Sentimento nazionale e giustizia sociale: le lezioni del nazionalsocialismo alle democrazie
Perché questo sentimento nazionale sia schietto fin dall’inizio e non consista in una semplice apparenza, deve essere impressa già nelle teste dei giovani, ancora suscettibili di essere modellate, una ferrea massima fondamentale: chi ama la sua Nazione può solo provare il suo amore mediante i sacrifici che è pronto a fare per essa.
Un sentimento nazionale che miri solo al guadagno, non esiste. E non c’è un nazionalismo che racchiuda solo delle classi. Il gridare «Urrà!» non testimonia nulla e non dà il diritto di chiamarsi nazionali, se dietro quel grido non si trova l’amorosa preoccupazione del mantenimento di una sana Nazione.
C’è motivo di essere fieri del proprio popolo solo quando non ci si deve più vergognare di nessun ceto sociale. Ma una Nazione di cui metà è povera e macilenta o del tutto deperita, offre un quadro così brutto che nessuno deve sentirsene fiero. Solo se una Nazione è sana in tutte le sue membra, nel corpo e nell’anima, ognuno può essere lieto di appartenerle, e questa letizia può assurgere all’altezza di quel sentimento che noi chiamiamo orgoglio nazionale. E questo elevato sentimento sarà provato solo da colui che conosce la grandezza della sua Nazione.
Già nel cuore dei giovani bisogna impiantare la nozione dell’intimo nesso del nazionalismo col senso della giustizia sociale. Così sorgerà un giorno un popolo di cittadini uniti fra loro e temprati da un amore e un orgoglio comuni, incrollabile e invincibile in eterno. La paura che il nostro tempo ha dello sciovinismo è il segno della sua impotenza: poiché gli manca, anzi gli riesce sgradita, ogni traboccante forza, esso non può essere eletto dal destino a grandi opere. Perché le più grandi rivoluzioni avvenute sulla Terra non sarebbero state pensabili se avessero avuto per forze motrici non passioni frenetiche, isteriche, ma le virtù borghesi della tranquillità e dell’ordine.
Ma certo il mondo va incontro a un grande rivolgimento; e ci si può solo domandare se esso avrà per risultato la salvezza dell’umanità ariana o il vantaggio del giudaismo, dell’ebreo errante. Lo Stato nazionale dovrà darsi pensiero di creare, mediante un’apposita educazione della gioventù, una generazione matura alle supreme e massime decisioni che allora saranno prese nel nostro globo. Vincerà quel popolo che per primo percorrerà questa via.
Il complessivo lavoro di istruzione e di educazione dello Stato nazionale deve trovare il suo coronamento nell’infondere, nel cuore e nel cervello della gioventù a lui affidata, il senso e il sentimento di razza conforme all’istinto e alla ragione. Nessun ragazzo né ragazza devono lasciare la scuola senza essere giunti a conoscere perfettamente l’essenza e la necessità della purezza del sangue. Con il che sono create le premesse di una base razziale della nostra Nazione, e inoltre è fornita la certezza dei presupposti di un ulteriore sviluppo scientifico e culturale. Perché, in ultima analisi, ogni educazione del corpo e dello spirito rimarrebbe priva di valore se non andasse a favore di un essere risoluto e pronto a conservare se stesso e le sue peculiari qualità.
*Riportiamo un altro brano del Mein Kampf per mostrare quali aderenze vi siano tra i “Fuhrer” di allora e i “Fuhrer” democratici, il cui unico scopo è quello di modellare i cittadini ad immagine e somiglianza del regime che si vuole imporre, sia esso fondato sulla razza (come ieri) che sulla salute (come oggi).
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