La Pubblicità Progresso e il piano Kalergi
di Roberto Pecchioli - 12/03/2023
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Fonte: EreticaMente
L’indottrinamento h.24 non conosce posa, penetra in ogni
ambito, invade ovunque le nostre vite: pubblicità commerciale in dosi
massicce, con il corollario di famiglie arcobaleno, quote razziali e
felicità promessa a comode rate mensili; festival musicali, spettacoli
cinematografici, serie televisive unidirezionali e chi più ne ha più ne
metta. Da un po’ di tempo ci si è messo anche il governo (cambiano le
sfumature di colore, resta l’obbedienza al Corano mondialista) con le
“comunicazioni istituzionali”. Propaganda sempre più sfacciata ai
modelli culturali dell’Occidente terminale. Anni fa, almeno, c’era una
sorta di avvertenza, una grande P, il logo della “pubblicità progresso”.
Pompose
banalità pseudo moralistiche a uso della “plebe frumentaria” tutta
panem et circenses, Benedetto Croce l’avrebbe chiamata morale
governativa, un pensiero banale, debole, rassicurante, ufficiale, con la
fronte aggrottata, che fa sentire buoni cittadini e anime belle. In
fondo, la P e la dicitura “pubblicità progresso” erano un atto di
sincerità: la pubblicità è la forma di comunicazione in cui è lecito
mentire. Il progresso si rivela di giorno in giorno un’impostura,
creduta per l’indifferenza gregaria di masse non pensanti, credulone,
dai riflessi comandati, pavloviani.
Da qualche giorno vediamo,
attaccati alle pensiline presso le fermate dei mezzi pubblici, un’altra
stucchevole serie di “pubblicità progresso”, sotto forma di manifesti
dell’Unione Europea. Tutti all’insegna della “solidarietà”, dei
“diritti”, della “diversità”, della “protezione” e soprattutto del nuovo
verbo green. Il messaggio comune della campagna contiene un vero e
proprio insulto all’intelligenza: l’Europa sei tu. Ci prendono per il
naso e dobbiamo abbozzare, anzi credere, obbedire, combattere. A
sottolineare il carattere multiculturale del paradiso con sede a
Bruxelles, c’è anche una traduzione a caratteri cubitali: are you.
L’Europa sono io che leggo, intimano; viene voglia di praticare
l’eutanasia o rivolgersi a uno psichiatria, uno bravo, data la gravità
del caso.
Ogni manifesto ha al centro una fotografia che, fino a
pochi anni fa, sarebbe stata bollata come propaganda da Mulino Bianco.
Giovani europei sorridenti, felici della loro diversità, inclusività,
fieri dei fantastici diritti di cui godono, dell’Eden in cui vivono.
Siamo in paradiso e non ce ne accorgiamo, sciocchi che non siamo altro.
Uno dei cartelloni in particolare ha destato la nostra attenzione.
Democrazia, diversità, protezione del clima, gli slogan offerti all’
homo europaeus in attesa del mezzo pubblico. I testimonial della foto
sono un giovane uomo mulatto dai prevalenti tratti negroidi, accanto a
una giovane “nativa europea” (“nativi americani” sono gli ultimi indiani
delle riserve). I due tengono in braccio una bella piccina dai tratti
indistinti, l’europea di domani.
Il messaggio è doppio: quello
scritto riguarda il neo ambientalismo “climatico”, religione laica delle
oligarchie antipopolari; l’immagine promuove il meticciato etnico e
culturale, uno degli aspetti dell’ideologia “diversitaria”. Il destino è
segnato da ogni punto di vista, la coincidenza con l’agenda degli
Illuminati di Davos è totale. Risultato, deserto industriale, mobilità
ridotta per i servi della gleba meticci, solidali, democratici, case
“green” dai costi insostenibili.
L’immagine ci ha ricordato il “piano
Kalergi”. Ne parliamo a mezza bocca, avvertendo che si tratta di una
tesi screditata, complottista, paranoide. Così almeno dicono i
benpensanti. Il progetto è nei fatti, tuttavia, e poco importa che non
sia un complotto organizzato in stanze fumose da cattivi incappucciati.
Si tratta della progressiva sostituzione etnica delle popolazioni
europee con altre, provenienti dal sud del pianeta. Lo teorizzò il
conte Richard Coudenhove Kalergi , fondatore del movimento Paneuropa,
aristocratico austriaco di madre giapponese nato a Tokyo nel 1894,
scomparso nel 1972. Qualcosa deve aver contato, il nobile multietnico,
poiché Paneuropa – guidata per molti anni da Otto d’Asburgo, teorico
erede del defunto impero austroungarico, ebbe un ruolo di rilievo nella
costruzione europea dopo la seconda guerra mondiale.
Al nome di
Kalergi e a quello di Carlo Magno è intitolato un premio biennale
dell’Unione Europea. Egli stesso fu il primo insignito, seguito nel
tempo dalla crème del potere finanziario e politico europeo, tra cui
Juncker, Merkel, Pertini, tutti premiati per il contributo a costruire
“un ‘Europa unita e pacifica”. A proposito: nel 2018 il premio andò,
postumo, “agli oltre 100 eroi del movimento Euromaidan (the Heavenly
Hundred)”, quelli del sanguinoso colpo di Stato del 2014 a Kiev.
Le
prime sovvenzioni a Kalergi, negli anni Venti del secolo passato, dopo
la fine degli imperi centrali di cui era giovane dignitario, arrivarono
dai casati bancari Rothschild e Warburg. L’ideologia di Kalergi
consisteva nella teorizzazione di una sorta di diritto universale al
comando da parte dell’élite finanziaria, definita “razza spirituale
padrona”. Le dedicò un pamphlet del 1922, Adel, in tedesco aristocrazia,
nobiltà, confluito nella sua opera principale, Idealismo pratico, del
1925. Un ossimoro, il primo dei mille che punteggiano il presente.
L’esaltazione
della consanguineità e dell’endogamia – distillato di puro razzismo –
valeva solo per le élite. Kalergi ammirava in sommo grado la mescolanza
selettiva dell’oligarchia finanziaria “nata dall’unione tra i migliori
elementi della nazione ebraica e quelli dell’antica nobiltà feudale da
cui sorgerà l’aristocrazia del futuro”. Citazione testuale. In alto,
loro, superiori per censo, ma, par di capire, anche per sangue. Di
sotto, non più popoli omogenei, genti, razze, etnie distinte, ciascuna
con le sue specificità, ma un nuovo popolo che deve diventare meticcio,
dal carattere debole ma dallo “spirito forte”, prodotto dalla fusione
tra europei e africani.
Il doppio standard di Kalergi aveva come
obiettivo di restituire in forma diversa il potere alle aristocrazie che
parevano sconfitte dal secolo “democratico”. Unici a possedere le
caratteristiche razziali e spirituali adatte al comando, “il più alto
tipo di essere umano” grazie a unioni selettive, la rinnovata “nobiltà”
era destinata a regnare su genti mescolate, frutto della fusione
perseguita e generalizzata, una popolazione frammentata, tendenzialmente
docile, una moltitudine simile nell’aspetto agli antichi egizi. “Là
dove la consanguineità e l’incrocio si incontrano sotto gli auspici
favorevoli, essi creano il più alto tipo umano. La razza eurasiatica
–negroide del futuro, sostituirà la pluralità dei popoli con una
molteplicità di personalità”. La giustificazione iniziale – affascinante
dopo le carneficine belliche del XX secolo, che Ernst Nolte chiamava
“guerra civile europea” – era la pace: “quando un francese non si
riconoscerà più da un tedesco, verrà meno ogni volontà bellica”.
Delirio
complottista, farneticazione. Vero, se parlassimo di un isolato
eccentrico; non è il caso di Kalergi, influente pioniere della neo
Europa. Paranoia, se fosse l’unico ad avere espresso uguali obiettivi.
Eugenio Scalfari in persona, fondatore di Repubblica, foglio d’ordini
italiano del progressismo liberal transnazionale scriveva nel 2017, a
proposito dei flussi migratori: “si profila come fenomeno positivo il
meticciato, la tendenza alla nascita di un popolo unico. Questo è un
futuro che dovrà realizzarsi entro due o tre generazioni e va effettuato
politicamente dall’ Europa. E questo deve essere il compito della
sinistra europea, in particolare di quella italiana.” Uguali le tesi
espresse da Jorge Mario Bergoglio nelle conversazioni con lo stesso
Scalfari: “ringiovanisce la nostra popolazione, favorisce l’integrazione
delle razze, delle religioni, della cultura”. L’ONU nel 2000 aveva
pubblicato un documento cui indicava come soluzione “l’immigrazione
sostitutiva invece di promuovere una politica di aiuti alle famiglie per
favorire le nascite”.
Nessun complottista avrebbe meglio descritto i
fatti. I cartelloni europoidi, dunque, sono una pietra in più della
“pubblicità progresso” al programma delle élite. Non sappiamo se esiste
un piano Kalergi strutturato e organizzato, ma la realtà non mente.
Scalfari destinava la sinistra politica al compito, ma si sbagliava:
anche in questo destra e sinistra pari sono. L’astuzia sopraffina del
sistema fa sì che le normative antisociali e antipopolari siano
realizzate da governi detti “di sinistra”. Primo teorico in Italia fu
Gianni Agnelli, gran beneficiario della privatizzazione dei guadagni e
pubblicizzazione delle perdite.
Le iniziative filo immigrazione
funzionano meglio se vengono da “destra”. Prima di ogni elezione,
promette a gran voce piani per favorire la natalità, blocchi navali e
faccia feroce in Europa. Arrivata nella stanza dei bottoni, chiede
cinquecentomila stranieri per l’agricoltura (Lollobrigida di Fdi),
duecentocinquantamila ingressi annui (il “moderato” Lupi in quota CL) e
un piano di entrate a lungo termine (il berlusconiano Tajani,). Nulla di
strano: mancano davvero le nuove generazioni italiane, tra edonismo,
consumismo, abortismo, “nuovi diritti”. Persino la Sardegna, una delle
regioni più povere d’Europa, denuncia carenza di addetti nel turismo, la
principale risorsa dell’isola. C’è richiesta di personale nel commercio
e nella filiera logistica. Per molti motivi, il piano Kalergi è nei
fatti.
L’autore di Idealismo pratico si poneva inoltre l’obiettivo di
elevare il materialismo a ideologia di massa. Tra le conseguenze,
insieme con l’egoismo che conduce alla volontà di non avere figli, il
consumo di risorse, la fine dei valori etici permanenti, massimo
ostacolo per il controllo delle masse. Poiché è il denaro l’unico valore
universale, vince chi ne ha di più e addirittura lo crea; nessuna
comunità lotta più per difendere, riprodurre e trasmettere se stessa e i
suoi principi. Poi incombe la “pubblicità progresso “– pagata con le
nostre tasse – che disarma moralmente, obbliga alla “diversità”,
promuove la sostituzione della popolazione, è indifferente ai principi,
ai costumi, alla persistenza dei popoli.
Ecco anche spianata la via
alla ristrutturazione energetica – nonostante l’incipiente
deindustrializzazione, capeggiata in Germania dalla delocalizzazione di
giganti come Basf e Volkswagen – la follia alimentare per cui dobbiamo
cibarci di insetti e abbandonare un’alimentazione millenaria, compreso
il vino, che le etichette europoidi considerano più letale delle droghe.
Da settimane circola a Genova, amministrata dal centrodestra, un’altra
“pubblicità progresso “. Se sballo non guido, è lo slogan. L’ultimo
manifesto è un photoshop mosso e sgranato di un monumento cittadino,
Porta Soprana. “Se la vedo così, non guido”. Nessuna campagna contro la
droga, nessuna messa in guardia dai cocktail di pasticche,
superalcolici, sostanze chimiche. Solo l’ invito bonario a limitare il
danno delle dipendenze.
In compenso, Mamma Giorgia, con l’entusiasmo
dei neofiti che ascoltano ispirati la voce del padrone, vieterà di
fumare all’aria aperta. I tabagisti finiranno come i ragazzini di ieri,
con la sigaretta accesa furtivamente nei gabinetti delle scuole.
Cocaina, superalcolici, pastiglie e altre porcherie circolano invece
liberamente. Generazioni così indebolite, a tutto penseranno fuorché ad
avere figli, costruire un futuro. Vince Kalergi: ricchezza, potere,
endogamia, salute, in alto. Sotto, una plebe promiscua, a taglia unica,
corrosa da vizi e capricci (pardon “diritti umani”).
Fa quasi pena la
bambina del manifesto “melting pot”. In che mondo l’abbiamo
scaraventata, in base a quali principi vivrà, in che cosa crederà? Forse
anche lei sarà preda della “pubblicità progresso”, parole d’ordine
prive di senso spacciate per formidabili scoperte, prese di coscienza,
conquiste del migliore dei mondi possibili, anzi l’unico. Yes, we can,
come lo slogan di Obama. Sì, possiamo. Ma che cosa? E perché?
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