Pace multipolare
di Pierluigi Fagan - 12/03/2023
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Fonte: Pierluigi Fagan
Dopo quaranta anni di frizioni e conflitti per procura,
Iran ed Arabia Saudita firmano un accordo per aprire una nuova stagione
di rispettose e reciproche relazioni, si riapriranno le rispettive sedi
diplomatiche, si firmerà un nuovo accordo di sicurezza, dalla pulsione
di prevalenza si passerà all’equilibrio di convivenza. Difficile
sottovalutare l’evento, è l’intero Middle East, inferno permanente di
guerre tragiche, che passa ad una modalità potenzialmente pacifica.
L’accordo
è stato firmato, non a caso, a Beijing ed è stato sicuramente benedetto
dalla Russia, ma farà piacere anche all’India e non dispiacerà anche a
Turchia ed Egitto. Pare piaccia addirittura a gli Houthi yemeniti ed in
Libano, molto meno ad Israele. Va però aggiunto che sono almeno tre anni
che si svolgono appartati colloqui diretti tra i due attori regionali,
mediati anche da Iraq ed Oman, iniziativa condotta per altro
parallelamente al cauto riavvicinamento del Qatar, che ha più che buone
relazioni con l’Iran, all’Arabia Saudita. Da quelle parti le questioni
sono sempre molto complicate, ci sarebbe da scrivere per ore raccontando
chi è contro chi e perché, ma dopo decenni sembra che questa trama
conflittuale possa transitare ad un nuovo esito. Come mai?
Sostanzialmente
per tre ragioni. La prima è che, com’è ormai finalmente accettato in
gran parte del discorso pubblico, s’è capito che il mondo avrà ordini
molteplici, non c’è altro modo di ordinare un insieme così naturalmente
disordinato e complesso. L’Iran è da tempo interno all’asse
russo-indo-cinese che, pur con le dovute differenze interne, concorda
sull’idea di un futuro di scambi e rispetto delle reciproche sovranità.
L’Arabia Saudita, sta transitando da un allineamento esclusivo all’asse
americo-occidentale ad una forma di molteplici relazioni con i BRICS, il
mondo asiatico, Russia con cui ha anche comuni interessi di politica
dei prezzi energetici, la stessa rissosa banda arabo-mediorientale.
Molti poli, molte relazioni, nuovo sistema-mondo.
La seconda è che
negli ultimi anni, dall’inizio della presidenza Biden, gli americani
hanno sostanzialmente abbandonato il Medio Oriente non ritenendolo più
un fronte primario della propria strategia geopolitica. Avendo raggiunto
l’autonomia energetica e puntando alla sostituzioni delle fonti
energetiche fossili, consci di quanto costi occuparsi di un quadrante
così rissoso e complicato e soprattutto riorientata la bussola
strategica contro Russia e Cina (quindi rapporti con l’Europa e l’Asia),
hanno deciso di togliersi di mezzo. Non c’è dubbio che, in questi
quattro decenni, la naturale complessità dell’area sia stata
sistematicamente eccitata dagli americani per portare le contraddizioni
al conflitto aperto.
La terza è che la fine del conflitto in Siria
ha mostrato a tutti gli attori dell’area dell’inutilità del conflitto
stesso. Dieci anni di guerra, quasi 600.000 morti, quasi 3 milioni di
feriti, 12.000.000 sfollati, enorme distruzione materiale, costi enormi,
risultato sul campo praticamente nullo. Ma tale esito, ha probabilmente
colpito più di tutti proprio l’Arabia Saudita.
L’AS è in una lunga
transizione di potere tra le vecchie e nuove generazioni degli al Saud. I
“giovani” pensano il presente in funzione del futuro ed il futuro
dell’AS è problematico, sia perché una buona parte del mondo sta andando
verso energie non fossili, sia soprattutto perché pare che le riserve
saudite hanno davanti ancora poco tempo di capienza. Inoltre, i sauditi
hanno più petrolio che gas, la forma peggiore di energia fossile in
termini d’impatto. Il nuovo vertice saudita, sta cercando di attrarre
investimenti per fare un salto tecnologico che apra ad un nuovo
posizionamento, strategia difficile ma forse l’unica possibile per
quella che è una “scatola di sabbia” con una piccola popolazione viziata
da decenni di abbondante rendita petrolifera. Nel 2018, i sauditi
avevano annunciato la volontà di costruire 16 impianti per il nucleare,
impossibile farlo con stato di frizione con l’Iran. Qui, come altrove,
il nucleare serve a risparmiare petrolio o gas da poter vendere
all’estero.
Questo riorientamento saudita sta facendo di colpo
scomparire un fenomeno che pochi anni fa ha distrutto interni boschi per
ricavarne la carta su cui scrivere puntute e plumbee analisi di
sociologia politica: il terrorismo. Scomparso in Europa, sospeso in
Asia, ancora presente in Africa, il terrorismo versione ISIS ed al
Qaida, è stato un chiaro strumento geopolitico della vecchia strategia
saudito-emiratina.
L’intera questione mostra con chiarezza com’è un
mondo in cui gli americani manipolano le contraddizioni locali (che si
sono) a proprio vantaggio ed un mondo che libero di auto-organizzarsi
nella composizione degli interessi dei diversi attori locali alla fine
trova una quadra regredendo il conflitto a competizione, l’aggressione
all’equilibrio di reciprocità, il disordine fisso all’ordine variabile.
Così
oggi la notizia di questo accordo che non è esagerato definire storico
va di spalla sulla stampa occidentale, anche per lasciare spazio alle
nuove puntate della serie “noi contro il resto del mondo” animate dalla
gloriosa democrazia ucraina.
Ma tanto le opinioni pubbliche
occidentali sono fatte di pesci rossi intrappolati nella bolla di vetro,
pesci rossi che, come si sa, non hanno memoria e non riescono a
guardarsi dall’esterno. È stata la stagione delle Fallaci e dei
tribalismi sciiti contro sunniti, dagli Assad, dei feroci saladini
tagliateste islamisti e dei dolci curdi, dello scontro di civiltà, una
bella sceneggiatura, anche con interessanti squarci storico-culturali,
andata. Ora c’è la serie “democrazie vs autocrazie” di cui aspettiamo il
scoppiettante finale da Terza guerra mondiale, francamente un plot
narrativo che pare poco consistente, stiracchiato, poco palpitate
nonostante il profluvio di energia mediatica. Mi sa che questa volta
tentare di riempire il vuoto strutturale col pieno narrativo non avrà
molto futuro.
Già, il "futuro". Ma tanto qui in Europa stiamo
diventando tutti molto vecchi, "futuro" qui da noi evoca solo una grande
scatola di frassino. Quindi "pace e futuro" non fa notizia, meglio
occuparsi dei morti di Bakhmut. Ad una certa età la lettura che tira di
più sono i necrologi.
[Per chi fosse interessato, un condensato del
quarantennale conflitto a variabile intensità tra sauditi ed iraniani di
MEE, testata di think tank qatariota che tra Iran ed AS ha posizione
quasi-terza]
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