
08 Lug 2022
La fiaba occidentale
Fonte; ControInformazione
https://www.controinformazione.info/la-fiaba-occidentale/
di Andrea Zhok –
L’altro
giorno il presidente Draghi, la sua fida mascotte Di Maio, e
l’entourage di ballerine di seconda fila del governo italiano hanno
rinsaldato i rapporti di partenariato e buona vicinanza con la Turchia
del presidente Erdogan.
Come riporta il sito del governo,
con descrizione formale: “Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha
co-presieduto con il Presidente della Repubblica di Turchia, Recep
Tayyip Erdoğan il Terzo vertice intergovernativo italo-turco che si è
svolto ad Anakara. Dopo la visita all’Anıtkabir, mausoleo di Mustafa
Kemal Atatürk e al museo dedicato, il Presidente Draghi ha incontrato il
Presidente Erdoğan al Palazzo Presidenziale e preso parte ai colloqui
bilaterali tra i ministri italiani membri della delegazione ufficiale e i
rispettivi ministri turchi.”
Naturalmente il senso politico di
questo incontro è evidente anche ai sassi: si tratta di una mossa di
avvicinamento e compattamento con la Turchia, alleato Nato in prima fila
quanto l’Italia sul fronte orientale, ora rovente. Si tratta di
rilanciare una contingente comunanza di interessi e consolidarla: lo sa
Draghi, lo sa Erdogan, lo sa chiunque abbia studiato un po’ di storia.
Dunque cosa c’è di strano?
Non
ci sarebbe niente di strano, sarebbe ordinaria Realpolitik
internazionale, se non fosse che una parte qui coinvolta, l’Occidente –
qui rappresentato dall’Italia di Draghi – , pretende e continua a
pretendere ogni giorno di far digerire alle proprie popolazioni un
messaggio simmetricamente opposto: che la storia e le nazioni si
giudicano innanzitutto moralmente, e che noi occidentali, siamo il popolo eletto che porta il grato onere di questo compito giudicante.
Il
problema non è la mossa spregiudicata di legare un alleato ora
necessario con vincoli commerciali, vincoli che funzionano in quanto
rendono una futura rottura dannosa per entrambi.
No, il
problema è che la fiaba che raccontano ogni santo giorno a noi, gregge
teledipendente occidentale, è che “noi” ci muoviamo per tutt’altri
motivi, motivi morali (e che chi dice altro è una brutta persona, non
all’altezza dei nobili ideali che incarniamo).
Com’è che gli
USA possono avere quasi mille basi militari ufficiali extraterritoriali
(fuori dal loro territorio nazionale, ovunque nel mondo) e tuttavia
possono affermare senza vergogna che la Cina, con una singola base
militare extraterritoriale, rappresenta una minaccia alla sicurezza
mondiale?
Possono farlo perché loro stessi, e per estensione
coloniale noi occidentali, non rappresentiamo (ai nostri occhi) per
definizione alcuna minaccia, in quanto ci muoviamo sempre solo con
motivazioni morali.
Il gregge teledipendente raramente percepisce il carattere di abnorme arroganza e oscena falsità di questo atteggiamento.
Occasioni
come l’incontro di ieri tra Draghi ed Erdogan sono tra le poche in cui
le scintille generate dall’attrito tra realtà e narrazione risultano
visibili ad occhio nudo.
Già, perché sono passati pochi mesi da
quando il nostro valente viceré si inalberava paonazzo mosso da
incontenibile sdegno contro il “dittatore Erdogan”. Lì stava recitando
la parte dell’occidentale buono, moralmente irremovibile, tutto
chiacchiere sui diritti umani e distintivo, quell’occidentale che piange
per le combattenti curde e si indigna per l’orgoglio ferito della von
der Leyen lasciata sul sofà dal maschilismo tossico di Erdogan.
E
sulla base di queste fiabe della buonanotte tutte intessute di diritti
naturali dell’individuo, emancipazione degli oppressi da dittatori
sanguinari, liberazione dei mercati dal comunismo o dal nazionalismo,
ecc. che si muovono “con legittimazione democratica” i nostri eserciti
in giro per il mondo, massacrando o rovesciando chiunque ostacoli gli
interessi del centro di comando politico finanziario USA e dei suoi
luogotenenti.
Il problema dunque in fondo è molto semplice. Il blocco
occidentale, dopo aver ampiamente dimostrato al mondo nella prima metà
del ‘900 il proprio tasso di aggressività bellica, dalla fine della
seconda guerra mondiale, in concomitanza con il proprio ritiro dagli
imperi coloniali diretti, ha deciso di vestire i nuovi panni
dell’Autorità Morale internazionale (metamorfosi del vecchio “white
man’s burden” dell’impero britannico).
Questa operazione era
in parte obbligata dal dover far fronte alla trasformazione
istituzionale dell’Occidente in liberaldemocrazie, luoghi dove
ufficialmente bisognava fare i conti con l’opinone pubblica.
Così,
da potenza schiavista e coloniale l’Occidente ha voluto trasformarsi in
Autorità Morale, che raddrizzava torti e salvava principesse, ovunque
nel mondo le telecamere individuassero un grido d’aiuto. Che fosse il
grido d’aiuto dei contadini vietnamiti o degli imprenditori cileni, dei
cittadini iracheni o delle donne afghane, nessun torto rimaneva inevaso.
Ma
i tempi stanno cambiando e un poderoso temporale si affaccia
all’orizzonte, e temo che capiremo tutti sin troppo presto quanto odio e
quanta rabbia la nostra spettacolare pluridecennale sanguinosa
ipocrisia ha suscitato nel mondo.
Fonte: Andrea Zhok
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