Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996
"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis
"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")
"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto." (Dalai Lama)
"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")
"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi
L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)
Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)
Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )
La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria
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Come valorizzare il Monferrato Storico
… La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.
Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …
Una dimostrazione di come espressioni volgari divenute popolari siano in realtà storpiature di significati ben diversi e più profondi ...
La sacralità del cazzo, un inno devoto verso l'alto. Fenomenologia del pene. Una inedita e sorprendente interpretazione di Antonio Fratangelo sull'ineffabile presenza del divino nell'umanodi L. C.
Il cazzo è diventato un termine volgare e quasi osceno, anche perché membro maschile diffuso e popolare, eppure è un termine nato dalla cultura religiosa semitica. Caz è parola di vangelo con il significato di incidere-tagliare-circoncidere, poi la parte circoncisa, infine l'oggetto circonciso. Ma il termine significa anche portare in alto, che si erge/rizza (es. cazzare la vela), un termine della navigazione, per antonomasia fenicia, e unire, collegare, congiungere: quest'ultimo significato fa diventare una "cazzata" tutte le cose fuori luogo e senza senso. Un termine di logica, di equilibrio e di buon senso. Che ci dovrebbe evitare di dire o fare... "cazzate". Insoma, l'eredità punica è una vera miniera di lingua e cultura. Antonio Fratangelo
Testo tratto da: Antonio Fratangelo, FRT NTN, Cento domande su Canne. Quello che nessuno ha detto, quello che tutti vorrebbero sapere sulla più celebre battaglia di tutti i tempi, Annibal °puteqa, Siena 2005
La FED ha deciso di monetizzare il debito pubblico americano. Non c'è limite all'attuale perversione finanziaria che sottrae ricchezza a chi lavora ..
Scritto da Francesco Carbone, Presidente dell'Associazione Culturale Usemlab, ispirata alla Scuola Economica Austriaca
Il 18 marzo 2009 passerà alla storia come la linea di demarcazione di questa crisi. E' il giorno, come avevamo scritto, in cui la FED ha deciso di cominciare a monetizzare il debito pubblico americano.
Se Alan Greenspan aveva sublimato l'arte dell'espansione economica sempiterna via fiat currency, Bernanke oramai è andato oltre. Se quantitativamente (ma non qualitativamente) ha superato il maestro nei mezzi, in quanto ai fini otterrà risultati opposti. Bad Timing, come si dice in inglese, è capitato al posto sbagliato al momento sbagliato. Il professore che pensa di avere capito tutto ma comprenderà di non avere capito niente, sublimerà la rapina, il furto, la confisca di valore più incredibile della storia via fiat currency. E questo a prescindere da cosa faranno le borse nel prossimo futuro.
La maggior parte degli investitori è convinta che la distruzione di valore possa colpire prevalentemente il mercato azionario. Sbagliato. Il mercato azionario riflette certamente l'andamento economico, e la redditività del sistema economico, ma le sue quotazioni in ultima analisi non rappresentano di certo la vera ricchezza del paese. Che dipende invece dalla continua creazione ed efficiente allocazione dei beni capitali. Beni capitali che gli aiuti della FED e dei compagni di merende non aiutano certo a stimolare o riallocare. Tutto il contrario: l'interferenza governativa sta continuando a depauperare gli investimenti produttivi e stimolarne di nuovi inefficienti (malinvestment).
Pe il resto la borsa è un circuito per pochi eletti. Per il potere e la classe dirigente le quotazioni contano poco e niente. La ricchezza per loro non è nel valore del mercato azionario. Chiedetelo all'azionista di maggioranza di una società quotata. Che il titolo X sia a 25 o a 4 euro per l'azionista di maggioranza o di controllo poco importa. A vantarsi di essere diventati ricchi o dannarsi di essersi fatti spennare, sono solo e sempre i piccoli risparmiatori.
Piccoli risparmiatori scrollati come foglie secche dall'albero. Ai primi di marzo scappavano oramai a gambe levate. Ordini di vendita non importa a quale prezzo. Il mercato giustamente li ha puniti. Le borse si sono rigirate e hanno cominciato a correre dalla parte opposta. Sulla notizia del 18 marzo poi hanno messo il turbo, trascinati dal settore sempre più protetto e privilegiato, dove oramai anche l'azionista di maggioranza cominciava a sentire odore di bruciato nel proprio portafoglio. E così, grazie alla notizia tra le più clamorose di tutti i tempi offertaci dai mercati finanziari, che ancora una volta corre in aiuto al sistema finanziario tecnicamente fallito (a spese del contribuente), si è dato il via a nuove danze.
Il rimbalzo a V è proprio quello che ci si poteva aspettare sui minimi di marzo. Per ora prosegue ed è presto per dire quando si fermerà, forse quando il rally avrà risucchiato tutti gli ultimi dannati e contriti per aver venduto sui minimi. Ma non è questo che ci importa adesso. I nostri occhi vanno alle dinamiche monetarie. Quelle quasi sempre trascurate. Nonostante questa sia prima di tutto una crisi che deriva da una questione monetaria. Tutto può succedere sotto l'effetto di una unità di conto che cambia valore repentinamente. Anche che la borsa dello Zimbawe, dell'economia più disastrata del pianeta, in termini nominali negli ultimi 3 anni abbia fatto performance del 100000%. Potere dell'illusione fiat.
Sul Sole di oggi (23 marzo) a pagina 22 veniva proposto uno scenario del Dow Jones nei prox anni, con un ritorno sui massimi tra il 2016 e il 2023. L'ennesima analisi nella quale non viena presa in alcuna considerazione la dinamica monetaria. E il periodo in cui la dinamica monetaria ebbe maggiore influenza nei prezzi di borsa resta ovviamente quella degli anni settanta dell'inflazione a due cifre. Siamo andati a guardare con più attenzione e abbiamo trovato un certo parallelismo tra il massimo del 1966 e l'evoluzione dei 14 anni successivi, e quanto successo dal top del 2000 a oggi.
Il Dow fece i massimi nel 1966 a 1000. Da lì cominciò un lungo mercato bear terminato appunto nel 1980. La prima fase durò 3 anni fino a inizio anni 70 (come avvenuto tra il 2000-2003). Il minimo venne registrato nel giugno 70 a 630 (contro i 7200 del 2003). Poi ripartì una gamba rialzista fino a nuovi massimi assoluti di fine 1972, quindi simile anche se poco più breve di quella avvenuta tra il 2003 e il 2007. Da lì il Dow riprecipitò fino a nuovi minimi (578) nel dicembre 74. Caduta assimilabile a quella di ora fino a 6500 del marzo 2009.
Cosa differenzia quel periodo da quello di adesso? In quegli anni la dinamica inflazionistica era ben più chiara, grazie allo shock di prezzo causato dal petrolio, e d'altra parte c'era meno debito sistemico e tossico. Le economiche erano disastrate dall'inflazione di prezzo, ma nel loro fondo ben più sane ed equilibrate di adesso. Il rimbalzo dai minimi del 1974 fu quindi violentissimo e l'indice riuscì a riportarsi nuovamente in breve tempo sui massimi (1000 punti) raggiunti nel giugno del 76 (nel giro di un anno e mezzo).
Oggi inflazione dei prezzi ancora non c'è per i motivi già spiegati in passato, ma c'è quella monetaria, potenzialmente più distruttiva e devastante di quella di allora. In questo contesto il debito e gli asset tossici rimangono un macigno che pesa sull'intero sistema, che andrà progressivamente monetizzato con dinamiche ancora incerte. Quindi il rimbalzo partito da questi minimi, non ha in potenza le stesse gambe per correre come fece allora sull'onda di un incremento dei prezzi a due cifre che si protraeva oramai da diversi anni.
Non si può escludere comunque che il controrally possa andare al di là di ogni più rosea aspettativa, solo che questa volta, e finchè finalmente non diventa chiara una dinamica monetaria di tipo inflazionistico sui prezzi ben maggiore di quella degli anni 70, il mercato potrebbe tornare indietro in qualunque momento a fare nuovi minimi o a ritestare ancora quelli di marzo laddove allora, prima della nascita del nuovo mercato bull, il mercato fece un ultimo minimo a 750 (inizio 1978) ben superiore ai minimi del 1974.
In ogni caso a prescindere dai movimenti nominali dei titoli azionari, gestibili a fatica anche da un professionista, quel che conta è che la crisi non è finita. Si materializzerà in futuro attraverso altre dinamiche, non più solo quelle azionarie, o di una economia reale che continua ad andare avanti a singhiozzi e qualche piccolo trauma ma ancora senza grossi sconvolgimenti. Il mondo non è cambiato e se una cosa sembra certa è che prima della fine di tutto questo, esso cambierà. Non crollerà, non finirà, ma cambierà.
Lupi, secondo alcuni politici locali in Val Borbera ce ne sono troppi e mettono paura. Forse prima di parlarne dovrebbero informarsi meglio ...
Claudio Martinotti, Presidente Gevam Onlus
Fonte: Corriere di Alessandria e Provincia http://www.corriereal.it
Mongiardino Ligure - “Attenti al lupo”, e non è un modo di dire. Che il predatore fosse presente sull'appennino alessandrino era ormai risaputo ed accertato da tempo. Ma, secondo alcuni, ora la sua presenza rischia di diventare una minaccia. Il primo a gridare “al lupo” è il candidato alla carica di sindaco del Comune di Mongiardino Ligure, Stefano Gogna, che ha già ricoperto la carica per cinque volte e che, se gli elettori gli daranno ragione, si appresta a farlo per la sesta volta.
“Il lupo non appartiene storicamente a queste valli. La sua presenza qui è una forzatura e danneggia l’ambiente”, dice il candidato. “Non voglio far polemiche che non giovano a nessuno e non è una questione politica”, precisa Gogna. Ma in un piccolo centro di cacciatori (molti) e animalisti (pochi) la presenza del predatore fa discutere, da sempre.
“Sia ben chiaro – precisa Gogna – in un momento come questo il lupo non è certo una priorità. I problemi sono altri: lo spopolamento continuo della valle, la manutenzione delle strade, i servizi. Però..” Però anche il lupo, inizia ad essere un problemino. ”Io sono anche un podista, oltre che cacciatore, - spiega - e non nego che quando mi trovo lungo i sentieri da solo un po’ di paura ce l’ho. E come me anche altri cittadini che non si sentono sicuri a fare un’escursione sui nostri bellissimi monti. Ci sono impronte ovunque, e carcasse di daini, cinghiali e animali domestici se ne trovano sempre”.
Gogna ne fa anche una questione economica: “ormai è impossibile impiantare un pascolo qui. Se qualche allevatore avesse intenzione di farlo, rischierebbe di vedersi il gregge decimato”. In effetti, qualche attacco negli ultimi anni si è registrato. Nel 2006 furono 12, e causarono la morte di 20 animali; nel 2007 erano scesi a 7, con 13 vittime. La Provincia ha dovuto risarcire danni per 1.600 euro circa.
Secondo i dati raccolti attraverso il Progetto Lupo della Regione Piemonte, potrebbero esserci almeno 4 esemplari stanziali che si spostano tra Piemonte e Liguria. Secondo Gogna sono molti di più. “Rispetto alle rilevazioni dello scorso anno, il branco potrebbe in effetti essere cresciuto – dice Luca Orlando, responsabile della attività di monitoraggio del Progetto Lupo sulla provincia di Alessandria e Cuneo – ma il numero degli attacchi mi risulta essere diminuito”. E comunque non tutte le morti di ovini o ungulati sono attribuibili al lupo. “Ci sono stati anche attacchi di canidi – spiega – che, a differenza del lupo, lasciano molte più carcasse perché il fine ultimo non è quello di nutrirsi”.
Sul fronte opposto, visto che in fondo la campagna elettorale è vicina, l’attuale sindaco Renato Fregiaro dice “personalmente di lupi ne ho visto due in un paio di anni e non ho mai ricevuto segnalazioni di pericolo da parte dei cittadini. Fanno molti più danni i cinghiali”. Punto su cui, del resto, concorda anche Gogna. Ma, anche Antoniotto Guidobono Cavalchini, allevatore e produttore di formaggi caprini di Roccaforte, che si definisce “non cacciatore, anzi ambientalista” inizia a non poterne più di lupi o canidi: “quest’anno il gregge ha subito due attacchi che hanno portato alla morte di 10 capi. Il problema è che non possiamo lasciare gli animali fuori dalla stalla e a volte neppure questo basta”.
Tornando al lupo, Gogna una soluzione al “problema” dice di non averla, visto che si tratta di specie protetta e non cacciabile: “non ci si può far nulla per ora, fino a quando non saranno davvero troppi. E allora qualcuno interverrà”.
NASCE IL DISTRETTO INTERREGIONALE APPENNINO UMBRO MARCHIGIANO. Perché non costituirne uno per ricostituire il Monferrato Storico, a scopo turistico?
Cogliamo l'occasione per diffidare da appropriazioni indebite e fagocitazioni di quanto proponiamo, come avvenuto frequentemente in passato, in quanto noi facciamo volontariato per favorire la società civile e ci amareggia riscontrare che il nostro impegno sia a volte sfruttato per scopi propagandistici, elettoralistici e partitocratici, per favorire carriere professionali nell'ambito clietelare e delle cortigianerie in seno a carrozzoni pubblici locali, oppure, ed è ancora più disdicevole, a volte sono personaggi di fama mediatica ad approfittarne per lucrare con loro progetti, frutto di scopiazzamenti, collage e sfruttamento del lavoro altrui. Pertanto ogni idea o proposta che derivi dalla nostra attività deve essere citata riconoscendoci la paternità, comunicando con noi preventivamente e quindi coinvolgendoci almeno a livelli minimali di presa d'atto o supervisione progettuale, in segno di rispetto oltre che per motivi etici e deontologici. Anche se ci rendiamo conto che di questi tempi simili valori possono essere confusi con suoni onomatopeici secondari ...
Cordiali saluti. Claudio Martinotti, presidente Gruppo Gevam Onlus
TURISMO: NASCE IL DISTRETTO INTERREGIONALE APPENNINO UMBRO MARCHIGIANO. E' IL PRIMO IN ITALIA
PERUGIA (UNONOTIZIE.IT)
“Si tratta del primo distretto interregionale in Italia, perfettamente in linea con quanto previsto dalla normativa regionale sul turismo perchè conferma l’importanza della valorizzazione turistica attraverso la sinergia tra territori affini, anche quando questi appartengono a regioni confinanti”.
Riassume così l’assessore regionale alla cultura, Silvano Rometti, il senso del Protocollo d’Intesa per la costituzione del Distretto culturale dell’Appennino Umbro-Marchigiano firmato in questi giorni a Fabriano.
Rometti, presente all’incontro in rappresentanza della Regione Umbria, “ha espresso piena soddisfazione per l’evento”.
“La sottoscrizione del Protocollo – ha detto l’assessore - mette a sistema le peculiarità dei territori dell’Appennino Umbro–Marchigiano attraverso l’integrazione dell’offerta turistica. Il modello distrettuale si dimostra strumento ideale per determinare la tipicità e la riconoscibilità del territorio. Questo processo di integrazione tra le regioni è reso possibile dalla condivisione di aspetti legati alla cultura dei luoghi, alle tradizioni, agli aspetti artigianali, all’enogastronomia.
In questi territori divisi amministrativamente da confini regionali, ma interessati in altre occasioni da progetti condivisi – ha concluso Rometti - persistono ancora importanti tratti comuni che rappresentano il retroterra di questo progetto”.
Scorie nucleari, saranno tutte depositate in Piemonte?
Secondo il mio modesto parere, se 30 anni di esperienza nel volontariato ambientale non sono insignificanti, il deposito unico di scorie nucleari in Italia non si farà mai, perché nessuna popolazione e sindaco se lo prenderebbe in carico, neppure in cambio di cospicui finanziamenti risarcitori, a meno che di imporlo con la forza, dichiarando lo stato di emergenza, inviando l'esercito e presidiando il sito 24 ore su 24 applicando il coprifuoco … ma allora non saremmo più una democrazia e dovremmo uscire dall'UE (anche se qualcosa di simile è già avvenuto in Campania, ma avevano l'alibi dell'emergenza rifiuti, non replicabile col nucleare). Senza contare che se si dovesse ripetere l'esperienza di Scanzano Jonico all'ennesima potenza, anche con l'uso della forza non riuscirebbero comunque … Il deposito unico di scorie nucleari è da tempo e continuerà ad esserlo, un argomento da salotto politico o talk show televisivo, come per il ponte sullo Stretto di Messina, ne parlavano già gli antichi romani, oggi lo danno per certo dopo decenni di chiacchiere e di lucrose consulenze progettuali, e non hanno le risorse per farlo e nessun finanziatore privato è tanto incosciente da rischiare i propri capitali … immaginatevi se vi fosse pure l'opposizione totale di tutta la popolazione del luogo e dovessero presidiare l'enorme cantiere 24 ore su 24. Un'utopia o la trama per un romanzo o una fiction.
La soluzione più semplice e logica è muoversi in silenzio, ricorrendo alla solita mistificazione e disinformazione politica, e lasciare le cose come stanno, lasciare le scorie nei siti attuali, anzi, siccome intendono tornare al nucleare (perché nel nostro paese non c'è mai limite al peggio che la casta politica può partorire, in controtendenza con il resto del mondo …), questi siti dovranno ampliarli per ricevere altre scorie, magari con la scusa di metterli in sicurezza, o addirittura di bonificarli …
E' infatti quanto sta avvenendo in Piemonte, tenendo all'oscuro i piemontesi stessi, anzi ingannandoli (quei pochi che osano ancora informarsi e documentarsi anziché rimbambire davanti alla tv), facendo loro credere che sia in corso un processo di "disattivazione" dei siti, mentre in realtà si intende fare ben altro. Le intenzioni reali sono di creare tre depositi nucleari a Trino Vercellese, due a Saluggia (VC) ed uno a Bosco Marengo (AL), sei in tutto (ma se vi sembrano pochi si può provvedere anche ad un settimo ...) che naturalmente saranno "provvisori", che tradotto dal "politichese italico" significa permanenti … leggetevi in proposito l'articolo sotto riportato e pubblicato da un autorevole fonte come Pro Natura (la prima associazione ambientalista italiana, fondata nel 1948, cui il Gruppo Gevam Onlus è federato). Sei depositi nucleari a pochi km di distanza da una località all'altra e tutti in una sola regione, il Piemonte, ed in aree a rischio alluvionale e/o densamente popolate o già sovraesposte a rischi ambientali da inquinamento. A Saluggia inoltre ci sono già state perdite di liquido radioattivo che hanno rischiato di contaminare le vicine falde da cui pesca l'Acquedotto del Monferrato che serve oltre un centinaio di comuni dell'area. Perdi più in un'area nella quale da anni si stanno facendo notevoli sforzi ed investimenti per la promozione del turismo, ed è leggermente schizofrenico e contradditorio trasformarla nella pattumiera nucleare d'Italia ... Ma non solo il Piemonte si dovrebbe preoccupare, ma anche la confinante regione Lombardia, in particolare la provincia di Pavia.
E di questi estremi pericoli e lesioni dei diritti dei cittadini, chi se ne accorge (come sempre)? La società civile, che ormai da anni grazie ad Internet è organizzata in una rete di comunicazione e collaborazione multilivello (ecco perché qualche politico vorrebbe censurare Internet). Non gli enti locali, non i media, non le istituzioni preposte ai controlli o ai rapporti con la cittadinanza, non i politici partitocratici impegnati nelle varie campagne elettorali locali. Ad accorgersi di questi rischi e di questi trucchi sono i soliti maledetti ambientalisti, da alcuni politici definiti "fanatici ed egoisti" perché si oppongono con il cosiddetto "nimby" alla loro visione allucinante del futuro, fatta di cementificazione del territorio ed inceneritori di rifiuti, di ipermercati e parchi di divertimenti (con la crisi in corso che perdurerà parecchi anni ed il peggio deve ancora venire, cosa ci sarà da comprare e divertirsi? Crisi tra l'altro che simboleggia il fallimento del loro modello di sviluppo, al quale da qualche anno hanno aggiunto solo l'aggettivo "sostenibile" ad effetto placebo per lenire le coscienze ed ingannare gli stolti ... ).
Gli stessi ambientalisti e la società civile che da qualche giorno, appena si sono accorti del rischio e del trucco in corso, si sono coalizzati sia per informare la popolazione nel silenzio dei media e sia per raccogliere i fondi per un ricorso al TAR, che si sta predisponendo. Quindi oltre ad essere vituperati dai politici ed oscurati dai media, oltre a fare volontariato oltre ogni misura e buon senso (fino allo sfinimento), poi "dulcis in fundo" devono pure mettere mano al proprio portafoglio, perché ogni ricorso al TAR costa diverse migliaia di euro.
Siamo grati alla scandalosa ed inqualificabile casta politica del nostro paese, che ci fa vivere sempre all'erta e sotto stress, in attesa di qualche nuova nefandezza progettuale o di qualche insidioso inganno, rendendo penosa la vita per una persona onesta e facendola vergognare di essere italiano. Complimenti, perché ci vuole del talento per realizzare l'inferno in terra, e voi ci riuscite con un tale successo che avete predisposto le condizioni affinché uno tsunami, non solo economico finanziario ma anche socioculturale, fra non molto travolgerà il sistema sul quale avete prosperato a lungo e supponevate di conservare immutabile nel tempo ...
Cordiali saluti.
Claudio Martinotti
http://www.cavalieredimonferrato.it
Nuovi depositi nucleari non prato verde
Fonte: Obiettivo Ambiente, Notiziario di Pro Natura Marzo 2009 n.3 Organo Ufficiale delle Associazioni aderenti a Pro Natura Piemonte ed alla Federazione Nazionale Pro Natura - e.mail pronto@arpnet.it - sito web: www.arpnet.it/pronto
Magari fosse davvero “Disattivazione” quella che Sogin ha presentato al Tavolo di Trasparenza di Torino dello scorso venerdì 31 gennaio 2009! Se così fosse, significherebbe che al termine di questi progetti avremmo i siti nucleari di Boscomarengo, di Trino e di Saluggia trasformati in “prato verde”, cioè senza più vincoli di natura radiologica.
Purtroppo siamo invece di fronte ad un ennesimo bluff: alle date previste da Sogin (2010 per Bosco Marengo, 2014 per Trino, parecchi anni dopo per Saluggia) i siti non sarebbero sgomberati dai rifiuti radioattivi, ma diverrebbero la sede dei nuovi depositi nucleari che verrebbero realizzati nei siti stessi, costruendoli ex novo o riadattando ed adeguando edifici già esistenti.
La differenza non è di poco conto: la legge italiana permette di parlare di disattivazione solo in presenza di un progetto che, oltre allo smantellamento degli impianti pre-esistenti, comprenda con certezza anche la fase di rilascio del sito esente da qualsiasi vincolo di natura radiologica.
Infatti il Decreto Legislativo n° 230/1995 modificato dal 187/2000 e dal 241/2000, al punto p dell’art. 4 (Definizioni) definisce la “disattivazione” come “insieme delle azioni pianificate, tecniche e gestionali, da effettuare su un impianto nucleare a seguito del suo definitivo spegnimento o della cessazione definitiva dell'esercizio, nel rispetto dei requisiti di sicurezza e di protezione dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente, sino allo smantellamento finale o comunque al rilascio del sito esente da vincoli di natura radiologica”.
Il piano presentato da SOGIN non prevede come procedere in caso di non disponibilità del Deposito Nazionale, la cui realizzazione è peraltro del tutto assente dagli attuali progetti di SOGIN e per il quale non esiste nessun studio di fattibilità seppur generico.
In tale evenienza, il progetto SOGIN non si concluderebbe con la fase di rilascio del sito esente da vincoli di natura radiologica, bensì con la permanenza a tempo indefinito di nuovi depositi nucleari veri e propri, e questo è intollerabile, sia dal punto di vista formale, sia da quello sostanziale!
In dettaglio, se abbiamo capito bene, alla fine ci si troverebbe con tre depositi nucleari a Trino, due a Saluggia ed uno a Bosco Marengo, pronti a rimanere lì per sempre!
Noi pensiamo che, se per smantellare e disattivare gli attuali impianti nucleare servono –come infatti servono- dei nuovi depositi dove conservare per millenni i rifiuti radioattivi inevitabilmente prodotti, allora occorre individuare prima dove realizzare questi depositi, cercando un sito che sia meno assurdo e pericoloso dei siti nucleari attuali.
Ed è evidente che, se verranno realizzati i nuovi depositi nucleari a Trino, Saluggia e Bosco Marengo, dopo i rifiuti radioattivi da lì non andranno via mai più, anche se i depositi continueranno a chiamarsi “provvisori”!
Dato che sembra che la cosa non interessi né la Regione Piemonte, che per Trino non ha neppure tentato di imporre qualche minima prescrizione in tal senso, né men che meno le Amministrazioni comunali di Trino, Saluggia e Bosco Marengo, che sembrano non rendersi conto della trappola in cui stanno cadendo, saremo, come al solito, costretti a chiamare Cittadini, Comitati, Movimenti e Partiti Politici ad unirsi a noi per impugnare al TAR i decreti autorizzativi della finta “disattivazione”.
Rossana Vallino
Il Monferrato è di chi se lo piglia!
Mentre partecipavo ad Alessandria a un seminario sulla promozione del turismo, il docente chiese ai partecipanti di fare delle proposte su come si potrebbe sviluppare il turismo nel capoluogo. Ho colto l'occasione per affermare che tutto poteva andare bene tranne "promuovere il Monferrato", cui Alessandria non è mai appartenuta, non è mai stata capitale né residenza marchionale, anzi è stata nemica storica permanente, e quindi non aveva alcuna giustificazione storico-culturale e morale accostare Alessandria al Monferrato come si stava facendo da alcuni anni ... questo in parte il senso del mio intervento, fatto con moderazione, garbo e ironia.
Il direttore del corso, che era presente per supervisionarne l'andamento, di fronte al consenso che con il mio intervento stava raccogliendo tra i partecipanti, non ha trovato niente di meglio che affermare con una vocina insidiosa e squillante: "Il Monferrato è di chi se lo piglia!", forse con l'aspettativa di porre uno stop al rischio che la mia versione prendesse il sopravvento e trovasse legittimazione tra i partecipanti.
Le parole possono essere pericolose come le pietre o le pallottole, si propagano con la velocità del vento, non trovano ostacoli né di spazio né di tempo, le ripercussioni che provocano travalicano ogni immaginazione e capacità previsionale, possono rimanere impresse nel tempo e propagarsi come un’eco perpetua ... L’affermazione che vi ho riferito è rappresentativa di un atteggiamento assai indicativo intriso di arroganza, incompetenza, audacia sprezzante, mancanza di scrupoli, ecc., che alimenta la mentalità di coloro che stanno dietro questo processo di appropriazione indebita del Monferrato. Rivela la supponenza, protervia e sicumera dell’élite economica finanziaria (cui i politici nostrani di professione sono TOTALMENTE ASSERVITI) e di coloro che si sono professionalmente posti al loro servizio. Una sorta di comitato d'affari che si è posto l'obiettivo di appropriarsi del marchio e dell'identità del Monferrato approfittando della condiscendenza dei politici casalesi. Questa frase infelice e sprezzante è talmente espressiva e violenta da destare gli animi assopiti e passare alla storia locale, come quella attribuita a Maria Antonietta (storicamente non provata ...) che sollecitata a proposito del popolo affamato, anziché occuparsene seriamente avrebbe detto: "Che mangino brioche!". Sappiamo tutti come andò a finire!
Il bene più prezioso che una comunità locale possiede è la propria libertà ed autonomia, la quale dipende anche dalla consapevolezza della propria identità, se essa è defraudata e depauperata, se estranei se ne appropriano cercando di fagocitarla, la comunità stessa rischia di perdere la libertà, che non ha saputo conservare e proteggere. Noi casalesi siamo "Monferrini DOC" e pertanto non possiamo che sentirci offesi da una simile frase e dell'atteggiamento che rivela, e invito ognuno di Voi a divenire testimone indiretto di questo episodio e del rischio che ne deriva se non sapremo fare fronte comune di opposizione per difendere la nostra dignità di monferrini, riprendendo la leadership politico territoriale che ci spetta storicamente e culturalmente.
Calorosi saluti
Claudio Martinotti
Analfabeti, semianalfabeti e privi di strumenti culturali, questo il quadro descrittivo dell'80% degli italiani che dipendono dalla tv e ...
Fonte: Megachip http://www.megachip.info/index.php
di Pietro Ricca - da wumagazine.com
Cinque italiani su cento sono analfabeti, trentotto su cento leggono con difficoltà una scritta semplice, l'abitudine alla lettura di libri non coinvolge più del venti per cento della popolazione. Alla democrazia italiana mancano le basi.
Qual è il livello dell’istruzione e della cultura degli italiani? Se ne parla poco, eppure la risposta a questa domanda aiuta a capire tanti problemi. Vediamo alcuni dati, tratti da due indagini internazionali i cui risultati sono stati pubblicati a cura della ricercatrice Vittoria Gallina nei saggi “La competenza alfabetica in Italia. Una ricerca sulla cultura della popolazione” (Franco Angeli, 2000) e “Letteratismo e abilità per la vita. Indagine nazionale sulla popolazione italiana 16-65 anni” (Armando editore, 2006).
Cinque italiani su cento tra i 14 e i 65 anni non sanno distinguere una lettera da un’altra, una cifra dall’altra: sono analfabeti totali. Trentotto su cento lo sanno fare, ma riescono solo a leggere con difficoltà una scritta semplice e a decifrare qualche cifra. Trentatré superano questa condizione, ma qui si fermano: un testo scritto che riguardi fatti collettivi o di rilievo anche nella vita quotidiana, è oltre la portata delle loro capacità di lettura e scrittura, un grafico con qualche percentuale è un’icona indecifrabile. Tra questi, il 12 per cento dei laureati. Soltanto il 20 per cento della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea.
Sia chiaro: la tendenza al declino delle competenze e all’analfabetismo di ritorno riguarda tutte le società occidentali. Ma in Italia il fenomeno ha un impatto maggiore. Tant’è vero che siamo in coda all’Europa per lettura di libri e giornali. Secondo l’Istat oltre il 60 per cento degli italiani non legge nemmeno un libro all’anno. Soltanto nel 20 per cento delle famiglie c’è l’abitudine alla lettura, mentre l’80 per cento degli italiani (dati della Banca Mondiale) si informa esclusivamente attraverso la televisione. Questa televisione. In compenso gli italiani sono in vetta alle classifiche per uso del telefonino. Inutile dire che l’homo videns, come l’ha definito Giovanni Sartori in un suo saggio, è assai più suggestionabile della minoranza ancora affezionata alla parola scritta. Più vicino al rango del consumatore (o del suddito) che non del cittadino.
Tra i pochi intellettuali che denunciano il rischio della de-alfabetizzazione di massa e le conseguenze per la tenuta della democrazia, c’è Tullio De Mauro, linguista e lessicografo, autore tra l’altro del Grande Dizionario dell’Uso della lingua italiana edito da UTET. “La democrazia vive se c'è un buon livello di cultura diffusa”, afferma De Mauro, “se questo non c’è, le istituzioni democratiche, pur sempre preferibili ai totalitarismi e ai fascismi, sono forme vuote”. Prima ancora del deficit di informazione, dunque, alla radice del “caso Italia” sembra esserci un problema di formazione, o meglio: di istruzione primaria. “Quanti di noi hanno la possibilità di ragionare sui dati di fatto, partecipando alle scelte collettive e documentandosi sul senso di quelle scelte?” si chiede de Mauro.
Possibili rimedi? “Rafforzare la scuola pubblica, avviare un sistema di educazione continua per gli adulti, creare una fitta rete di centri di pubblica lettura”. E magari programmare un piano decennale di pedagogia di massa, con nuovi maestri Manzi al posto di Vespa e Maria De Filippi. Pura utopia…
Portofino si specchierà nel Golfo Persico. Lo Sceicco Manea Bin Hasher Al Maktoum ricostruirà per intero il borgo ligure a Dubai.
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Portofino si specchierà nel Golfo Persico. Lo Sceicco Manea Bin Hasher Al Maktoum ricostruirà per intero il borgo ligure a Dubai. Nel progetto saranno coinvolti artigiani e ristoratori del Comune in provincia di Genova.
Fonte: News ITALIA PRESS http://www.newsitaliapress.it
Dubai - E' da sempre considerata terra di sogni e opportunità, un luogo magico dove la fantasia spesso si concretizza in realtà. Dubai è l'"El Dorado" del Medio Oriente, la culla di imprenditori coraggiosi, architetti folli e sceicchi milionari. E proprio da uno sceicco, Manea Bin Hasher Al Maktoum di Dubai, arriva l'ultima grande "provocazione" messa in atto in questo Emirato arabo: la ricostruzione nei minimi dettagli in terra araba di Portofino, perla della Liguria. Il progetto è ambizioso e particolare: nelle intenzioni infatti si vuole non solo ricreare suggestioni ambientali e bellezze architettoniche del Comune ligure, ma anche offrire la possibilità di concreti scambi culturali tra Italia e Dubai, con il coinvolgimento di molte aziende italiane nel progetto, nonché di artigiani e ristoratori portofinesi ai quali sarà data l'opportunità di avere degli spazi nella nuova Portofino araba. "L'intenzione dello Sceicco - aveva spiegato alcuni mesi fa alla stampa l'avv. Giovanni Battista Martelli, Advisor legale unico dello Sceicco - è di portare a Dubai le atmosfere e persino alcune delle persone che animano Portofino, una grande opportunità per diverse aziende italiane. Un progetto che insomma non vuole creare un doppio di plastica, ma un'area dedicata ad un angolo bellissimo d'Italia, un vero e proprio omaggio".
Già esistono dei "cloni" di Portofino nel mondo, come ad esempio ad Orlando e Las Vegas, ma si tratta di piccole riproduzioni in stile parco giochi. A Dubai il progetto è diverso, poiché presta molta attenzione agli aspetti culturali e al diretto coinvolgimento degli italiani. Accanto a Portofino è prevista la realizzazione anche di Saint Tropez e Port Grimaud.
La notizia è oramai ufficiale, riportata anche dal Secolo XIX, il quotidiano di Genova, che ha parlato di 1300 milioni di investimento, 35mila abitanti previsti e 3 anni di tempo per la realizzazione. Ulteriore conferma giunge anche dal sindaco di Portofino, che non nasconde il suo entusiasmo per il progetto di Dubai. "Più di un anno fa - ha detto Giorgio Devoto, sindaco di Portofino - c'è stato il primo incontro sul tema, poi nel tempo parlando il progetto è andato avanti. Lo sceicco di Dubai mi scrisse una lettera che mi colpì molto per il sentimento di umanità e rispetto che esprimeva nei confronti dei portofinesi. Adesso la notizia della ricostruzione di Portofino a Dubai è quasi ufficiale, ma solo entro il prossimo mese ne potremo dare conferma". Ma perché uno sceicco arabo dovrebbe essere interessato a ricreare il borgo ligure nella penisola araba? "Perché Portofino - spiega Devoto - è rimasto un paese genuino, la sua gente e la sua cultura sono semplici e qui si tiene molto alle nostre tradizioni. Lo sceicco è rimasto talmente colpito da questi aspetti che il 23 aprile ha deciso di prendere parte persino alla festa del patrono San Giorgio. Come Comune parteciperemo alla costruzione. A coordinare i lavori sarà Giorgio Recchi attraverso un'impresa di costruzione italiana, ma anche gli uffici tecnici del Comune e molte persone di Portofino parteciperanno al progetto. Ci sarà un rientro economico per ristoratori, artigiani e imprese che si impegneranno nella ricostruzione di Portofino, e noi ci assicureremo che per i primi anni nessuno debba spendere soldi per l'affitto di locali o negozi. È un progetto umano e di fratellanza dei popoli, siamo tutti cittadini del mondo. Ci sarà più serenità solo quando tutti ci capiremo, quando parleremo tutti la stessa lingua. L'obiettivo del progetto è quello di unire due popoli nel rispetto reciproco".
Tuttavia c'è chi qualche dubbio sulla concretezza del progetto lo pone. Alla luce della crisi economica, quando ovunque si presta grande attenzione nel limitare spese e costi dei progetti internazionali, colpisce il fatto che qualcuno sia ancora disposto a tirare fuori molti soldi per realizzare un luogo di ricreazione, magia e stupore, sia pure esso uno Sceicco. "La notizia della realizzazione di una Portofino a Dubai mi sorprende - Francesco Alfonsi, direttore dell'Ice di Dubai - perché tutti i progetti futuri più sorprendenti sono stati accantonati a causa del generale contenimento della liquidità. Tra di essi "The World", la realizzazione di 300 isole composte per formare l'intero planisfero terrestre e messe in vendita e "Dubailand", il più grande parco di divertimenti del mondo. Anche l'idea della ricostruzione di Portofino avrebbe una funzione ricreativa, per questo mi sembra un'ipotesi remota. È più concreto che si vada avanti con l'esistente, con i progetti già in atto senza realizzarne di nuovi. La crisi economica ha toccato anche Dubai, anche se in misura minore rispetto ad altre nazioni. Per quest'anno è prevista una crescita economica del 3,1%, meglio rispetto al -1% previsto per l'Italia ma molto lontano da quella a due cifre registrata solo un anno fa. A testimonianza della crisi basti pensare che a Dubai sono in atto tre fiere internazionali di rilievo: nautica, florovivaismo e arredo per ufficio. Alle prime due partecipa anche l'Italia, ma all'ultima c'è stato il vuoto di visitatori".
In ogni caso è ancora troppo presto per sapere se i turisti di tutto il mondo potranno godere in breve tempo delle bellezze di Portofino in terra araba e, soprattutto, se la crisi economica che attanaglia il pianeta costringerà i portofinesi e i lavoratori arabi a rimandare l'inizio dei lavori di ricostruzione minuta del borgo ligure a Dubai. Simone Carletti | News ITALIA PRESS