Il rapporto tra ONG e filantro-capitalismo: perchè l'Occidente politico è divenuto un cancro per l'umanità
di Antonio Catalano - 02/06/2024
Fonte: Antonio Catalano
Molti in buona fede pensano che le ONG (organizzazioni non
governative) siano delle associazioni a scopo benefico sostenute da
volontari che offrono il proprio tempo per cause umanitarie. A
confortare una tale idea soccorre il dizionario Treccani il quale alla
voce dedica una lunga e corposa spiegazione (alla fine di questo post
risulterà chiaro il perché del lungo intervento della storica
enciclopedia una volta considerata “conservatrice”) delle ONG quali
organismi in cui la ragione dell’azione è di tipo ideale, quale una
missione o una vocazione... e che queste svolgono un ruolo rilevante nei
Paesi in via di sviluppo. Vediamo come lo svolgono, e soprattutto per
conto di chi.
Recentemente ho impiegato parte del mio tempo alla
lettura del “Quindicesimo Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa
nel mondo” dell’Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân, dedicato al
tema della politica manovrata dall’ombra. Vi sono dei contributi di
alto livello, in un paio di questi si analizza il ruolo degli organismi
internazionali e del colonialismo ideologico dei governi occidentali, in
particolare nel continente africano. Contributi scritti da Riccardo
Cascioli e Anna Bono.
Cominciamo dall’azione combinata della
cosiddetta “società civile” – rappresentata da Ong molto agguerrite –
con le agenzie dell’Onu. Lo schema è questo: le Ong lanciano parole
d’ordine o veri e propri piani d’azione, che trovano accoglienza e sono
poi rilanciate dalle agenzie internazionali; la stampa fa da
amplificatore alle “nuove” idee (spesso usando l’arma dell’emergenza e
instillando paure immotivate) che un po’ alla volta diventano familiari
all’opinione pubblica; si organizzano quindi conferenze internazionali o
trattati che i governi più o meno coscientemente firmano; una volta che
certi principi e piani di azione sono approvati a livello
internazionale ci pensano le Ong nei singoli Paesi a fare pressione per
la loro attuazione, laddove i governi avrebbero cose più importanti a
cui pensare.
Cascioli parte dalla domanda: com’è possibile che tanti
Paesi affermino in sede internazionale ciò che avversano in patria? Era
rimasto colpito dall’atteggiamento di alcune delegazioni africane che
“inspiegabilmente” alla Conferenza Internazionale dell’ONU (Cairo 1994)
su “Popolazione e Sviluppo” votavano documenti favorevoli al controllo
delle nascite quando i loro governi accusavano la Banca Mondiale di
ricattarli, condizionando i prestiti e gli aiuti a misure coercitive per
il controllo delle nascite. Con un’Unione Europea che sull’aborto
fiancheggiava l’amministrazione Clinton invocandolo come metodo di
controllo delle nascite, andando così ben oltre quanto prevedevano
allora le leggi di tutti i singoli Stati membri.
Con un lavoro
paziente Cascioli scoprì che c’erano 220 membri dell’“International
Planned Parenthood Federation” (IPPF) presentii nelle delegazioni di ben
91 Paesi partecipanti, quasi tutti Paesi in via di sviluppo. L’IPPF è
una potentissima ONG, la più grande multinazionale della contraccezione,
della sterilizzazione e dell’aborto, che ha nella “Planned Parenthood”
ha la sua cellula madre.
Negli anni ’60 il governo americano
(infiltrati da lobby anti-nataliste) cominciava a parlare della minaccia
della crescita – quindi della necessità di controllare le nascite
attraverso contraccezione e aborto – della popolazione in alcuni Paesi
chiave del Terzo Mondo, che avrebbe messo a rischio la possibilità di
approvvigionarsi di materie prime a basso costo. Le ONG cominciavano a
lavorare a stretto contatto dell’ONU per condizionare gli orientamenti
dei suoi vari organismi.
Un fattore importante che garantisce il
successo delle ONG è il sostegno che queste ricevono dalle grandi
fondazioni americane, che investono miliardi di dollari in progetti
sociali e di sviluppo in gran parte legati alla filosofia del darwinismo
sociale e delle Società Eugenetiche che ne sono derivate. Di solito,
parlando di fondazioni, si pensa alla “Open Society Initiative” del
finanziere George Soros, ma questi non è che è una delle infinite stelle
di una galassia. Il secolo scorso era stato dominato dalla Fondazione
Rockefeller, la più attiva nel finanziare agenzie ONU e ONG, ma anche
nel creare a sua volta istituti di ricerca, perfino medica. Ma si
possono citare le Fondazioni Ford, Hewlett, Packard… fino ad arrivare a
quelle più recenti: Turner, Bill e Melinda Gates (quest’ultima
recentemente ha ceduto il suo pacchetto), Bezos, Clinton.
Riccardo
Cascioli sottolinea come la forza economica che questi miliardari
filantro-capitalisti mettono in campo necessariamente indirizza la
politica delle agenzie ONU e quindi anche la formazione e il lavoro
delle ONG, imponendosi così ai singoli governi. Si pensi, per esempio,
al caso molto attuale dei vaccini, non solo anti-Covid, per i quali è
alla luce del sole il partenariato della Fondazione Gates con l’OMS per
promuovere e diffondere la “cultura” del vaccino (vedi attuale caso
vaccino HPV in Puglia). Si tenga presente che la Fondazione Gates è la
seconda maggiore finanziatrice dell’OMS, dopo il governo USA (a
proposito di neutralità dell’OMS).
Ma torniamo all’enorme lavoro per
l’arresto della crescita demografica. Un caso che val la pena segnalare è
quello del filantro-capitalista Warren Buffet (patrimonio 123 miliardi
di dollari) che finora ha investito 51 miliardi per sostenere le ONG
abortiste e la stessa OMS, che non a caso ha aumentato a dismisura i
suoi interventi a favore dell’aborto e del controllo delle nascite. Dal
Bilancio consuntivo 2022-2023 del “Programma di riproduzione umana”
dell’OMS risulta infatti che l’11% è stato stanziato per promuovere
l’“aborto sicuro” e l’8% per la contraccezione.
In Africa si sono
accanite Fondazioni e ONG per sostenere la pianificazione delle nascite
con ogni mezzo, incluso l’aborto. Fermare la crescita demografica nei
Paesi poveri è una loro priorità. Anna Bono ci parla della ricercatrice
in biomedicina Obianuju Ekeocha che nel 2018 scriveva il libro “Target
Africa: Ideological Neo-colonialism of the Twenty-first CenturY”. In
questo libro lei dimostra come da decenni le politiche contraccettive e
abortive in Africa siano mascherate presentandole come “aiuti alla
popolazione”. La ricercatrice nigeriana dice: «Non capisco, se la
stragrande maggioranza degli africani non vuole l’aborto, perché
l’Occidente dovrebbe spendere soldi per cercare di introdurlo?».
La
ricercatrice in Storia e istituzioni dell’Africa (università di Torino)
affronta il tema del colonialismo ideologico dei governi occidentali e
delle ONG globaliste, i suoi studi le hanno permesso di scoprire come
Fondazioni e ONG sostengano la pianificazione delle nascite con ogni
mezzo, anche con l’aborto. La forza delle lobby pro aborto è così forte
che quando Trump nel 2017 sospese i fondi alle ONG che all’estero
praticavano o facevano informazione sulle interruzioni di gravidanza, il
Canada si offrì di coprire il vuoto lasciato dagli Usa mettendo a
disposizione 650 milioni di dollari, seguito poi da sei Paesi europei
(Olanda, Svezia, Danimarca, Belgio, Lussemburgo, Finlandia).
Ma
ancora più estesa si sta dimostrando l’influenza delle lobby impegnate
nella difesa delle persone LGBT, che si attivano per ottenere dai
governi africani concessioni simili a quelle ottenute altrove. Esemplare
il caso dell’Uganda, dove con la nuova legge anti-gay votata nel maggio
2023 si ottiene una delle più severe leggi al mondo in questa materia.
I
rappresentanti LGBT ugandesi chiedono aiuto alle organizzazioni LGBT di
tutto il mondo perché facciano pressioni sui rispettivi Paesi affinché
questi adottino misure “dissuasive” verso l’Uganda. A giugno (2023) il
presidente Biden ordina la revisione degli aiuti Usa al Paese,
minacciando tagli. Il segretario di Stato Blinken comunica che il
governo sta valutando di imporre restrizioni ai visti dei funzionari
ugandesi. L’Alto rappresentante UE Borrell deplora l’approvazione della
legge e dichiara che la legge avrebbe conseguenze sui rapporti
dell’Uganda con i partner internazionali. L’Olanda decide di ridurre le
attività di cooperazione e di sospendere l’esame di nuovi progetti
mentre assicura che continuerà a sostenere la “comunità” LGBT. La
francese Total Energies, che sta costruendo un oleodotto del valore di
3,5 miliardi di dollari, comunica il proprio disappunto al presidente
ugandese. La Banca Mondiale l’8 agosto annuncia l’intenzione di non
concedere nuovi prestiti al Paese, perché la nuova legge viola i suoi
valori (quali valori?) fondamentali. In Gran Bretagna si attiva la
Chiesa Anglicana.
A tutti l’ugandese Monsignor Kaziimba risponde che
l’omosessualità va contro le credenze religiose e culturali degli
ugandesi, che questa è stata imposta da «attori stranieri… che si
travestono da attivisti per i diritti umani» e si dice grato per la
nuova legge. .
Il presidente ugandese Museveni risponde che non
intende accettare pressioni da istituzioni straniere: «Spiace che la
Banca Mondiale e altri soggetti osino volerci costringere ad abbandonare
la nostra fede, la nostra cultura, i nostri principi e sovranità usando
il denaro. Così sminuiscono tutti gli africani». Aggiunge poi: «Se
l’Uganda avrà bisogno di denaro, lo otterrà da altri fonti, la
produzione di petrolio a partire dal 2025 aggiungerà nuovi introiti». In
una seduta parlamentare Museveni dichiara: «I paesi occidentali
dovrebbero smettere di far perdere tempo all’umanità cercando di imporre
le loro pratiche ad altri popoli».
Il neocolonialismo occidentale
oggi si esprime non più attraverso la dichiarazione della propria
superiorità sui popoli “selvaggi”. L'ipocrita democratica sensibilità
impone che si utilizzi un altro linguaggio, ma al fondo rimane
quell’odioso razzismo suprematista che oggi, “stranamente”, si afferma
tramite i cosiddetti diritti civili.
Meravigliarsi che il resto del
mondo ne abbia fin sopra i capelli di questi arroganti, prepotenti e
ricattatori occidentali, che quindi li stia abbandonando per
intraprendere nuove relazioni commerciali politiche e militari con altri
soggetti statuali, favorendo così quel processo, inarrestabile, di
superamento dell’unipolarismo americano che proprio per questo mostra
un’aggressività mai finora vista?
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