Dall’1 luglio è ufficiale: la rete primaria e secondaria di Tim passa al consorzio Netco, avente come socio di maggioranza il fondo Usa Kkr, che conclude una rincorsa triennale, e azionisti di minoranza il ministero dell’Economia e delle Finanze italiano (16%) e il fondo F2i (11,2%), il primo investitore privato specializzato in infrastrutture in Italia.
Una trattativa complessa giunge a compimento
Dopo una lunga trattativa, il gestore di private equity che ha in portafoglio oltre 4o0 miliardi di asset nei più svariati settori è riuscito ad avere semaforo verde dal Governo italiano, dal Cda di Telecom Italia guidato da Pietro Labriola e interessato dal braccio di ferro con i francesi di Vivendi, e da ultimo dell’Antitrust dell’Unione Europea. E ora il deal si può valutare sia sul fronte finanziario sia su quello geopolitico e securitario.
Non sfugge agli addetti ai lavori il fatto che Kkr ha valorizzato per ben 22 miliardi di euro l’asset acquisito dal gruppo di Via Negri, che da oggi opererà come compagnia di servizi e gestirà tramite la società Fibercop, già partecipata da Kkr, l’integrazione della rete sotto il suo controllo. Un valore, questo, che si preannuncia potenzialmente in grado di esser garanzia di una futura integrazione con l’altro attore della rete telefonica e di comunicazione in Italia, Open Fiber, con il quale le economie di scala sono possibili e per molti osservatori anche auspicabili.
Insomma, Kkr punta sul fronte finanziario a dare ampio respiro al suo investimento, consentendo quegli investimenti nella rete di telefonia e connessione Internet che Telecom da sola non riusciva a gestire, sviluppando il mercato italiano e ottenendo dividendi con lo sviluppo delle trasmissioni ultraveloci in un mercato ampiamente scalabile e ad alto tasso d’interesse per la demografia, lo sviluppo economico e il tasso d’industrializzazione del Paese. Tutto questo, a maggior ragione, pensando che sono stati ridotti da 6,7 a 5,29 miliardi di euro gli investimenti del Pnrr destinati alle reti ultraveloci. Rendendo dunque necessario, di fatto, l’apporto del capitale privato. Ma non finisce qui.
Il peso strategico di Kkr e la partita geopolitica
C’è anche un importante versante geopolitico e securitario della vendita di un asset tanto importante al fondo americano, e di conseguenza della scelta del capitale pubblico di presidiare l’operazione. La rete Tim è una spina dorsale delle comunicazioni internazionali su un asse che unisce Europa, Mediterraneo, Medio Oriente e Nord Africa. Decisiva per la trasmissione di dati sensibili e la comunicazione a cavallo tra scenari complessi e attorno al cruciale Sicily Hub che nella fu Trinacria concentra un’importante quota di infrastrutture di rete degli apparati securitari Usa.
Rendere la rete a stelle e strisce, e al contempo rintuzzare la primazia francese nel capitale della stessa in una fase in cui Vivendi e il suo patrono Vincent Bolloré si abbraccia col Rassemblement National poco gradito a Washington, non è solo un affare economico per Kkr. Ma anche un risultato importante in un Paese chiave come l’Italia per la sicurezza nazionale americana, che segna un solco dopo lunghi anni in cui, soprattutto negli Usa, erano emersi pensieri e riflessioni sulla presenza delle compagnie cinesi nella rete italiana e si è sempre più valorizzata la rilevanza strategica e geopolitica delle connessioni di rete. Kkr a questi stimoli è molto attenta nelle sue prescrizioni di business. Non a caso, a capo del suo think tank di analisi di scenario e tra i suoi partner vi è David Petraeus, generale dell’esercito americano già a capo della Cia nell’amministrazione Obama.
In quest’ottica, è bene sottolinearlo, nell’offerta a guida Kkr per NetCo non rientra Sparkle, il costruttore di cavi sottomarini erede della gloriosa Stet, costruttrice di un “impero romano” delle reti di telecomunicazione nell’era della ricostruzione primorepubblicana. L’ex monopolista telefonico pubblico rimane azionista di maggioranza della compagnia di costruzione reti, su cui ora il Mef potrebbe però, in combo col fondo spagnolo Asterion, mettere direttamente le mani.
Tim-Kkr apre alla rivoluzione delle reti
Insomma, con Kkr si inaugura potenzialmente una rivoluzione delle reti di telecomunicazione italiane e un allineamento all’interesse Usa dello sviluppo. Come opererà il Governo italiano in quest’ottica? In linea col predecessore Mario Draghi, anche Giorgia Meloni ha approvato l’operazione Kkr-Tim-NetCo, gestita da Giancarlo Giorgetti, tratto d’unione tra i due esecutivi nei due ministeri-chiave per il dossier: era allo Sviluppo Economico con Draghi, ora guida il Mef con Meloni.
Nell’approvare la trattativa, a febbraio l’esecutivo ha però proposto una prescrizione che può far scuola: essendo le reti di Tlc coperte dalla disciplina del golden power, Palazzo Chigi ha prescritto un’evoluzione “dell’organizzazione di sicurezza, dalla nomina del preposto di cittadinanza italiana, dalla competenza esclusiva su tutte le questioni incidenti sugli asset strategici, dal mantenimento in Italia delle attività di ricerca e manutenzione, e dal monitoraggio. Si delinea quindi un quadro certo di supervisione strategica affidata allo Stato”, riportava una nota del Governo allora. Il cui impegno è stato chiaro: rete a capitale americano in Italia sì, rete non più italiana no. Una presa di posizione che andrà verificata alla prova dei fatti.
Le sfide per la sicurezza nazionale italiana
Qualora dovessero completarsi, nell’ordine, lo sviluppo di una NetCo attiva a rafforzare la rete, l’ingresso del Governo nella governance con l’indirizzo securitario e la scalata di Asterion e del Mef a Sparkle si delineerebbe una continuità Usa-Italia, anche considerato il fatto che Roma avrebbe un’infrastruttura fortemente legata agli interessi securitari e finanziari a stelle e strisce operando, al contempo, nello sviluppo globale dei cavi e delle altre grandi opere su un fronte geopolitico chiaro.
Ad esempio, ricorda Key4Biz, ” Sparkle è stata citata per il suo ruolo centrale nel progetto Blue&Rama“, un cavo sottomarino che “collegherà il nostro Paese e il fronte meridionale dell’Europa all’India passando per Israele, Giordania, Arabia Saudita, Gibuti e Oman, quindi saltando completamente il vecchio passaggio del Mar Rosso” e anticipando quella Via del Cotone centrata sul corridoio indo-euro-mediorientale (Imec) su cui anche gli Usa puntano per contenere la Cina e la sua Via della Seta. Le nuove alleanze, oggigiorno, corrono parallele alle infrastrutture strategiche. Dalle parti di Kkr lo sanno. Il Governo italiano ha messo, nero su bianco, la possibilità di trarre da questa presa d’atto dei dividendi strategici. Ne saremo capaci? La maturità dell’Italia si misurerà anche da partite di questo tipo.
Nessun commento:
Posta un commento