La Silicon Valley Bank è fallita, e non è un episodio accidentale
di Andrea Zhok - 12/03/2023
Fonte: Andrea Zhok
La Silicon Valley Bank è fallita. Se si trattasse di un
episodio accidentale di mala gestione potrebbe essere un fatto
secondario.
Tuttavia, come segnalato da molti analisti, questo
fallimento dipende in modo critico dall'inasprimento della linea
monetaria promosso dalla FED per rispondere all'inflazione (esogena).
L'inflazione
statunitense non è tanto dovuta all'aumento dei costi delle materie
prime (come avviene in Europa), quanto ad un processo mondiale generale
di vendita degli asset in dollari (ad una ridotta domanda di dollari
corrisponde un minor valore della moneta, che si traduce in inflazione).
Questo
processo ha evidenti motivazioni geopolitiche e rende esplicita la
riconduzione dell'egemonia americana ai suoi limiti "naturali"
post-1945: gli asset in dollari vengono ceduti da quei paesi che, sulla
scorta della guerra in Ucraina, hanno percepito l'occasione di disfarsi
della onerosa tutela americana.
Un passo estremamente importante
nella stessa direzione si può vedere nella strategia di normalizzazione
dei rapporti, promossa dalla mediazione cinese, tra Iran e Arabia
Saudita (cioè tra il maggior governo sciita e il maggior governo
sunnita). Il successo diplomatico esprime il nuovo ruolo della Cina
rispetto al vasto mondo islamico.
Tutto lascia pensare che questo movimento sia semplicemente ai suoi inizi.
Ricordiamo
che il ruolo del dollaro come valuta rifugio era finora anche la
principale ragione tranquillizzante per gli USA rispetto alla
traiettoria del loro debito pubblico. Gli USA hanno infatti raggiunto il
loro massimo debitorio nella storia (125% del PIL) con un rapporto
deficit/Pil che si attesta quasi al 16%. Finché il dollaro è una valuta
rifugio, i titoli del tesoro americano hanno acquirenti garantiti, ma
quanto meno si presenta tale ruolo dominante, tanto più è facile che gli
acquisti di titoli si riducano.
Il problema all'orizzonte non è,
naturalmente, un possibile "default" del debito americano, bensì
un'operazione "restrittiva" sulle spese interne (data per certa) e
operazioni di dismissione e liquidazione di asset esteri. In sostanza,
arrivati a questo punto, per non smentire la propria politica
tradizionale, gli USA potrebbero finire per alimentare una grande
contrazione economica, che per le aree del mondo più legate agli USA si
configura come una forte pressione recessiva.
Come abbiamo già visto
nella crisi del 2008, gli scricchiolii dell'impero americano possono
facilmente finire per scaricarsi senza mediazione sugli "alleati"
(meglio sarebbe chiamarli "ammortizzatori") europei.
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