Niente denaro, tutto denaro
di Stefano Mantegazza - 01/02/2023
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/niente-denaro-tutto-denaro
Fonte: Il Pedante
Dopo le ultime scaramucce sulle soglie di pagamento in
contanti si torna a parlare (casomai si fosse mai smesso di farlo) di
limitare ulteriormente o addirittura di abolire banconote e monete.
L’idea, come altre che tengono banco nel mondo, canta sulle note del
bullismo dialettico ad personam: chi non è d’accordo non va ascoltato
perché «ha qualcosa da nascondere» o peggio, si oppone al «progresso».
Perché? Non si sa, ma perciò deve essere molto cattivo.
Dove è
viziato il metodo, deve esserlo anche il merito. Mentre si ripete che il
denaro fisico è il primum movens dell’infedeltà fiscale, persino un ex
ministro della parte politica che spinge di più per reprimerne l’uso ha
ammesso che «non c'è nei dati nessuna correlazione fra l’intensità del
limite [al contante] e la diffusione dell’economia sommersa». Il
sospetto che la quasi interezza dei soldi sottratti al fisco corra sui
circuiti rigorosamente elettronici del transfer pricing e di altre
manovre elusive con cui pochi privilegiati occultano molti miliardi
senza mai sfiorare un nichelino, è confermato dalle cronache e dalla
letteratura di settore (qui un assaggio). In un’ampia ricerca di alcuni
anni l’ufficio studi di Deutsche Bank concludeva che «il denaro contante
è difficilmente la ragione per cui si evadono le tasse. I parametri che
determinano la dimensione dell’economia sommersa sono piuttosto la
pressione fiscale e la qualità delle istituzioni pubbliche, l’etica dei
contribuenti e il reddito pro capite». Le banconote sono state anche
accusate di promuovere la corruzione, il crimine, il terrorismo e, ça va
sans dire, la diffusione del Covid. Tutte illazioni poco o per nulla
confermate dai fatti ma, come scrisse qualcuno, tanto peggio per i
fatti.
Perché allora si insiste? Che lo si faccia per convinzione o
per altro, l’opaca «guerra di civiltà» contro il denaro contante sembra
illustrare meglio di altre certe inclinazioni accentratrici o distopiche
che covano nel sentimento odierno, a tanti livelli. Partendo dal più
superficiale, dall’interesse economico dei gestori delle moneta
elettronica i cui profitti si sono impennati negli ultimi anni e che da
tempo affiancano le istituzioni nella transizione cashless
rappresentandola come il prodromo di «una società più giusta».
Proseguendo appunto con l’equità sociale. Se è vero – come è vero – che
la massima parte delle operazioni illegali o paralegali che tolgono
soldi al fisco sono realizzate in forma elettronica da grandi gruppi
industriali e multinazionali (per tacer qui di quelle legalizzate), la
stretta al contante non eliminerebbe e forse neanche scalfirebbe il
vantaggio illecito, ma più semplicemente lo riserverebbe ai pochi che si
possono permettere stuoli di commercialisti ai tropici, prestanome e
angeli custodi nelle istituzioni, verticalizzando ulteriormente la
società.
C’è poi la questione, più profonda e sinistra, del
controllo. Fino a pochi anni fa i regimi sguinzagliavano le spie per
registare e reprimere il malcontento dei sudditi. E il tiranno Dionigi
di Siracusa, si dice, ascoltava i sussuri dei prigionieri facendoli
rinchiudere nella grotta a forma di orecchio che porta il suo nome. Oggi
queste smanie dispotiche e paranoiche sono rese ordinarie dalla
digitalizzazione di ogni dettaglio della vita pubblica e privata –
conversazioni, documenti, registrazioni audiovisive e, appunto,
transazioni economiche – che può essere comodamente scandagliato con un
PC in rete e la password giusta. Sicché la lotta al contante riflette
anche la volontà di espugnare uno degli ultimi fortini rimasti immuni
dallo scrutinio del panopticon elettronico: la libertà di vendere e di
comprare senza lasciar traccia di sé.
L’onniscenza è l’anticamera
dell’onnipotenza, la mappa per colpire chirurgicamente chiunque e
dovunque. L’anno scorso il presidente del Canada Justin Trudeau ha fatto
bloccare i conti correnti dei manifestanti che protestavano contro le
misure sanitarie imposte nel Paese. La legge glielo consentiva? No, ma
gli è bastato proclamare una «emergenza nazionale» (Emergency Act) per
mandare legalmente sul lastrico i suoi oppositori e chiudere anche i
wallet in criptovalute collegati ai manifestanti, dando (si spera) una
sveglia a chi ancora credesse di trovarvi un porto sicuro. Il precedente
ha poi ispirato la Corte Suprema brasiliana che nell’ultimo mese ha
fatto chiudere i conti bancari di chi contestava l’esito delle elezioni
presidenziali. E PayPal, la più importante piattaforma di pagamenti
online che già in passato aveva sospeso i conti di alcune testate web e
associazioni non allineate con le opinioni ufficiali, l’ottobre scorso
ha pubblicato un aggiornamento delle sue condizioni d’uso in cui si
arrogava il diritto di confiscare 2.500 dollari agli utenti che avessero
diffuso «disinformazione». Travolta dalle polemiche, il giorno dopo ha
corretto il tiro precisando che si sarebbe trattato di «un errore». Di
un errore ragionato, scritto e approvato fino all'ultima revisione.
Appoggiato lì, forse in attesa di tempi peggiori.
Chi si consola
pensando che queste ritorsioni sarebbero «giustificate» dimentica che la
tirannide è un metodo di governo, non un’idea o una bandiera. È un peso
senza contrappesi, garanzie, mediazioni, opposizioni e processi, che
una volta istituito può realizzare all’istante qualsiasi capriccio
insindacabilmente «giusto» per chi comanda e solo incidentalmente tale
per chi si spella le mani dal basso. Il controllo attivo e passivo sulle
compravendite, già alluso nell’ultimo testo della Bibbia (Ap 13,16-17),
sgombrerebbe ogni ostacolo sulla via infernale dei «crediti sociali» e
il collegato automatismo di sorveglianza e sanzione.
A un livello
ancora più radicale, la smania di tracciare ogni centesimo rispecchia
l’ossessione di una civiltà che ha smesso da tempo di considerare il
denaro e i suoi movimenti come uno strumento e ne ha fatto invece il
metro universale dell’essere: spostamenti, stili di vita, relazioni,
affetti, caratteri, fantasie, opinioni e quindi anche «virtù» singole o
nazionali. Un mondo dove tutto si può comprare pone innanzitutto il
problema ontologico di un’identificazione totale col soldo che, in
quanto creduta, è anche voluta: tutto si deve comprare e ciò che non è
in vendita non può essere. Negli ultimi anni hanno suscitato giusto
sdegno i casi dei viticoltori pesantemente multati per essersi fatti
aiutare dagli amici nella vendemmia in cambio di una cena o di una cassa
di vino. Nel 2014 il ristoratore Eduardo De Falco si è tolto la vita
dopo avere ricevuto un verbale da duemila euro in cui gli si contestava
di essersi fatto dare una mano ai tavoli dalla moglie nei giorni di
maggiore affluenza. Per il codice queste persone erano colpevoli di non
aver pagato i loro «collaboratori», che nella ratio sottostante si
traduce nell’avere osato adottare criteri, e quindi valori, diversi
dall’orizzonte monetario: l’amicizia, il buon cibo, la solidarietà
coniugale. Ecco i crimini, ecco l'eversione, la lesa maestà della dea
pecuniaria. Per gli stessi motivi si discute da qualche tempo di
remunerare il «mestiere» della casalinga, non potendosi evidentemente
ammettere l’idea che si lavori solo (!) per amore della propria
famiglia. Chi paga? Quanto vale? Come si mantiene? Sono queste le
domande di un’umanità inaridita e incantata dai pastrugni dell’economia.
Chi
controlla il denaro minaccia di controllare ogni cosa perché il denaro
controlla già ogni cosa. E la controlla perché la informa, ne
costituisce per sciagurato consenso l’unica rappresentazione plausibile.
Perciò la guerra alle monetine non fa che perfezionare una profezia già
avverata e tradurre in pratica una volontà di dominio che ha già
trionfato nell’idea. È l’ultima saldatura di una visione che fa
impallidire il pur squallido riduzionismo cartesiano e il pur tetro
«regno della quantità» guénoniano, di una Flatlandia usuraia dove una
sola dimensione surroga la realtà fisica e morale finendo per reclamare
la nullità di tutto ciò che non può misurare. Di ciò che, non a caso, dà
luce e senso alla vita: la gratuità, la dignità, la divinità, gli
stessi beni materiali di cui mammona si scoprirebbe un'ombra rachitica,
un Tauschwert parassitico e ancillare. Di questo deserto inumano la
lotta al contante non è la causa ma il prodotto inevitabile e atteso, lo
svelamento finale.
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