Le acque attorno a Taiwan si sono improvvisamente scaldate dopo un periodo di relativa calma apparente. Nelle ultime ore, il ministero della Difesa taiwanese ha identificato nei pressi dell’isola 39 mezzi da guerra inviati in loco dall’esercito cinese: 26 aerei e 13 navi, compresa la portaerei Shandong. Come se non bastasse è stato fatto presente che 11 imbarcazioni hanno oltrepassato la linea mediana e la zona di identificazione di difesa aerea taiwanese (Adiz).
Il motivo di una simile iniziativa da parte di Pechino sarebbe una reazione al transito, nello stretto di Taiwan, di un cacciatorpediniere statunitense e una fregata canadese, avvenuto nel fine settimana.
“L’esercito sta monitorando attentamente la situazione e ha dato incarico ad aerei, navi della marina e sistemi missilistici terrestri di rispondere”, ha dichiarato lo stesso ministero della Difesa di Taiwan in un comunicato dove ha precisato, peraltro, che 13 velivoli sono stati avvistati nelle prime ore di oggi, lunedì 11 settembre, mentre ben 22 aerei avevano in precedenza già attraversato la linea mediana sullo stretto che divide Taiwan dalla Cina.
Le mosse della Cina
La portaerei cinese Shandong, ha reso noto il ministero taiwanese, si trova a circa 60 miglia a sudest di Eluanbi, la punta estrema meridionale dell’isola. Ricordiamo che la portaerei cinese aveva navigato in quelle acque anche ad aprile scorso, poche ore prima dell’incontro in California tra il presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, e lo speaker della Camera dei Rappresentanti Usa, Kevin McCarthy. Pechino aveva dichiarato sabato che le sue truppe erano “in costante stato di allerta” dopo che le suddette navi nemiche avevano attraversato lo stretto di Taiwan.
L’obiettivo del Dragone, ha spiegato un ricercatore del think-tank National Policy Foundation di Taipei, Chieh Chung, interpellato dalla Central News Agency, sarebbe quello di “mettere pressione e provocare” Taipei. La questione dell’isola, su cui Pechino rivendica la sovranità rimane il principale nodo da sciogliere nelle relazioni tra Pechino e Washington.
Gli Usa e la questione Taiwan
Nel frattempo, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha escluso che il rallentamento economico della Cina possa portare Pechino ad avere un postura ancora più aggressiva, o addirittura invadere Taiwan, ribadendo inoltre che gli Usa non venderanno alla Cina materiale che possa aiutare Pechino ad aumentare la propria capacità di produzione di armi.
Secondo il principale emissario di Taiwan negli Stati Uniti, invece, l’economia cinese sta mostrando chiari segnali di rallentamento e questo avrà inevitabili ricadute sulla regione. “Ci sono alcuni segnali allarmanti e ne siamo colpiti”, ha detto Hsiao Bi-Khim a Bloomberg News, citando un calo delle esportazioni di Taiwan verso la Cina. “Nonostante tutta la tensione politica e strategica, siamo interessati alla prosperità per le persone su entrambi i lati dello stretto”, ha aggiunto.
Da Pechino, intanto, la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha commentato le parole del presidente statunitense spiegando che Taiwan “è un affare interno della Cina” e che la risoluzione della questione di Taiwan “deve essere decisa dal popolo cinese e non è permessa alcuna interferenza esterna”. La tensione è tornata a salire.
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