle nostre ricerche e continuamente Vi aggiorneremo sulle stesse continuando con “i confratelli costruttori” che, inevitabilmente, ci porteranno all’origine della nostra civiltà.
Gabriella Fogli